Dati INAIL 2022: aumentano gli infortuni sul lavoro, le malattie professionali e, leggendo bene i dati, anche gli incidenti mortali

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Ha destato stupore, e sdegno, la notizia del mancato indennizzo da parte dell’INAIL ai genitori del giovane Giuliano De Seta, morto lo scorso 16 settembre sotto il peso di una lastra di acciaio di due tonnellate mentre faceva uno stage per l’alternanza scuola-lavoro in un’azienda di Noventa di Piave. Perché quell’indennizzo non è stato erogato? Perché la morte del ragazzo non ha comportato la perdita della fonte primaria del reddito familiare che, in questo caso, resta superiore alla soglia minima di legge prevista per la costituzione della rendita.

L’art.106 del Testo unico 1124/65, nella sua nuova formulazione del 2019, pur avendo introdotto sostanziali novità in ordine ai requisiti per stabilire la vivenza a carico, non prevede per il caso in questione alcun indennizzo. Secondo noi quell’articolo va modificato, con un maggiore onere del tutto sostenibile.

È per questo motivo che apprezziamo quanto annunciato dal Ministro del lavoro Marina Calderone che ha avviato incontri con i sindacati per discutere, oltre che di pensioni, anche di salute e sicurezza sul lavoro, proprio in un momento in cui aumentano infortuni e malattie professionali. I dati diffusi dall’INAIL, riguardanti i primi undici mesi del 2022, certificano che le denunce di infortunio sul lavoro sono aumentate del 29,8% rispetto allo stesso periodo del 2021 e sono in aumento del 9,7% anche le patologie di origine professionale denunciate. L’unico dato che risulterebbe in calo è quello relativo alle denunce con esito mortale, in diminuzione del 9,9%. Tuttavia, da una attenta lettura dei dati, se vengono certificati i soli casi “tradizionali” di decesso, depurati dall’incidenza del Covid, che com’è noto, è stato equiparato ad infortunio, le morti sul lavoro sono in aumento.

Condividiamo, con il Ministro, la priorità di una scelta basata sulla prevenzione e la morte, nei giorni scorsi, di un giovane lavoratore di 22 anni, schiacciato da un bancale nella zona industriale di Caivano, in provincia di Napoli, conferma questa urgenza. Morti sul lavoro che sono inaccettabili e che reclamano un immediato cambio di passo. Come? Facendo un grande lavoro culturale, a partire dalle scuole, ma soprattutto facendo investimenti nei luoghi della produzione supportando economicamente le aziende che scelgono di puntare sulla prevenzione, al fine di migliorare gli standard di salute e sicurezza. Pensiamo, in particolare, ai bandi ISI dell’INAIL (Incentivi di Sostegno alle Imprese) che, attraverso finanziamenti a fondo perduto, consentono di incentivare la realizzazione di interventi in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Negli ultimi anni, dal 2010 ad oggi, ci sono stati 13 bandi, con stanziamenti di oltre 2,7 miliardi di euro a fondo perduto, per un importo complessivo erogato superiore a 1,3 miliardi di euro (circa il 50% dello stanziamento). Alle prime dodici edizioni hanno partecipato quasi 190mila imprese e, mediamente, il 20% di queste, circa 38.000, è stato ammesso ai finanziamenti.

Si tratta di forme di sostegno economico volte alla riduzione di infortuni e malattie professionali che potrebbero essere ulteriormente incrementate alla luce di quanto emerge dal bilancio di previsione per l’esercizio 2023 dell’INAIL. Anche il 2022, infatti, si chiuderà con un presunto avanzo finanziario compreso tra 1,5 e 2 miliardi di euro: si tratta di cifre virtuose che concorrono a formare una giacenza di cassa presso la Tesoreria dello Stato (a rendimento zero per l’Istituto) stimata, a fine 2023, in quasi 37 miliardi di euro.

Per il Consiglio di indirizzo e vigilanza, infatti, è possibile rinvenire le necessarie risorse per il finanziamento di interventi sul piano delle tutele come su quello degli investimenti in prevenzione e ricerca. È quanto emerge dalla delibera di approvazione del bilancio 2023, che evidenzia come le risorse depositate in Tesoreria risultino “fortemente condizionate dal permanere di un sistema di vincoli normativi che continua a incidere sulle potenzialità operative e sulla piena autonomia dell’Istituto”. Cosa vuol dire? Che i soldi ci sono, ma che i Ministeri vigilanti, a partire dal Mef, impediscono che vengano utilizzati perché si tratta di risorse che fanno parte della contabilità dello Stato. Se vengono spese vanno a debito. In questo modo, non investendo maggiormente sulla prevenzione, è come se si imponesse una tassazione occulta alle imprese che concorrono, loro malgrado, alla riduzione del debito pubblico anziché, col pagamento dei premi, a salvaguardare la sicurezza dei propri dipendenti. Ripeto, anche qui, ciò che diciamo ormai da tempo e che non ci stanchiamo di ripetere: l’INAIL ha bisogno di più autonomia nella possibilità di spesa e, dunque, va allentato questo laccio che tiene legate le scelte dell’Istituto alle autorizzazioni dei vari Ministeri.

Per non provare ogni volta lo stesso sdegno per il mancato indennizzo alle famiglie di chi ha perso la vita lavorando, occorre intervenire in maniera organica, superando norme obsolete e liberando le risorse economiche di cui l’Ente preposto (alle prestazioni economiche e sanitarie) è dotato e che risparmia annualmente. Ed è per questo che va salutato con favore l’annuncio del ministro Calderone di voler correggere la norma sull’alternanza scuola-lavoro nell’incontro del 26 gennaio con i sindacati. Si tratta di un primo passo: altri si potranno compiere, con un approccio complessivo e strategico volto a migliorare le prestazioni dei lavoratori. Ad esempio, con l’eliminazione della franchigia per invalidità inferiori al 6%, e tenendo conto delle altre proposte di correzione normativa che l’INAIL, sulla base della sua esperienza, intende sottoporre al Governo.


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