Gli studenti inascoltati e l’ipocrisia della politica

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Lungi da noi qualsivoglia forma di qualunquismo. Non abbiamo mai pensato che i politici siano tutti uguali e sappiamo bene da che parte schierarci, specie in questa fase storica. Fatto sta che è la politica nel suo insieme a essere chiamata in causa in questo momento, mentre studenti e studentesse manifestano nelle scuole e negli atenei per condannare la carneficina che sta avendo luogo a Gaza e quasi nessuno li ascolta, ne prende le difese o si preoccupa anche solo di venire incontro alle loro richieste. Non lo fanno i rettori, salvo alcune eccezioni, dimentichi del principio democratico in base al quale la protesta si accetta e, nei limiti del possibile, ci se ne fa carico. Non lo fa, come detto, la politica, ed è assurdo se si pensa che fra poco più di un mese saremo chiamati alle urne per le Europee e il rinnovo di migliaia e migliaia di amministrazioni. Meno che mai lo fa il mondo dell’informazione, per lo più composto da personaggi con scarsa memoria dei propri trascorsi giovanili, non sempre all’insegna della moderazione, per usare un eufemismo, dai quali questa generazione, oltre a essere irrisa, viene denigrata e trattata alla stregua di potenziali terroristi. Tutto ciò è inaccettabile. È inaccettabile vedere la democrazia svilita in questo modo. Ed è inaccettabile che studenti e studentesse non vengano nemmeno ricevuti quando, invece, pongono temi essenziali per il nostro futuro.
Dalle scuole alle università, ragazze e ragazzi chiedono prospettive, un lavoro di qualità, giustizia sociale, uguaglianza nelle opportunità, dignità della persona e la fine di ogni conflitto. Chiedono, in pratica, che i potenti della Terra la smettano di pensare di dirimere qualunque controversia a suon di bombe e cannoni. Sono ingenui? Può darsi. Non hanno ancora capito come funzioni la società? Per fortuna, no. E per una volta ci auguriamo che non lo capiscano, che conservino la loro meravigliosa gioventù, la loro freschezza di idee, i loro pensieri puliti, la loro limpidezza d’animo, che non diventino cinici come noi, che non acquisiscano quella corteccia che ci priva di ogni umanità, che non commettano i nostri stessi errori, ritrovandosi, a loro volta, un giorno soli, chiusi e arroccati a difesa dell’indifendibile. Vorrei che almeno questa generazione fosse composta da tanti Peter Pan, che continuasse a sognare e, più che mai, che nessuno si azzardasse a infrangere le loro speranze a colpi di manganello, come accadde a Napoli prima e a Genova poi in quel 2001 che ha cambiato per sempre le sorti del pianeta. Vorrei vederne, insomma, anche di più di queste manifestazioni, prendendo le distanze da ogni eccesso e da ogni atto di violenza, ci mancherebbe altro, ma stando ben attenti a non fare di ogni erba un fascio e a non lasciarsi condizionare nel giudizio dalla presenza dei soliti facinorosi che, purtroppo, si infiltrano ovunque per scatenare disordini. Certo, andrebbero isolati, ci vorrebbe un servizio d’ordine e una maggiore esperienza nella gestione del corteo e della piazza. Tuttavia, bisognerebbe anche rendersi conto che questa gioventù ha vent’anni, forse meno, e non possiamo chiederle di avere già tutte le astuzie di noi vecchi tromboni che non crediamo più a niente, che ne abbiamo viste troppe e che, naturalmente, sappiamo che stiamo sprofondando nell’abisso, dunque ci prepariamo a fronteggiare il peggio. Lasciamo che siano belli come sono, con la loro irriverenza, i loro colori, i loro striscioni e le loro bandiere, e soprattutto facciamoci carico delle loro richieste. Innanzitutto, perché hanno ragione anche le rare volte che si esprimono male. In secondo luogo, perché un Paese che non si prende cura dei suoi giovani è perduto. Infine, perché dopo aver lasciato che venissero picchiati e insultati, nessuno avrebbe il diritto di pretendere pure che venissero a votare per partiti nei quali, legittimamente, non si riconoscono e che, comprensibilmente, disprezzano.

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