Rifare il Pd? Leggere Francesco aiuta a capire come

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L’elezione di Elly Schlein alla guida del Pd ha avuto il merito di riaprire una discussione politica.  Ma dove? Il mio problema comincia qui, nella definizione del luogo dove ciò è accaduto. Di solito si dice “nella sinistra”. Ma la sinistra non esiste. Esistono le sinistre. Ed esistono ambienti politici ad esse, o a parte di esse, collegati. Dico che non esiste la sinistra ma le sinistre perché, per motivi di età probabilmente, ho sempre in testa un vecchio slogan: “non c’è vittoria non c’è conquista senza il grande Partito Comunista”. Questo slogan esprime molto di più di quello che dice.  Ma come sono andate le cose con lo Statuto dei Lavoratori? Non è più vero il vecchio adagio per cui chiunque è utile, nessuno è indispensabile?

Per spiegare bene il mio punto di vista dirò che guardare davvero al molto citato papa Francesco, ma più per confermarsi che per arricchirsi, pur  non essendo un leader politico né un esponente della sinistra, ma certamente un’autorità spirituale interessata al cambiamento, si possono trovare indicazioni di metodo e indirizzo molto utili.

 

Le grandi lezioni che Francesco sta dando alla politica sono numerose: la prima è di ordine filosofico e si chiama tensione polare: a differenza di tutti gli hegeliani e molti altri, Francesco è convinto che esistano dei poli contrapposti, che devono stare e restare in tensione tra di loro. Faccio un paio di esempi: globale e locale, patriottismo e universalismo. Questi poli non devono elidersi, devono essere conservati in quella tensione che tra i poli crea energia e quindi vita. Mi sembra una base importante per riferirsi alla tensione polare che si vede, si percepisce tra sinistra radicale e sinistra moderata o riformista. Tanto nella radicalità  che nel riformismo c’è una polarità importante che tagliare scegliendone una o l’altra sarebbe semplicistico, erroneo. La tensione polare genera un certo tipo di conflitto, ma si tratta di un conflitto che non va risolto, ma vissuto, portandolo ad una stadio più alto, e poi ancora. Da evitarsi con nettezze per lui sono le  contraddizioni, tipo bene-male, onesto-corrotto. Credo che davanti alle polemiche dell’oggi questo sia di grande importanza. Se Schlein dunque dice, come ha detto, che si può collaborare con Conte e Calenda a me va bene, sebbene io non veda in Conte una sinistra massimalista, ma un leader populista.

 

Proseguo: c’è una dato religioso di fondo nel pontificato di Francesco, l’ecumenismo. Che cos’è? E’ la ricerca dell’unità dei cristiani, che con lui però è chiaramente confermata ma in termini nuovi:  in coerenza con il Concilio Vaticano II con lui si parte con nettezza e chiarezza dal riconoscimento che per arrivarci non è che tutti debbano diventare cattolici, omologando  il campo, uniformandolo, ma che bisogna unirlo nella valorizzazione delle diversità. E questo lui lo ha fatto con due gesti straordinari: dicendo appena eletto che i cardinali si riuniscono in conclave non per eleggere il papa  ma per eleggere il vescovo di Roma- nel discorso che pronunciò il 13 marzo 2013 non ha usato neanche una volta la parola “papa”-, e andando in Svezia, per unirsi ai protestanti nella celebrazione dei cinquecentenario di Martin Lutero. Lo avrebbero fatto i massimalisti o i riformisti, di unirsi in un gesto simile per commemorare uno degli altri, anche un semplice capo del campo “opposto”?

 

Valorizzare, non criminalizzare le differenze, questa è la seconda lezione a chi scaccia, omologa, ritiene le diversità “tradimento”. Indubbiamente porre il problema dell’identità è importante, tutti dobbiamo avere un’identità, ma immaginare un partito meticcio per me è più importante. La famosa “fusione a freddo” da cui ormai tanti dicono che sarebbe nato il Pd è proprio il fallimento di un progetto di meticciato. La sinistra che si pretende tale dà l’impressione di escludere altre sinistre possibili fuori da sé e quindi di rifiutare ogni possibile opzione-meticcia. Nel Pd le identità erano due: quella degli eurocomunisti, se vogliamo dire così per capirci, e quella della sinistra Dc. La fusione a freddo indica che non si è riusciti a creare un partito meticcio, anche perché la terza opzione, la sinistra riformista, è stata intenzionalmente esclusa dal progetto. Forse lì invece c’era o poteva esserci terreno più fertile per una possibile apertura al meticciato: non tanto per la disponibilità a mettersi in discussione, quanto perché l’esperienza riformista poteva aprire i cordoni di ogni visione ideologica, per andare oltre, contemperando, in un minore ideologismo.

 

Se questo che dico avesse un fondamento direi che quello che va posto oggi non è tanto il problema dell’identità, ma del partito, cioè del veicolo con cui entrare in contatto con le persone. Il partito novecentesco, dicono tutti, non esiste più, non ha più senso. Sarà vero, ma  hanno senso le persone. Molto più delle idee. Sono le persone quelle con cui occorre entrare in contatto, al di là delle loro idee. Ma non al di là dei loro problemi. Per questo non è tanto rilevante come  si dice entrarci in contatto via social, o web. Occorre il contatto fisico, cioè nella e della vita reale. Poi il web esiste e diventa un meccanismo importante della socializzazione del messaggio. Ma è la persona, in carne ed ossa, ad essere l’obiettivo di ogni politica vera. Io ti vedo, ti ascolto, e cerco di cambiare la realtà problematica che mi prospetti. Non con l’astrazione delle idee, ma con la concretezza della vita, delle persone, del mio fare. E’ solo facendo concretamente qualcosa che possiamo superare le nostre diversità, trovarci insieme perché insieme facciamo qualcosa.

 

Il partito novecentesco, a me sembra, è superato se lo intendiamo come “ala marciante”. Non ci sono ali marcianti, e sempre Francesco ci spiega molto di più di quel che capiamo dicendoci che il clericalismo è una malattia. Cosa vuol dire? Lui ovviamente parla della Chiesa per dire che la Chiesa è di tutti, non è proprietà del clero, che saprebbe e penserebbe per tutti. Questo in certo qual modo vale anche per un partito progressista moderno: non è proprietà dell’ala marciante, cioè della leadership o dell’apparato, ma del “popolo intero”, come la Chiesa è di tutti i battezzati, “popolo di Dio in cammino”.  Spesso evocato, “il popolo del Pd” va costruito tra tutti gli elettori ( il voto è il battesimo politico), quindi nel coinvolgimento fisico, materiale, non tanto via social.

 

La presenza sui territori è dunque il modo antico e moderno per costruire una comunità sulle macerie dell’idea stessa che un Paese sia davvero una comunità, e non può che essere una  comunità che crede nella realtà più che nelle idee. Sempre Francesco, che sta per portare in porto la prima assemblea mondiale  su come rendere sinodale una chiesa gerarchica, piramidale e centralista come quella cattolica, sul sinodo ha detto nel 2015; “ Il nostro sguardo si allarga anche all’umanità. Una Chiesa sinodale è come vessillo innalzato tra le nazioni (cfr Is 11,12) in un mondo che – pur invocando partecipazione, solidarietà e trasparenza nell’amministrazione della cosa pubblica – consegna spesso il destino di intere popolazioni nelle mani avide di ristretti gruppi di potere. Come Chiesa che “cammina insieme” agli uomini, partecipe dei travagli della storia, coltiviamo il sogno che la riscoperta della dignità inviolabile dei popoli e della funzione di servizio dell’autorità potranno aiutare anche la società civile a edificarsi nella giustizia e nella fraternità, generando un mondo più bello e più degno dell’uomo per le generazioni che verranno dopo di noi”.

 

Io credo che abbia ragione, quindi per procedere mi sembra che  occorra identificare qualcosa per delimitare il proprio campo: è la democrazia? La democrazia è la sostanza, il messaggio del Pd, almeno sulla carta, no? Questa democrazia ci parla oggettivamente di una comunità  pluralista perché vuole un Paese pluralista e così ci parla di una comunità meticcia perché vede nell’ interculturalità un’esigenza prima che un bene. Dunque non serve un partito che si identifichi con le mie certezze, ma che le mischi con la realtà , per farci crescere insieme.

 

Il punto di partenza  dunque sarebbe questo. Ma a me sembra che la democrazia sia oggi un riferimento molto complesso, perché riteniamo che tutti siano democratici, basta che si voti,  e per questo non  sappiamo più identificare i connotati di una democrazia del terzo millennio: mi convincerebbe di più allora  una nuova scelta, più diretta, come Partito della Solidarietà. È la solidarietà l’anima che unisce le diverse anime del possibile Pd, la categoria concreta, laica e cattolica, che mai esclude. E se possiamo escludere che un Partito Democratico possa non essere rispettoso delle diversità, possiamo dire che questo rispetto può sembrare freddo, visto che non sappiamo più ben dire cosa sia la democrazia, destino che per fortuna non riguarda la solidarietà. La solidarietà rimette al centro le persone, la vita, la realtà, dicendoci che la realtà è superiore all’idea, come ha insegnato guarda un po’ proprio Francesco. Più che i Pantheon e le mozioni ideali, sono i comportamenti concreti che fanno la solidarietà reale. E restituiscono senso al concetto di comunità. Il Partito della Solidarietà può essere una piramide solo se è rovesciata, il leader ne è il vertice basso, che unisce e raccoglie tutte le solidarietà vere, vissute, nella concretezza della politica di un partito che non ha più ali marcianti, ma poli aperti di solidarietà da praticare e gestire, nella realtà contaminante del fare.

Tratto da Ytali.com


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