Da Tunisi ad Atene: una sola Primavera

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L’Europa ha gettato alle ortiche la grande occasione della Primavera araba. Speriamo che ora segua il solo leader presente: papa Francesco.

di R.C.

2011: comincia a Tunisi l’epocale fenomeno della Primavera araba. Tra i pochi a capirlo c’è, guarda caso, papa Francesco, il papa del sud del mondo. Nel 2013, nella sua Esortazione Apostolica “Evangelii Gaudium” Bergoglio infatti scrive: ” In molte parti del mondo, le città sono scenari di proteste di massa dove migliaia di abitanti reclamano libertà, partecipazione, giustizia e varie rivendicazioni che, se non vengono adeguatamente interpretate, non si potranno mettere a tacere con la forza.” (74)

Credo che più chiaro di così papa Francesco non poteva essere. Ma i leader europei hanno preferito tirare dritto per la loro strada di chiusura: e gli orrori prodotti dall’indisponibilità ad ascoltare le piazze, magari varando un piano Marshall per paesi ridotti a cimiteri materiali e spirituali da decenni di tirannidi diversamente coccolate, è sotto i nostri i occhi. L’Isis infatti è solo uno dei mostri prodotti della denuncia inascoltata del fallimento abissale di ogni panarabismo e di ogni panislamismo.

2015: la Primavera dei popoli sbarca nelle piazze di Atene. Vilipesi da un’Europa vessatoria, i greci sono chiaramente pronti a seguire i loro fratelli della sponda sud. E’ ancora papa Francesco, prima del referendum, a fotografare il perché della crisi, della protesta, e dei timori. Con la sua Enciclica “Laudato si'”. All’inizio del paragrafo 52 il papa infatti scrive: “il debito dei paesi poveri è diventato uno strumento di controllo.” Non è questo che hanno detto i greci? I problemi strutturali della loro economia, i ritardi abnormi del loro sistema fiscale e di quello tributario sono a tutti chiari, ma la gestione del Fondo Monetario Internazionale è riuscita come in tantissimi altri casi a produrre risultati peggiori della malattia che voleva curare.

Molto spesso i fautori delle “primavere” sono accusati di essere sognatori. Può darsi. Ma allora ha ragione Gaston Bachelard quando afferma che “non si vede il mondo se non si sogna ciò che si vede”. E i popoli del Mediterraneo hanno dimostrato di sapere vedere il loro sogno di impegno empatico, liberale e solidale. Sono gli euro burocrati che non vedono, non sentono, vivono di tecno finanza, come direbbe papa Bergoglio, e si dimostrano privi di uno straccio di visione.

Certo, la visione che manca ai liberisti e ai leader europei purtroppo non si vede se non in papa Francesco, l’unico leader globale per questa crisi di leadership globale che ha nell’Europa la sua peggiore vessillifera. Lui è l’unico che ha visto che il pensiero unico era nudo, ed ha abbattuto il muro del silenzio. Ora servirebbe che dall’altra parte della barricata andassero in pensione gli identitaristi, i “particolaristi”, gli antagonisti, i panchovillisti, ed emergesse un movimento capace di interpretare il bisogno di responsabilità e solidarietà che le piazze mediterranee, da Tunisi ad Atene, hanno dimostrato di essere pronte ad assumersi in cambio di un riconoscimento. Speriamo che qualcuno sia all’altezza della sfida.


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