Giornalismo sotto attacco in Italia

Ciao Vittorio, grazie di tutto

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Conobbi Vittorio e Paolo Taviani quando pensammo – con il Circolo di Libertà e Giustizia di Roma – di porre una targa a Rebibbia, in memoria del film “Cesare deve morire”, che i due fratelli girarono tutto in quel carcere. Ebbi il numero di Paolo, lo chiamai e sentito il progetto, mi rispose che non valeva la pena. Poi, quando capì che l’intento era dare una soddisfazione ai detenuti, si convinse, ma pose come condizione che li andassi a prendere a casa.

In macchina parlammo del film, delle difficoltà di girarlo in un penitenziario, con persone non proprio serene. “E invece ti sbagli – mi disse Vittorio, imponendo subito il “tu” tra di noi – Non ho mai sentito persone così vogliose di recitare, come i detenuti. Si preparavano per ore sui loro copioni e quando chiedevamo di rifare una scena non c’è stato mai un problema, ma volevano solo sapere disperatamente dove avevano sbagliato”. “Rebibbia è una comunità – aggiunse Paolo – e durante le riprese tutti erano coinvolti in quella magia, anche le guardie. Quando chiedevamo il silenzio, prima di dare l’azione, non volava una mosca e si sentiva in lontananza il rumore del traffico della Tiburtina fuori dalle mura di cinta”.
Quando scoprimmo la targa di marmo, ci fu un momento di commozione nell’applauso dei detenuti, guardie e autorità. Io ero vicino a Vittorio, che mi disse visibilmente turbato dietro alle sue lenti arancioni: “Questo applauso mi ha commosso più di quello di Berlino”. Uscendo, incrociai un detenuto che aveva recitato nel film, gli chiesi cosa provava. “Non lo so, sento un’emozione che me fa scoppia’ er core. Tutti siamo profondamente affezionati ai maestri, perché con loro abbiamo organizzato la più grande evasione de massa. Quella dalla bruttezza. Recitare m’ha fatto guarire dalla tristezza. Lo voglio fare ancora. Anzi, sempre”.
Testo della targa:
In questo luogo, i detenuti diretti da Vittorio e Paolo Taviani
hanno girato il film “Cesare deve morire”
dimostrando, insieme,  che la dignità non muore mai
e l’arte la illumina
Ciao Vittorio, grazie di tutto.

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