Giornalismo sotto attacco in Italia

Trump come effetto di un “sistema” che esige nuove autocrazie?

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Molti osservatori oggi si chiedono se i movimenti che si ritrovano, ad esempio, nello slogan “MAGA”, e altri che vengono semplificativamente catalogati come “woke” rappresentino reali concezioni contrapposte della nuova epoca o antitesi solo apparenti di un unico “sistema” in transito verso inesplorati orizzonti tecnocratici. Al di là delle inevitabili banalizzazioni che ogni grossolana semplificazione comporta, la questione investe un segmento profondo del nostro “essere” e del nostro agire individuale e sociale e dunque incide sulla conseguente capacità di offrire ancora un contributo a livello politico e, lato sensu, nel campo delle consapevolezze collettive.

Resta in ogni caso necessario cercare di capire se questo stato dicotomico non rappresenti l’ennesima finzione o comunque una mera illusione, tipica di un evo di transizione; oppure non ci riconduca, seppure con modalità profondamente cambiate e in gran parte inesplorate, verso una nuova dialettica sociale.

Le “piazze” di Israele, Francia, Germania, Italia, Stati Uniti… che tipo di conflittualità palesano rispetto ai governi espressi da quegli stessi singoli paesi? Si tratta di estremi inconciliabili, irriducibili e, dunque, prossimi alla collisione? O siamo semplicemente al cospetto di una recita sbiadita che vede protagonisti attori con ruoli precisi, ma fatalmente limitati, nel grande palcoscenico planetario turbocapitalista, scandito dalla ferrea regia della nuova finanza cresciuta sulla sistematica manipolazione delle masse? E ancora: l’evoluzione in atto usa le guerre e lo scontro fra blocchi per mascherare uno stato di crisi cronica e irreversibile o assistiamo invece a una nuova manifestazione di forza da parte di un potere globale che non ha precedenti nella storia?

Qualunque sia la risposta a questi interrogativi preliminari appare difficile usare serenamente e con qualche costrutto termini come democrazia, libertà, eguaglianza, giustizia sociale nel significato storicamente loro attribuito. Però sciogliere questi sfingei enigmi iniziali può aiutare a comprendere l’arcano che ci sovrasta, ma soprattutto diventa precondizione per ritrovare l’agire politico o almeno per consentire qualche lettura situazionale.

Oggi non è indifferente, ad esempio, stabilire se il presidente americano Donald Trump, possa essere considerato la causa o il semplice effetto di un “sistema” in cui il trumpismo, così come, in altri contesti, il razzismo, la falsificazione sistematica delle informazioni, il cieco edonismo consumistico costituiscono gli ingredienti di una nuova forma di oppressione necessaria per agevolare le dinamiche economiche e finanziarie che conducono a concentrazioni di capitali e distorsioni senza precedenti nella storia. Si vedano, a titolo esemplificativo, le recenti considerazioni di Patrick Artus:  La richesse accumulée croît plus vite que la production réelle, bouleversant les équilibres économiques, su «Le Monde» del 18 ottobre 2025.

Simili considerazioni ci immettono verso un vero e proprio rovesciamento della prassi nell’ambito del rapporto tra cittadino e potere e sul piano comunicativo.

Che accade infatti se, pur entro una ipotesi di continua interrelazione, la fenomenologia dei nuovi dispotismi assume un mero carattere “sovrastrutturale”? O se, addirittura, le persone fisiche che rappresentano il comando vengono ridotte a mera caricatura?

Il fatto è che la desacralizzazione del potere visibile può semplicemente nascondere una forma dispotica più sottile, invisibile ai più, ma enorme. L’umanità, nella sua interezza, avrebbe perciò in tal caso il dovere e l’interesse di far fronte comune contro un Leviatano esente da ogni necessità di configurazione materiale e contro i rischi della disumanizzazione oggettiva imposta dalle logiche (“produttive”) di una struttura impalpabile, ma ormai talmente invasiva da entrare fin nell’intimo di ogni persona. L’opprimente pericolo finora è stato colto solo da grandi artisti o poeti, pensiamo a Pier Paolo Pasolini, grazie a una raffinata ed esercitata sensibilità intuitiva, ma, nel tempo epifanico in cui si rivela la nudità del Re, può essere percepito e metabolizzato nella solitudine di ciascuno. E la posta in gioco riguarda il senso della stessa esistenza.

Dovrebbero allora venir meno molte ragioni dei manicheismi e delle contrapposizioni che segnano e insanguinano la società attuale.

Pensare che Trump non sia una causa fortuita, un macabro scherzo del destino, ma, piuttosto, l’esito di un processo che richiede espressamente questa tipologia di leader per affrontare l’ineluttabilità di un Occidente a rischio di soccombere sotto il peso di una situazione economica e politica, fallimentare aiuta a comprendere le nuove forme di schiavitù incombenti, le (ricorrenti) cause profonde delle guerre, le sfide che attendono il pianeta e tutte le forme viventi che lo abitano.

Il presidente americano sconvolge le regole delle relazioni internazionali, riceve pagamenti di oboli che comportano un rimescolamento inestricabile tra interesse pubblico e privato, ottenendo, nel contempo, dagli stati vassalli più deboli, forme di adulazione, cortigianeria e vera e propria devozione tipiche di un monarca delle epoche trascorse. Nel contempo i suoi critici più irriducibili lo paragonano a un nuovo Caligola intento a sostituire alla democrazia una autocrazia di nuovo conio in grado di competere con le altre tirannie operanti nel pianeta, con speciale riguardo a quelle d’Oriente. Certo, queste ultime possono essere dipinte come altrettanto opprimenti ma, dalle nostri parti, fino a poco tempo fa, si aspirava a ben altro e si combatteva per orizzonti sociali decisamente diversi.

È in ossequio a questa recente deriva che, secondo Alan Friedman (si veda L’intesa Usa-Cina sui dazi tra bullismo e vendette: così Trump distrugge la società americana sulla «Stampa» del 27 ottobre 2025), sono stati stracciati gli accordi sul clima di Parigi, quelli sul nucleare con l’Iran, si è irrisa l’Organizzazione Mondiale della sanità. Defenestrati i diplomatici in carriera non “allineati”, è stato poi sminuito il ruolo della Corte Suprema mentre, contestualmente, venivano tagliati i fondi federali alle Università accusate di “pregiudizio ideologico”, esercitate pesanti intimidazioni sui media, manipolati i collegi elettorali “scomodi”, eseguite vere e proprie “deportazioni”, dopo aver collaborato al grottesco, ma inquietante, assalto al Campidoglio del gennaio 2021. Un percorso che renderà lontano e molto arduo un eventuale ritorno a qualche parvenza democratica e che colloca ora l’intero Occidente in una condizione inedita dove appaiono rivoluzionari semplici atti come la lettura di un libro, l’aspirare alla lentezza, il cercare di opporsi (anche solo individualmente) alla cieca frenesia contemporanea che fa vacillare ogni possibile forma di riflessione, di partecipazione e di controllo nel momento in cui si affida il vero governo delle dinamiche agli “algoritmi della Bestia”, al grido di un oscuro quanto indecifrabile e ineffabile Whatever it takes.


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