Giornalismo sotto attacco in Italia

Ma adesso l’Europa cacci Orbán

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Viktor Orbán non può più essere considerato un interlocurore politico. Viktor Orbán è un avversario irriducibile, diremmo quasi un nemico, dei valori costitutivi dell’Unione Europea e come tale deve essere trattato. Le sue leggi liberticide, la sua violenza nei confronti dei migranti, le sue frontiere sigillate, l’ultimo scempio, in ordine cronologico, all’indirizzo delle persone omosessuali e la sua concezione autoritaria del governo costituiscono elementi sufficienti a dire basta. L’allargamento dell’Unione ai paesi dell’Est è stato un colossale errore: nei modi, nei tempi e nell’assoluta mancanza di controlli, finendo con l’indebolire il concetto stesso di democrazia e col mettere a rischio il nostro stare insieme. È arrivato, dunque, il momento di correre ai ripari: Polonia e Ungheria sono due paesi che non possono stare in Europa. Non possiedono i requisiti minimi, non rispettano le minoranze, non si riconoscono in principî essenziali che sono costati il sangue di milioni di persone nella lotta contro il nazi-fascismo. Spiace dirlo, ma qui è a rischio la tenuta del progetto europeo e il nostro vivere civile viene prima di ogni altra cosa.

Non basta, infatti, indignarsi per ciò che sta accadendo a Hong Kong, con la chiusura forzata di Apple Daily, se non abbiamo la forza di fare i conti con le nostre ferite interne. Orbán sta tirando la corda da anni ed è arrivato il momento di fermarlo, anche per lanciare un monito a tutti gli altri paesi: chi non rispetta gli standard democratici minimi non può far parte della nostra comunità.
L’Ungheria, già da tempo, è fuori dall’Europa. Vi si è posta da sola con atteggiamenti intollerabili. Sono stato a Budapest nel 2019 e si percepiva chiaramente, per le strade e nei comportamenti abituali delle persone, che ormai si considerano altro, che non hanno nulla a che spartire con noi, che non accettano alcuna regola di convivenza e che non sono disposti a tollerare la benché minima diversità. È colpa della cattiva gestione della fase post-’89, di un allargamento, ripetiamo, sbagliato e dannoso, di un’integrazione che è rimasta solo sulla carta, tutto quel che volete; fatto sta che è ora di mettere le cose in chiaro e rendere palese l’insostenibilità di determinate posizioni. Se si vuol stare in Europa, bisogna riconoscersi nei suoi fondamenti, altrimenti l’intero impianto si sgretolerà e l’estremismo neo-fascista non avrà più alcun argine.

Cacciare l’Ungheria e la Polonia è l’ultima occasione che abbiamo per dimostrare di voler essere davvero la casa dei diritti. La politica, difatti, è anche una questione di rapporti di forza e, in caso contrario, avranno vinto loro, trasformandosi ancor più in un modello da seguire per tutti gli oscurantisti, i retrogradi e i reazionari che hanno rialzato la testa negli ultimi anni. La dittatura democratica non ce la possiamo permettere.

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