Zucca. Tortura e vertici di polizia. La verità fa sempre scandalo anche a un corso per avvocati e giornalisti

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Una scomoda verità sulla quale, allora, “dagli addosso alla pelle dell’orso”. E se poi l’orso è un magistrato, oggi sostituto procuratore generale, ma protagonista di molte delle indagini sul G8 di Genova allora ancora meglio. Perché così si può scatenare il capo della polizia che si era scusato (alla luce delle reazioni sui fatti dell’altro ieri erano e sono state sincere e credibili?) con una lunga (ritardata di oltre 15 anni) confessione giornalistica su Repubblica proprio per i fatti di Genova 2001. Ma questa volta per bastonare il magistrato, Enrico Zucca, perché a un corso di formazione dell’ordine degli avvocati di Genova, condiviso anche dall’Ordine dei giornalisti della Liguria, quindi in un consesso di noti attentatori delle istituzioni, ha ricordato come ai vertici della polizia in passato e nel presente si siano tenuti «dei torturatori o chi li ha coperti». Con riferimenti precisi anche agli anni di piombo (l’ex funzionario Ucigos De Tormentis (1) e i “quattro dell’Ave Maria”) e al 2001 «anno tragico e drammatico non solo per la vicenda genovese del G8 ma per il quadro internazionale, l’11 settembre e quanto ne derivò». I processi hanno confermato come ci fu tortura anche se all’epoca non era prevista come reato (difficilmente potrà esserlo anche con la legge approvata nei mesi scorsi) nella sezione del carcere provvisorio (primo e unico caso dell’Italia repubblicana) nella caserma di polizia di Bolzaneto, o abusi vari su arrestati che non dovevano essere arrestati come nel caso della Diaz.
Enrico Zucca non ha detto nulla di sconvolgente e, tantomeno, ha parlato tanto per ottenere “due righe in cronaca”, basta ascoltare il lavoro-video della giornalista genovese di Repubblica, Giulia Destefanis (componente della giunta della Associazione Ligure dei Giornalisti della Fnsi).
E vanno tenuti presenti alcuni elementi anche per chiarire cosa molti politici (ma non sarebbe quasi una notizia), alti vertici della polizia e anche un po’ i media hanno confuso o fatto finta di non sapere per creare ancora più confusione. Posso dirlo perché c’ero, dall’inizio alla fine e le registrazioni del confronto sono lì a dimostrarlo.

Innanzitutto IL LUOGO. Ovvero il centro formazione degli avvocati genovesi. Il corso era sui diritti delle persone all’estero oltre che nel loro paese. Con al centro il caso Regeni i cui genitori erano tra i relatori con l’avvocato Alessandra Ballerini e il giornalista Giuliano Foschini di Repubblica, il presidente della sezione ligure dell’Anm Domenico Pellegrini e il presidente dell’ordine forense genovese, Alessandro Vaccaro. Un legale, Vaccaro (tanto per capirci), criticato da alcuni legali (tranquilli, non è un pericoloso anarcoinsurrezionalista, è un laico) per avere partecipato all’inaugurazione della sede degli avvocati di strada di Genova nella sede dell’associazione di don Gallo ribadendo che i diritti sono di tutti e i legali devono sempre ricordarsi di tutelare i deboli.

I FATTI. Enrico Zucca è stato introdotto nell’intervento da Giuliano Foschini che ha collegato la domanda al magistrato con quanto avevano detto poco prima i genitori di Giulio, sulle istituzioni, sulla tortura, le loro delusioni, la volontà di esserci sempre e di non mollare. Zucca ha centrato, in sostanza, tre elementi.

I PRINCIPI E LA LORO “FEDE”. Principi di diritto e di democrazia, dei diritti delle persone (tema peraltro sottolineato nell’intervento del presidente dell’Anm Ligure, Domenico Pellegrini), la credibilità delle istituzioni che si misura anche sulla capacità di reazione alle violazioni e sulla nostra capacità di rivendicare i diritti umani: oggi come e quanta ne abbiamo? O diamo per scontato che determinati fatti, regole cadute o non rispettate per esigenze di sicurezza o ragion di stato siano accettabili?

LA RAGION DI STATO E LE RAGIONI DI SICUREZZA. Elementi che nei fatti hanno come effetto, con la loro accettazione, «quello di annullare o di impedire l’accertamento della giustizia (…) di impedire la giustizia (…) ripetendo il corto circuito non c’è verità senza giustizia, non c’è giustizia senza verità (..) insomma non c’è pace senza giustizia». Temi e parole da sovversivo? Forse, ma detto da laico, più da scandalo evangelico ( Zucca ha anche sottolineato un paio di volte come i diritti siano oggi un principio molto relativizzato) che da richiesta di sanzioni o stracciamento delle vesti del capo della polizia.

LA TORTURA, CHI LA COPRE, CHI LA PRATICA: ROBA DA PROFESSIONISTI. A spiegare che la tortura non è cosa “banale” o occasionale, parlando dell’Egitto, era stata poco prima di Zucca, la mamma di Giulio Regeni. Zucca ha costruito il suo ragionamento dopo quello sui principi. Ricordando – facendo le debite differenze tra Italia ed Egitto – la difficoltà o talvolta anche il ritardo nell’azione dei pm in queste indagini. Ancora: «la tortura non è una una cosa sporadica (…) Non possiamo trascurare il fatto che la tortura non è da dilettanti ma da professionisti (…) è istituzione perché non è sporadica o eccezionale (…) se in Egitto si tortura in quel modo è perché “necessita”» ovviamente «al sistema dittatoriale». A questo punto lo snodo per dire, in sostanza «come facciamo con la nostra storia (…) persone che hanno coperto o tenuto torturatori ai vertici della polizia (…) con che voce possiamo chiedere all’Egitto di consegnarci la verità cioè i torturatori?».
Ecco lo scandalo, la notizia clamorosa (?). Zucca ha semplicemente ricordato dei fatti: le sentenze del G8, indirettamente le promozioni (ne abbiamo parlato a lungo qui in Articolo 21) di condannati e inquisiti. I fatti degli anni di piombo (il caso De Tormentis e i “quattro dell’Ave Maria”). Cosa ha detto di diffamatorio? Che (da sentenza) «le nostre forze di polizia non ci hanno consegnato un torturatore (…) a Bolzaneto non siamo stati in grado di consegnarci nessun torturatore (..)». Oppure che «a una verità brutta, scomoda, ci siamo abituati»? Certo ha ribadito il concetto un paio di volte. E allora? Sconvolgente e diffamatorio per il capo della Polizia avere ricordato fatti e sentenze? Il “pudore” e i ritardi (e solo dopo reiterate condanne della Cedu) con cui l’Italia ha approvato una (blanda e di difficile applicazione) legge sulla tortura? Oppure avere invitato i genitori di Giulio a non «sentirsi petulanti (…) o portatori di istanze scomode (…)» continuando «a sbatterci faccia la realtà»?
Ecco cosa 17 anni dopo il G8 è accaduto in un pomeriggio guarda a caso, nuovamente di Genova, non in un rodeo di piazza con vetrine in fiamme, ma a un corso di formazione sui diritti. La verità, infatti, spesso è scomoda e a quella odiosa, schifosa, citata da Zucca o ci stiamo abituando o c’è chi lo ha già fatto da tempo. A Genova 2001 arrivammo (anche molti di noi) assopiti e tranquilli. Anzi scandalizzati per quelli come Zucca, i genitori di Giulio, Alessandra, che continuano a «sbatterci in faccia la realtà».

(1) Nicola Ciocia Era un funzionario di polizia noto nell’ambiente con lo pseudonimo di professor De Tormentis con squadre speciali di intervento una detta i 4 dell’Ave Maria. professor De Tormentis parla diffusamente il libro di Nicola Rao: Colpo al cuore. Dai pentiti ai metodi speciali: come lo Stato uccise le Br. La storia mai raccontata. Venne intervistato da Il Corriere della sera (10 febbraio 2012) e ammise di essere la persona indicata appunto con lo pseudonimo di «professor De Tormentis». Ad attribuirgli il soprannome spiega il Corriere – fu Umberto Improta del quale Ciocia fu uno stretto collaboratore


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