Polemiche sulla liberazione di 500 talebani

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Tolonews pubblica il contenuto di un file secretato sulle decisioni del presidente per dar seguito al processo di pace liberando i prigionieri. Letta a Rasmussen conferma l’impegno italiano nel 2014.

Articolo di: Emanuele Giordana – Lettera22

Più di 500 guerriglieri talebani in gran segreto hanno fatto l’anno scorso le valige lasciando le carceri afgane per riabbracciare la libertà. Mentre la stampa locale riporta con evidenza la notizia dell’incontro di giovedi tra il segretario generale della Nato Rasmussen e il premier italiano Enrico Letta – incontro che ha lodato il ruolo “leader” che l’Italia averà nel post 2014 – una nuova polemica infiamma la scena politica della capitale dell’Afghanistan. La rivelazione la fa Tolo, agenzia multimediale con radio e televisioni del potente MobyGroup, il più grosso conglomerato mediatico del Paese.

Tolo cita documenti coperti da segreto che rivelano come, dopo il cosiddetto “Ordine 33” firmato da Karzai e che ha impresso un’accelerazione a questa dinamica, ci sia stata una febbrile attività per rendere esecutivo il rilascio di oltre 520 “insorti” (come la guerriglia viene anodinamente chiamata), con luce verde del presidente e dell’Alto consiglio di Pace, la controversa struttura messa in piedi da Karzai per guidare una possibile riconciliazione nazionale. Secondo ToloNews al ministero degli Interni (il cui titolare, Mujtaba Patang, è appena stato oggetto di un voto di sfiducia parlamentare con 136 voti contro 60) non ne saprebbero nulla e anzi smentiscono le carte piuttosto imbarazzanti. L’agenzia riferisce come il dossier documenti la liberazione tra il 2011 e il 2012 di almeno 135 kamikaze, 116 combattenti condannati per l’uccisione di militari dell’esercito nazionale e 86 “pericolosi” organizzatori e mandanti di attentati terroristici. Non viene però menzionato il “grado” dei guerriglieri liberati che potrebbero dunque essere solo “quadri” di base.

La rivelazione rischia però di infiammare ulteriormente una scena politica dominata dalle polemiche tra parlamento, opposizione e governo e nella quale il processo di pace fa la parte del leone specie dopo l’episodio dell’apertura (e poi chiusura) dell’ufficio politico dei talebani a Doha. La decisione di liberare parte dei guerriglieri chiusi nelle carceri è una vecchia idea del presidente, comprensibilmente condivisa anche dal responsabile dei centri di detenzione afgani Amir Mihammad Jamshed, anche perché, dopo che gli americani hanno “ceduto” i prigionieri afgani alle autorità di Kabul, le galere si sono ovviamente riempite ancora di più. Durante il Ramadan per altro, le liberazioni sono un fatto tradizionale e 80 prigionieri sono appena stati rilasciati da un carcere dell’Helmand. Ma secondo Tolo, qui non si tratta del Ramadan: la liberazione dei 520 sarebbe avvenuta durante i due anni appena trascorsi e senza grande pubblicità proprio perché la politica della libertà ai talebani è sotto tiro da chi teme che chi abbia guadagnato l’aria aperta – come è già successo – scelga poi di ritornare nei ranghi della guerriglia in turbante.

Quanto all’Italia, ieri si è guadagnata un discreto spazio sui media locali: Letta, che ha ricevuto a Palazzo Chigi Anders Fogh Rasmussen, il segretario generale della Nato, gli ha riconfermato l’impegno italiano nel post 2014 e ha fatto sapere che visiterà Kabul ed Herat il 12 agosto. Forze senza rendersene conto, il premier ha menzionato come oggetto della visita “Isaf e le “truppe italiane”, un classico già visto con Monti che, prima ancora di andare a far visita a Karzai, si era recato a salutare i soldati tricolore. Ma a parte le questioni di etichetta nei confronti del governo locale (etichetta che tutti ignorano con rare eccezioni) la sostanza è la conferma ufficiale del nostro ruolo dopo il 2014, anno in cui si dovrebbe concludere un ritiro che, di fatto, ci sarà solo in parte. Fogh Rasmussen ha lodato il lavoro dell’Italia nell’Ovest dell’Afghanistan e ha espresso gratitudine per il ruolo che Roma svolgerà: un “ruolo di primo piano” nella missione post-2014. La nuova missione si chiama “Resolute Support” e dall’inizio del 2015 sostituirà Isaf (International Security Assistance Force). Gli italiani dovrebbero impegnarvi circa mille uomini dei circa 3mila attuali con un ruolo “non combattente” e soprattutto di “formazione” di esercito e polizia afgani.

Rasmussen ha incontrato anche i ministri di Esteri e Difesa Bonino e Mauro.

Questo articolo è uscito oggi su il manifesto. Commentalo su Great Game il blog di Emanuele Giordana

da perlapace.it


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