La Nigeria sull’orlo di una grave crisi costituzionale, il gigante dai piedi d’argilla

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Un autorevole componente della Commissione Elettorale governativa non ha esitato a dichiarare che lo scenario politico in atto in Nigeria potrebbe facilmente sfociare in una crisi costituzionale. E’ l’ennesimo paradosso di questo gigante dai piedi d’argilla che con i suoi 215 milioni di abitanti è il più popoloso e ricco degli stati africani. A spingere sull’orlo della crisi è l’ipotesi di cancellare o rimandare a data da destinarsi le elezioni per la scelta del nuovo presidente in programma il 25 febbraio.
L’ insicurezza e la totale mancanza di controllo del territorio da parte delle autorità centrali si sono infatti estese ad almeno 15 dei 37 stati federali in cui è suddiviso il paese. Abbastanza insomma da mettere a rischio ed invalidare il risultato finale con il pericolo di contribuire ad allargare il già diffuso malcontento. La forte crisi economica alimenta e soffia come un vento di bufera sulla insurrezione jihadista nel nord est, mentre nell’area nord occidentale sono le bande armate (in maggioranza di etnia fulani) a dettar legge, intanto negli stati centrali si infittiscono gli scontri tra agricoltori e allevatori in guerra per il controllo di acqua e terre che i contadini stanziali vorrebbero destinare alla coltivazione mentre gli allevatori nomadi puntano a trasformarle in pascolo. Senza sottovalutare che nel sud est stanno riemergendo con prepotenza gruppi armati che alla fine degli anni sessanta avevano combattuto per la creazione dello stato indipendente del Biafra. La popolazione civile è investita da ondate di criminalità degli autonomisti che (in almeno 5 stati federali) hanno anche creato in vari villaggi amministrazioni parallele a quelle dello stato centrale.
Gli abitati di queste aree senza legge sono vittime di estorsioni, sequestri, omicidi, violenze che li hanno spinti ad abbandonare le terre, terremotando di conseguenza le liste elettorali.
Un caos tanto diffuso da far annoverare da novembre (inizio della campagna elettorale) già 50 attacchi armati contro gli uffici della Commissione Elettorale governativa.
Uno strano destino per la Nigeria che era il principale peacekeeper in tutta la regione mentre oggi non è in grado di stabilizzare la sicurezza in grandi parti del suo territorio.
La Nigeria si prepara ad essere la protagonista dei più grandi cambiamenti demografici del mondo. L’Africa infatti passerà (secondo le proiezioni delle Nazioni Unite) da 1 miliardo e 400 milioni di abitanti a circa 4 miliardi entro la fine di questo secolo, ospitando così un’ampia fetta della popolazione mondiale. In particolare la Nigeria raddoppierà la popolazione (attestandosi intorno ai 560 milioni), superando così gli Stati Uniti e diventando il terzo paese più popoloso al mondo, dopo l’India e la Cina.
Ce n’è abbastanza perché il mondo occidentale e ricco cominci a guardare verso questa latitudine con interesse ed attenzione per cercare di accorciare le distanze, nel frattempo già colmate da altri. E con un’ottica meno predatrice perché non dimentichiamo che la Nigeria è l’ottavo produttore mondiale di petrolio.
A puntare dritto verso la poltrona di Muhammadu Buhari, presidente uscente con due mandati e tante promesse non mantenute alle spalle, sono i 3 principali contendenti dei 18 aspiranti. Bola Tinubu (Apc, Congresso di Tutti i Progressisti), Atiku Abubakar (Poip, Partito Democratico Popolare) e Peter Obi (Lp, Partito dei Lavoratori). Un consiglio: non lasciarsi ingannare dalle sigle dei partiti, tutte evocative di cambiamenti, classi sociali, progressismo a buon mercato ma sempre più scatole vuote dove è prassi comune e consolidata per aspiranti presidenti e parlamentari il ricorso alla corruzione per acquistare voti.
Ad esempio il laburista Peter Obi ha costruito la sua immagine politica sulla onestà proprio per segnare una discontinuità con la classe politica nigeriana di cui è noto lo spirito corruttivo e cleptocrate. Per questo in campagna elettorale ha promesso una totale rottura con la gerontocrazia predatrice del paese. A dicembre il responsabile della sua campagna elettorale è stato condannato a due anni di prigione per riciclaggio di denaro sporco, reato commesso prima che iniziasse la sua collaborazione con l’aspirante presidente. Nessun commento da parte di Obi e dell’interessato, come ormai ci insegna il triste copione uguale in tutto il mondo. Ma è un macigno su chi tuona contro i propri avversari, ignorando che il malaffare è innanzitutto nelle proprie tasche.

Pubblicato sul mensile CONFRONTI n.2 febbraio 2023


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