Il 29 Novembre scorso il Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate italiane, il generale Carmine Masiello, ha accusato l’università di Bologna di discriminare l’Italia in divisa, avendo rifiutato l’avvio di un corso di studi filosofici destinato, in esclusiva, a quindici ufficiali (https://www.bolognatoday.it/cronaca/masiello-unibo-rifiuta-corso-per-l-esercito-il-generale-deluso.html).
Accuse rumorose, subito sfruttate dal governo tutto “patria e onore” e dal caravanserraglio della stampa reazionaria, ma del tutto infondate, come ha spiegato bene, con pacatezza e la dovuta attenzione, l’Ateneo felsineo stesso in un comunicato chiarissimo, dai toni molto moderati.
L’ammiraglio
Subito dopo è venuto il turno dell’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, presidente del comitato militare della NATO (https://en.wikipedia.org/wiki/NATO_Military_Committee), che – in un’intervista rilasciata al Financial Times (https://www.ft.com/content/dbd93caa-3c62-48bb-9eba-08c25f31ab02) – ha detto che la Nato dovrebbe rispondere “in modo più aggressivo” alle minacce ibride della Russia, eseguite con droni e sabotaggi. Sono seguite polemiche su tutti i fronti: i russi hanno definito irresponsabile l’alto ufficiale della NATO, ma persino dal governo italiano s’è levata qualche voce critica.
Le armi, una merce di successo
Come se non bastasse, proprio ieri – 1 dicembre 2025 – il SIPRI (istituto internazionale indipendente con sede a Stoccolma), ha pubblicato il rapporto sull’industria globale degli armamenti, relativo ai dati del 2024 (https://www.sipri.org/media/press-release/2025/sipri-top-100-arms-producers-see-combined-revenues-surge-states-rush-modernize-and-expand-arsenals). Vi si legge che “i ricavi derivanti dalla vendita di armi e servizi militari da parte delle 100 maggiori aziende produttrici di armi sono aumentati del 5,9% nel 2024, raggiungendo la cifra record di 679 miliardi di dollari”.
Informazioni che si aggiungono a quelle fornite due settimane fa dall’Agenzia europea per la difesa, secondo la quale la spesa per ricerca e sviluppo nella difesa nell’Unione Europea è quasi raddoppiata negli ultimi cinque anni, passando da 9 miliardi di euro nel 2020 a 17 miliardi nel 2025.
La protesta degli studenti tedeschi
Un’altra notizia collegata a questo contesto bellicista proviene dalla Germania. Là gli studenti si stanno organizzando per contrastare la “voglia di guerra” che ha invaso l’Europa e che ha portato il governo Merz a proporre la reintroduzione del servizio militare di leva. Così venerdì 5 Dicembre, in occasione della discussione parlamentare promossa in merito, è stato organizzato uno “sciopero della scuola” nelle principali città tedesche (https://ilmanifesto.it/sciopero-degli-studenti-tedeschi-contro-la-leva): chi non vuole vestire la divisa sa dove andare.
De nobis fabula narratur
Che cosa c’insegna questa sincronia di asserzioni, dati, informazioni?
Che il mondo in divisa (e in armi) è sempre più pieno di soldi: è un fatto. E poi che i soldi funzionano come un super-stimolante, una potente sostanza psicotropa: non rendono più lucidi, ma solo più aggressivi. E poi ci dimostra, una volta di più, che i generali non sono contenti quando qualcuno gli risponde con un “No”. Se amano tanto il “sissignore” è perché le stellette frequentemente mascherano l’insensatezza della gerarchia militare che simboleggiano.
Fonte: https://www.lacuradelvero.it/focus/perche-generali-e-ammiragli-vanno-allattacco/
