Rsf, in Libano attacco mortale mirato dell’esercito israeliano contro giornalisti

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Reporters Without Borders (RSF) ha diffuso domenica scorsa un rapporto sull’uccisione del giornalista di Reuters Issam Abdallah, vittima del fiocco dell’esercito israeliano in Libano il 13 ottobre mentre era impegnato a documentare sul campo il conflitto insieme ad altri reporter rimasti feriti
Rsf ho ha dubbi: è stato un attacco mirato dal confine con Israele.
“Secondo l’analisi balistica effettuata da nostri esperti, i colpi provenivano da est rispetto a dove si trovavano i giornalisti; dalla direzione del confine israeliano. Due colpi nello stesso posto in un così breve lasso di tempo (poco più di 30 secondi), dalla stessa direzione, indicano chiaramente un targeting preciso” sottolinea l’organizzazione che conclude sottolineando come le indagini mostrino che “i giornalisti non sono vittime collaterali dell’attacco”.
Secondo Rsf, uno dei loro veicoli, contrassegnato dalla scritta ‘stampa’, è stato preso di mira ed era anche chiaro che il gruppo che stazionava accanto ad esso era composto da giornalisti.
Lo stesso esercito ha dichiarato di non poter garantire la sicurezza dei giornalisti che all’interno della striscia di Gaza stanno seguendo il conflitto.
La distruzione della sede dei corrispondenti a Gaza e il taglio recente delle comunicazioni (poi ripristinate) sono le ulteriori prove che si vogliono eliminare testimoni scomodi del brutale assedio in corso a Gaza, seguito al grave atto terroristico del 7 ottobre.
Il governo di Israele si è sempre difeso affermando di non “prendere deliberatamente di mira i giornalisti” e di aver avviato un’indagine sull’incidente del 13 ottobre.
Ma alla richiesta di Reuters, rivolta alle forze di difesa israeliane, di commentare il rapporto RSF al momento non è stata fornita alcuna risposta.

Intanto a Gaza altri cinque giornalisti palestinesi sono stati uccisi durante l’offensiva militare di Israele e gli scontri con Hamas.
Reporters Without Borders condanna questi crimini e invita tutte le parti a garantire che i giornalisti siano protetti in conformità con la risoluzione 2222 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Sono 31 i giornalisti morti dal 7 ottobre ad oggi tra Gaza, Israele e Libano.
I primi a perdere la vita due fotoreporter palestinesi, uccisi il girono stesso della ripresa del conflitto, e due giorni dopo tre giornalisti, tutti e cinque erano nella Striscia di Gaza per “coprire” la risposta dell’esercito israeliano all’offensiva da parte delle Brigate Al-Qassam, l’ala armata di Hamas, contro insediamenti civili dei kibbutz.

Migliaia di civili sono stati uccisi nel giro di pochi giorni in questo conflitto, la cui portata è senza precedenti.
I tre giornalisti uccisi la settimana scorsa erano Mohamed Soboh, foto reporter dell’agenzia di stampa palestinese Khabar, Said al-Tawil, editore del canale televisivo indipendente di notizie palestinese Al Khamissa e Hisham al-Nawajha, un fotogiornalista di Al Khamissa.
I tre colleghi erano di stanza vicino all’Hajji Tour nella Gaza occidentale per seguire l’attacco israeliano a questo importante edificio che ospita molti media. Nell’ultimo video registrato da Al-Tawil, aveva riferito che: “la Torre Hajji era sotto un intenso bombardamento” e che “donne, anziani e bambini avevano evacuato l’area”.
Secondo le informazioni raccolte da RSF, Mohammad al-Salihi, un fotoreporter freelance che lavorava per l’agenzia di stampa palestinese al-Sulta al-Rabia, stava coprendo l’inizio della risposta dell’esercito israeliano a Bureij, un distretto sul confine orientale della Striscia di Gaza, quando il 7 ottobre è stato raggiunto da colpi di arma da fuoco alla testa. Un video pubblicato lo stesso giorno su X (già Twitter) mostra il giornalista 29enne incosciente con il collo insanguinato.
La sua morte è stata confermata poche ore dopo dal ministero della salute palestinese.
Secondo diverse fonti, era chiaramente identificabile come giornalista.
Anche Ibrahim Lafi, dell’agenzia di produzione Ain Media, è stato ucciso da colpi di pistola mentre copriva gli stessi scontri la mattina del 7 ottobre nonostante indossasse un giubbotto stampa e avesse tra le mani una macchina fotografica.
A solo 21 anni e all’ultimo anno di scuola di giornalismo, è stato uno dei primi giornalisti a coprire i combattimenti sul campo, hanno riferito i colleghi.
In una dichiarazione rilasciata il 9 ottobre, l’Unione dei giornalisti palestinesi ha ritenuto l’IDF responsabile della morte dei due giornalisti, condannando i “crimini commessi dall’occupazione israeliana”.

Nelle loro dichiarazioni, le autorità israeliane hanno ribadito di non prendere deliberatamente di mira i civili.
“Tra le vittime civili della guerra tra Israele e i territori palestinesi, contiamo i giornalisti uccisi nel corso del loro lavoro. I giornalisti di cui deploriamo le morti stavano semplicemente svolgendo la loro professione. Negli ultimi dieci anni, altri 17 professionisti dei media palestinesi hanno subito la stessa sorte in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Questo rende la Palestina uno dei paesi più pericolosi del mondo per i giornalisti. Nel contesto attuale, in cui centinaia di civili sono già stati uccisi nei massacri di Hamas e nei bombardamenti israeliani, denunciamo questi crimini e chiediamo a tutte le parti di garantire che i giornalisti siano protetti in conformità con la risoluzione 2222 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite” è l’appello di Rsf che come Articolo 21 condividiamo e rilanciamo.


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