Il dossier anonimo contro Ranucci cerca di affossare il giornalismo. Ma noi non ci stiamo!

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Il dossier anonimo – sottolineo anonimo – brandito come una clava contro Sigfrido Ranucci e la Redazione di Report offre l’inquietante spaccato con cui, in questi anni, si è cercato di affossare il giornalismo ed in particolare quello d’inchiesta.

Fateci caso perché lo schema è sempre lo stesso: si realizza un’inchiesta, peggio se “scottante”, si tratta di trame che qualcuno vorrebbe “indicibili” (ed infatti non si trovano nella narrazione giornalistica quotidiana). A quel punto, invece di cercare di dimostrare la propria estraneità ai fatti denunciati dall’inchiesta giornalistica, si inizia a screditare chi l’ha fatta.

Nulla di nuovo sotto il sole.

È una sorta di “teatrino all’italiana”. Report cerca di raccontare le trame che hanno sconvolto l’Italia, tra stragi e depistaggi? La risposta è: “Ranucci molesta”.

Berizzi cerca di raccontare l’eversione nera ed i rigurgiti di fascismi in questo Paese? La risposta è: “Berizzi insulta Verona”.

Alessia Candido cerca di raccontare la ‘ndrangheta e i rapporti con politici collusi? La risposta: “E’ pazza, lo sanno tutti”.

Saviano denuncia i Casalesi? La risposta: “Proprio lui che ha un attico a Manhattan”.

Tizio denuncia mafia e corruzione? Risposta: “E’ figlio di un pedofilo”.

È sempre lo stesso teatrino. È facile, facilissimo. Basta mettere il fango nel ventilatore, così gli schizzi arrivano a tutti. E se chi è pulito viene macchiato da qualche schizzo, allora è immediata la risposta: “Hai visto? I moralisti di Report, fanno inchieste e hanno un conduttore molestatore”.

È una china pazzesca, un andazzo che ha fagocitato – in buona fede – anche i lettori più distratti che vengono attirati dal dito (l’accusa, ovviamente fabbricata appositamente, con un’autentica fake news) e distolti dalla luna (l’inchiesta del giornalista).

Insomma come a dire: “Piove, Governo ladro”.

Il vero problema, e qui veniamo al punto, sono gli ammiccamenti, i silenzi, le complicità di chi se ne serve.

Sì, perché se quel fango viene prodotto da un anonimo ma viene messo nel ventilatore da un deputato, regionale o nazionale poco cambia, allora il problema non è più dell’anonimo ma delle Istituzioni. Le Istituzioni non possono cedere ad anonimi neanche lontanamente verificati. Altrimenti sono complici – la parte, non l’intero, ça va sans dire -.

Lo urlo da anni, non è una questione che riguarda (solo) Sigfrido Ranucci, Report, Paolo Berizzi, Alessia Candido, Roberto Saviano o decine di altri giornalisti. È una questione che ci riguarda tutti.

Quando un episodio diventa abitudine, si deve debellare quell’abitudine, altrimenti si andrà sempre peggio. Teniamo presente la teoria del piano inclinato. Se mettiamo una pallina su un piano inclinato, quella comincia a scendere, e per quanto impercettibile sia l’inclinazione, inizia correre e correre sempre più veloce. Fermarla, è impossibile. Ma per fortuna non siamo palline e chi fa parte delle Istituzioni, perché i cittadini lo hanno compreso da tempo, dimostri di non “rotolare” su un piano inclinato. Altrimenti si è complici, perché gli ammiccamenti (o, peggio ancora, i silenzi ed i risolini sotto i baffi) costituiscono la peggiore delle responsabilità. Per di più senza neanche metterci la faccia.

Report, Ranucci, i tanti colleghi che fanno inchieste, la faccia la mettono, per questo potranno sbagliare come tutti, ma quella faccia rimarrà sempre la stessa. Con qualche ruga in più, magari, ma sempre la stessa. La stessa cosa non si potrà dire di chi ammicca.

Con Report senza se e senza ma!


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