Se gli USA mettono i dazi è perché non reggono la concorrenza. Altre nazioni producono cose che agli americani piacciono più di quelle che fanno loro, per la migliore qualità (Europa) o per il minor costo (Asia). Sul breve periodo, Trump avrà dei vantaggi; ma saranno sempre minori, man mano che gli stati penalizzati dai dazi troveranno altri sbocchi di mercato. Il punto di debolezza del pensiero trumpiano è che ormai nessuno stato – per quanto potente come gli Usa – può basarsi sull’autarchia, più del tempo garantito dalle scorte dei beni dazati.
Ormai è irreversibile il processo della globalizzazione di consumi e produzione. La rivolta più rilevante verso le conseguenze dei dazi verrà da parte dei consumatori americani, abituati a prodotti che subiranno rincari inarrivabili. A nessuno piace la rinuncia a un’abitudine, perché questo comporta la modifica del proprio stile di vita. La privazione genera una frustrazione che ha conseguenze sull’orientamento politico. Prevedo una vita breve dei dazi o una loro netta riduzione, non per raffinate revisioni economiche, ma perché bruceranno consenso repubblicano.
