Caro Grillo il pluralismo dove lo metti?

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Sul suo blog Beppe Grillo torna ad attaccare il finanziamento pubblico all’editoria, dopo il decreto legge approvato la settimana scorsa in via definitiva dalla Camera. E lo fa con il consueto ‘stile’ sprezzante e offensivo… ‘I giornali, megafono dei partiti, potranno continuare a raccontare le loro balle quotidiane grazie ai contribuenti che pagano le tasse per mantenerli in vita. Senza i finanziamenti pubblici i giornalai assistiti dovrebbero trovarsi un vero lavoro e, cosa più importante, in Italia non si sentirebbe più (o molto meno) il puzzo della menzogna’. Come è ovvio, la Fnsi non ne condivide una parola, e non solo per il fatto che il sindacato rappresenta coloro che “dovrebbero trovarsi un vero lavoro”.

La cosa sorprendente è che Grillo – che pure vive nel Paese della più straordinaria concentrazione di potere mediatico dell’Occidente – si comporta come se in Italia il mitico “mercato” funzionasse alla perfezione, e dunque meritasse di essere arbitro della vita e della morte dei giornali. Comunichiamo a Grillo che il conflitto di interessi non si è dissolto dopo che Berlusconi è uscito da Palazzo Chigi, e che tanta parte della grande editoria “non assistita” vive grazie al supporto di poteri economico-finanziari che i giornali sostenuti dal finanziamento pubblico non hanno e non vogliono avere.

Se morissero queste voci (di partiti, associazioni, minoranze linguistiche, volontariato, cooperative), l’aria del pluralismo italiano sarebbe ancora meno respirabile. Il problema vero è che i fondi sono diventati così esigui da esaudire di fatto gli auspici di Grillo. Eppure basterebbe l’equivalente del costo di pochi bulloni degli aerei F35 per garantire vita dignitosa a questi giornali. Potremmo avere qualche voce in più e qualche aereo da guerra in meno. Cosa ne pensa Grillo?


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