Lo stallo nelle indagini sull’omicidio Alpi-Hrovatin può e deve essere superato

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Nelle vicende giudiziarie originate dall’uccisione di Ilaria Alpi e Milan Hrovatin vi sono due decisioni che costituiscono punti fermi e segnano la strada da percorrere. Si tratta in primo luogo della sentenza della Seconda Corte di Assise di Appello di Roma che nel giugno 2002 ha ricostruito la cronistoria del delitto affermando che, nella sua ultima missione in Somalia, era certamente specifico intendimento della giornalista occuparsi dei traffici illeciti italo-somali e della sparizione dei fondi della cooperazione.

V’è poi l’ordinanza di prosecuzione delle indagini emessa dal GIP Dott. Emanuele Cersosimo il 2.12.2007 secondo cui la ricostruzione della vicenda più probabile e ragionevole appare essere quella dell’omicidio su commissione, assassinio posto in essere per impedire che le notizie raccolte dalla Alpi e dal Hrovatin in ordine ai traffici di rifiuti tossici tra l’Italia e la Somalia venissero portati a conoscenza dell’opinione pubblica italiana.

Questa ordinanza ha ritenuto necessari ben 26 atti di indagine, per colmare le lacune dell’attività svolta sino al dicembre 2007.

La Procura della Repubblica di Roma non ha ancora completato gli adempimenti indicati dal GIP, anche perché la situazione interna della Somalia, che sembrava destinata a migliorare, ha segnato invece un peggioramento.
Non v’è dubbio che, se si vuole arrivare alla verità, occorrerà percorrere due strade: la prima è cercare di avere un quadro completo delle indagini a suo tempo svolte dalla polizia somala, il cui responsabile, deponendo davanti al Sost. Proc. Rep. Dott. Pititto, diede precise indicazioni sui possibili responsabili e sul movente dell’omicidio.

Il capo della Polizia somala, successivamente deceduto, indicò al magistrato italiano il suo vice che stava proseguendo le indagini. Di quest’ultimo sembra tuttavia che si sia persa ogni traccia.
L’altra strada da seguire è l’accertamento delle ragioni per cui le indagini, dopo essere state lasciate dal PM Pititto hanno indubbiamente subito un rallentamento.

Questo magistrato, deponendo nel novembre 2003 davanti alla Commissione Parlamentare di Inchiesta sul ciclo dei rifiuti, rilasciò, con riferimento all’omicidio Alpi-Hrovatin, una pesante dichiarazione: “ho sempre sostenuto che, se si vuole accertare la causa di questi omicidi al fine di trovare i responsabili, un passaggio a mio avviso necessario e ineludibile è accertare perché l’inchiesta mi sia stata tolta. Dal momento che risulta pacificamente che la motivazione per cui l’inchiesta mi è stata sottratta non è quella che è stata addotta, ce ne deve essere un’altra; perché non si vuole accertare? Perché non si vuole chiedere perché sia stata tolta questa inchiesta a Pititto? Non è assolutamente possibile che sia stata tolta per le ragioni addotte. Signori Onorevoli si sono verificate delle cose che sono tra il drammatico e il ridicolo”.

Se c’è stato un “cover up”, come si è avuto ragione di ritenere anche in altri casi di stragi della recente storia patria, si è ancora in tempo per seguire queste piste di indagine.


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