Ultimatum all’Italia

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Il discorso era rimasto in sospeso tra Roma e Bruxelles la settimana scorsa. Oggi Bruxelles ha chiamato dicendo che il governo italiano deve aggiustare i conti pubblici. Servono circa 3,4 miliardi di euro, una manovra che vale l’0,2 del Prodotto interno lordo. La richiesta è piombata su Roma giusto la settimana scorsa  e questa volta il governo italiano dovrà mettere mano al portafoglio. Anche perché qualora l’esecutivo non intervenisse-la Commissione lo ha messo in chiaro nei contatti degli ultimi giorni con il Ministero dell’Economia e del Tesoro-è pronta una procedura di infrazione per un deficit eccessivo a carico dell’Italia per il mancato rispetto della regola del debito. Un commissariamento per molti anni sulle scelte di politica economica che il governo Gentiloni non potrà permettersi.

Prima del referendum del 4 dicembre scorso, la polemica tra Renzi e il presidente Jean Claude Juncker è stata accesa .Troppo alto il deficit previsto nella legge di Bilancio  con inevitabili ricadute negative sul debito. Sfondava la flessibilità-già generosa-segretamente concordata tra i due il 16 settembre 2016 ai margini del vertice di Bratislava.  Ma poi Juncker ha preferito non bocciare pubblicamente la manovra di Renzi a qualche giorno dal referendum costituzionale  prolungando la correzione da richiedere fino a gennaio.
Ma ora è tempo di farlo perché  il deficit italiano viaggerà intorno al 2,4 % del Pil, due decimali al di sopra di quello concordato a Bratislava e di quello che la Commissione (da parte dei colombi come Juncker e il responsabile degli affari economici Pierre Moscovici e i falchi come i vicepresidenti della Commissione come Katainen e Dombrovskis. Concordi nel rischio di scartare il rischio di essere sconfessati dall’Eurogruppo con il risultato di far precipitare comunque l’Italia in procedura di infrazione e di distruggere la credibilità di Juncker e dell’intera Commissione. A Roma questo è noto, come si sa che il conto non potrà essere ridotto più di tanto.

L’aggiustamento del deficit strutturale nel 2017 porterebbe a casa quasi 7 miliardi di flessibilità a cui sono da aggiungono i 19 miliardi di euro sottratti al risanamento nel 2015-2016 sempre con l’assenso del presidente Juncker.

Tra l’altro la Commissione ha già fatto ampie commissioni a Roma rispetto alle regole approvate dai governi sul fronte delle spese per i migranti come per la ricostruzione delle zone colpite dal terremoto di agosto-ottobre.

Più incisiva può essere invece la trattativa sui tempi. Bruxelles -questo sì su iniziativa dei falchi-la settimana scorsa ha chiesto al governo italiano un chiarimento e un impegno pubblico a correggere i conti entro il primo febbraio,giorno in cui la Commissione pubblicherà le sue previsioni economiche di inverno con le quali intende le somme sull’Italia. Roma invece cerca di ottenere più tempo per definire più tempo per definire un intervento che si annuncia per Gentiloni e Padoan politicamente delicato, anche se sembra difficile andare oltre il mese di marzo. Basti pensare che Katainen e Dumbrovskis premevano  perché l’Italia approvasse la manovra almeno in Consiglio dei Ministri su due piedi in 15 giorni entro la fine di gennaio. La correzione sarà meno pesante dei cinque miliardi adombrati nel novembre scorso da Bruxelles. La Commissione ha fatto sapere che Roma sarebbe stata tratta bene se Padoan – considerato il garante dei conti italiani – fosse diventato premier o quanto meno avesse conservato la poltrona al Tesoro. Nel conto presentato dall’esecutivo comunitario non sono entrati tra l’altro i venti miliardi messi a disposizione dal governo per salvare Monte dei Paschi di Siena e altre banche in difficoltà. Visto che è stato autorizzato da Bruxelles è considerata una spesa una tantum e non incide sul deficit strutturale.


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