Padre Dall’Oglio: pensiero sequestrato

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Sono passati otto mesi, e i sequestratori possono dirsi soddisfatti: le sue idee sono scomparse dal panorama informativo, almeno da noi.

di Riccardo Cristiano

Otto mesi dopo il sequestro di padre Paolo Dall’Oglio c’è un dato che appare indiscutibile: le sue idee sono scomparse, sequestrate come lui. Il suo libro “Collera e luce” è stato sì recensito da alcuni dei migliori pensatori italiani, come il priore della comunità monastica di Bose, Enzo Bianchi, ma la scossa che le sue idee volevano darci è stata lasciata, abbandonata. I termini crudi e reali, la pulizia etnica, la politica genocidaria, sono stati rimossi da un trionfo geopoliticista che guarda allo guerra di Siria, quando lo fa, con parametri opposti, tra i quali rimane in posizione di assoluto privilegio quello “sunnofobico”.

La catastrofe politica e culturale della “gestione” saudita-qatariota della lotta armata siriana è sotto gli occhi di tutti, ma questo non toglie che in Siria abbia avuto luogo e abbia luogo una vera e propria lotta di classe, dove il proletariato si emancipa dalle catene del potere classista degli Assad e si riscopre “società civile”, contro il tribalismo del regime. A proposito, una domanda: qualcuno ha letto delle sconvolgenti confessioni di un uomo d’affari legato ad Assad e fuggito dalla Siria? Qualcuno ha letto le sue parole su come Maher al-Assad ha ordinato la creazione dei gruppi paramilitari che sgozzano e torturano gli oppositori dal 2011? Lo chiedo perché da quando è stato sequestrato padre Paolo Dall’Oglio queste domande sono diventate rare. Ma con lui dietro queste domande c’è un pensiero, un’analisi. Pensiero sequestrato.

Il braccio qaidista dell’ISIS, costruito in laboratorio da Assad, potrà lamentarsene? E noi, dobbiamo assistere silenti a questo tristissimo sviluppo? Otto mesi dopo il gesuita Paolo Dall’Oglio è scomparso anche da succinte tabelline sui sequestrati italiani all’estero, come quella pubblicata dal quotidiano La Stampa dopo il sequestro lampo di un italiano nello Yemen. Probabilmente è il risultato di una svista senza alcun dolo, ma che ci dice quanto padre Paolo sia uscito dal nostro tessuto informativo e dalla nostra consapevolezza di “paese”.

Come non bastasse ci sono state anche inesattezze rilevanti sulla sua storia, sui motivi del suo rientro in Siria, nei rari pezzi dedicati a lui in questi ultimi mesi. Molti hanno sussurrato che fosse rientrato su “incarico” della stazione televisiva con la quale collaborava, dato che alcuni suoi dipendenti sono stati sequestrati: Paolo sarebbe stato “incaricato” di andare a chiederne il rilascio. E invece non è così. Lo dice lui stesso a quella televisione, che lo ha intervistato poche ore prima del sequestro. In quella registrazione, disponibile su YouTube, dice: “sono venuto a Raqqa spinto dalla mia tristezza, dal mio dispiacere per il sequestro del mio amico Ahmad al-Hajj Saleh, il quale mi ha riservato un’accoglienza abramitica a Tall Abiad, quando sono passato di lì a febbraio di quest’anno, 2013.”

Accoglienza abramitica. C’era l’incrollabile fede nel dialogo interspirituale alla radice della su scelta. Altro che. Almeno questo, otto mesi dopo, lo si potrà chiarire?

Padre Dall’Oglio, espulso da Assad, sequestrato da al-Qaida. Ma non dimenticato da noi. Né l’uomo, né il credente, né il pensatore, né il testimone…

Da ilmondodiannibale.it


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