Essere giornalisti oggi: consumare le suole delle scarpe può ancora bastare?

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Che cos’è oggi il buon giornalismo? C’è ancora bisogno dei giornalisti? La domanda mi sembra più che mai opportuna, soprattutto all’indomani dell’appello di Papa Francesco ad evitare il rischio di giornali fotocopia, di notiziari tv, radio e siti web sostanzialmente uguali. Il Papa ci spinge a ritornare ad un giornalismo d’inchiesta, a uscire dalle nostre redazioni e andare a vedere con i nostri occhi. Ci spinge a diventare più scomodi. E’ una grande provocazione, che arriva nel momento giusto, in piena pandemia con le redazioni semideserte in smart working da mesi impegnate a coprire un’emergenza sanitaria senza precedenti che sta offuscando tutte le altre notizie, crisi di governo a parte.
“La crisi dell’editoria rischia di portare a un’informazione costruita nelle redazioni, davanti al computer, ai terminali delle agenzie, sulle reti sociali, senza mai uscire per strada, senza più consumare le suole delle scarpe, senza incontrare persone per cercare storie o verificare de visu certe situazioni, scrive il Papa, e ha ragione. E’ proprio quello che accade, purtroppo da anni. La crisi dell’editoria sta svuotando le redazioni di colleghi esperti, tutelati e in teoria con più potere di trattare sui contenuti e sta allargando l’esercito dei free lance senza protezione. E’ difficile essere giornalisti liberi e indipendenti quando si è sottopagati e costantemente sotto il ricatto dell’agognato contratto di assunzione. E’ difficile lavorare in sicurezza quando non c’è un editore che ti protegge dalle minacce di una criminalità sempre più sofisticata che si è infiltrata nei settori vitali del paese.
E’ difficile fare bene il proprio lavoro quando si è insultati dai politici che non amano la libertà di stampa. Le condizioni di lavoro sono sempre più precarie in un momento in cui il giornalismo dovrebbe serrare le fila e fare grandi investimenti per mostrare la differenza che c’è tra chi svolge con rigore il proprio mestiere e chi alimenta la spazzatura che corre sui social dispensata da governi senza scrupoli e gruppi di potere che hanno interesse a diffondere fake news e teorie demenziali su complotti e pandemia. Gli editori dovrebbero rafforzare le loro redazioni investendo sulla ricerca della verità, come chiede Papa Francesco. Dovrebbero investire sul fact checking la verifica delle notizie in tempo reale, in modo da poter smentire subito chi fa affermazioni false e diffonde bufale pericolose. Dovrebbero investire di più sui Big Data e sulla formazione delle persone in grado di leggere e interpretare quella mole di informazioni che la società produce. Serve alle aziende in generale, ma soprattutto serve anche a quelle editoriali. Lo stiamo facendo? Troppo poco per poter fare la differenza ed essere davvero competitivi con quegli algoritmi che ci inondano con le loro verità di comodo, rafforzando le convinzioni giuste o sbagliate delle tante tribù del web, schierate una contro l’altra. Alcune anche alimentate da politici opachi a caccia di like.

“Grazie alla rete abbiamo la possibilità di raccontare ciò che vediamo, ciò che accade sotto i nostri occhi, di condividere testimonianze, scrive il Papa ,ma sono diventati evidenti a tutti, ormai, anche i rischi di una comunicazione social priva di verifiche. Abbiamo appreso già da tempo come le notizie e persino le immagini siano facilmente manipolabili, per mille motivi, a volte anche solo per banale narcisismo. Tale consapevolezza critica spinge non a demonizzare lo strumento, ma a una maggiore capacità di discernimento e a un più maturo senso di responsabilità, sia quando si diffondono sia quando si ricevono contenuti.”

Tutti siamo responsabili, giornalisti e cittadini, di quello che corre in rete, di quello che amplifichiamo e condividiamo senza verificarne la fonte. E se è diventato sempre più difficile essere bravi giornalisti e cercare di raccontare in modo obiettivo quello che accade, si può essere cittadini responsabili evitando di prestarsi alle squallide operazioni di disinformazione. La verità è sempre difficile da cercare, ma l’obiettività e l’onesta del racconto sono doverose. Papa Francesco ci spinge ad andare e vedere, ci chiede di tornare a consumare la suola delle scarpe, appunto, ma bisogna saper dove andare e quali mezzi usare. Bisogna essere molto preparati oggi, perché le trappole sono infinite.
E’ finita da tempo l’epoca del giornalismo romantico. I miei anni più belli della professione sono stati quelli trascorsi fuori dalla redazione, in giro per il mondo a parlare con le persone, a farmi raccontare le loro storie per raccontarle poi a voi. E’ vero come dice Papa Francesco che “nulla può mai completamente sostituire il vedere di persona. Alcune cose si possono imparare solo facendone esperienza. Non si comunica, infatti, solo con le parole, ma con gli occhi, con il tono della voce, con i gesti.”
E’ questa la sfida che ci indica il pontefice, comunicare con le persone, ascoltarle, sentire le loro verità e metterle a confronto. Dobbiamo tornare a fare le domande, quelle giuste, quelle scomode. E’ quello che stiamo facendo mi chiedo e chiedo a tutti i colleghi che amano questo mestiere e che per tanti giovani continua ad essere un sogno da inseguire? Lo stiamo facendo?

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