Immigrati. Un’opportunità per l’economia italiana

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Poiché l’Ismu – Istituto per lo Studio della Multietnicità che fa capo alla Fondazione Opere sociali della Cariplo – nel XXII Rapporto sulle migrazioni stima che al 1° gennaio di quest’anno la popolazione straniera in Italia abbia raggiunto i 5,9 milioni, fra regolari e irregolari, oggi, 1° dicembre 2016, è molto probabile che il muro dei 6 milioni sia stato superato. Gli stranieri in Italia, dunque, sono ormai poco meno del 10 per cento del totale della popolazione. Il Lussemburgo detiene in Europa il primato della percentuale più alta di presenze straniere rispetto alla popolazione locale (oltre il 40 per cento) ma notoriamente è la Germania il Paese membro con più cittadini stranieri, seguito da Regno Unito, Francia, Spagna e Italia che si trova dunque al 5° posto.
Insomma, l’anno che sta per chiudersi ha fatto registrare, per quanto riguarda gli ingressi in Italia, un aumento di 52mila unità (0,9 per cento in più) rispetto all’anno precedente, dovuto soprattutto agli irregolari (+31mila).

E di che ci vogliamo meravigliare? Eppure lamenti, accorati allarmi per imminenti ondate, addirittura “invasioni” migratorie fanno ormai parte della quotidiana colonna sonora, fatta di luoghi comuni ascoltati sul bus, al mercato, in tv. E’ anche vero però che negli ultimi cinque anni il numero di migranti sbarcati sulle nostre coste è quasi triplicato: dai 63mila del 2011 ai 154mila del 2015, passando per la punta dei 170mila del 2014 e, alla fine dello scorso novembre, sono 171mila i nuovi arrivi via mare registrati. Di fronte a questi numeri (molte manifestazioni pubbliche di piazza raccolgono una folla ben più numerosa!), viene onestamente da pensare che qualcosa non funzioni a dovere nel sistema dell’informazione o, quantomeno, che a gettare benzina sul fuoco non siano legittime considerazioni di carattere sanitario, economico, sociologico, culturale. Ma allora di che cosa si tratta?

E non è tutto. Dal Rapporto Ismu si rileva che nel 2015 178mila immigrati hanno acquisito la cittadinanza italiana contro i 130mila del 2014 e i 60mila del 2012. Questi dati indicano  che gli immigrati in Italia vanno sempre più verso la stabilità e l’integrazione. E grazie – si potrebbe obiettare – “… loro vanno avanti, siamo noi che andiamo indietro …”. Niente di più sbagliato e falso. Negli ultimi anni, la natalità degli stranieri – tanto per fare un esempio – è scesa gradualmente: dagli 80mila nati del 2012 si è passati ai 78mila del 2013, dai 75mila del 2014 ai 72mila del 2015. Quindi, anche se fortunatamente il loro contributo allo svecchiamento della popolazione italica rimane comunque importante, è evidente che si stanno sempre più adattando al modello riproduttivo della nostra società. “Sì, siamo noi i babbei: loro chiedono asilo politico e …”.

Più della metà delle istanze esaminate – questo è il dato – viene respinta. Le domande di asilo sono cresciute nell’ultimo triennio, passando da 63mila richiedenti nel 2014, a 84mila nel 2015, e a 98mila nei primi dieci mesi del 2016, ma l’esito è stato negativo nel 56,2 per cento dei casi, e lo status di rifugiato è stato riconosciuto appena al 6,2 per cento dei richiedenti. Il 78,5 per cento degli stranieri, così, viene ospitato in strutture di accoglienza temporanee, il 13,2 nei centri del sistema Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), e il restante 8,3 negli hostpost e centri di prima accoglienza nelle regioni di sbarco, che tanta attenzione hanno suscitato negli organismi internazionali.

Continuano a diminuire drasticamente gli ingressi per motivi di lavoro, mentre aumenta l’incidenza dei permessi legati a motivi familiari. Già il 2015 aveva messo a segno un aumento dell’occupazione straniera (+ 2,8 per cento rispetto all’anno precedente) e contestualmente, per la prima volta dopo diversi anni, una diminuzione dei disoccupati stranieri, portando la quota di immigrati senza lavoro al 18 per cento dei disoccupati complessivi.
Gli immigrati, in ogni caso, corrono un rischio doppio rispetto agli italiani di diventare poveri. La maggior parte di loro lavora nel settore dei servizi e ben l’87,5 per cento degli occupati svolge lavoro dipendente e non qualificato. Ai primi posti troviamo i braccianti agricoli (oltre mezzo milione quasi tutti a tempo determinato), gli addetti all’assistenza personale (oltre 161mila), i collaboratori domestici (oltre 138mila), i camerieri (oltre 128mila).

Gli immigrati costituiscono un’opportunità per l’economia italiana. Molti non lo ammetteranno mai, ma i numeri parlano chiaro e, in particolare, quelli che hanno a che fare con il Pil: concorrono per l’8,7 per cento alla produzione del Prodotto interno lordo, hanno innalzato di quasi 4 punti percentuali la sua crescita cumulata negli ultimi anni di espansione e, durante la crisi, ne hanno limitato la decrescita di 3 punti. Non basta? Siamo proprio di coccio… E dire che gli immigrati sanno far risparmiare anche la sanità pubblica. L’analisi dei ricoveri conferma la tendenza degli stranieri a utilizzare i servizi ospedalieri in modo più contenuto rispetto agli italiani, sia per quanto riguarda i ricoveri, sia in regime di day hospital.

Chi sono dunque questi nostri nuovi concittadini? Il primato va ai rumeni, seguiti dagli albanesi, poi i marocchini con quasi mezzo milione di residenti ciascuno. La metà invece sono rispettivamene i cinesi e gli ucraini, mentre i filippini, gli indiani e i moldavi si attestano attorno alle 150mila unità ciascuno. La maggior parte vive al Nord, ma crescono i residenti al Sud. Sono equamente divisi tra maschi e femmine, anche ci sono alcuni gruppi dove prevalgono le donne (ucraini, brasiliani e moldavi) e altri gli uomini (senegalesi, bangladesi, egiziani e pakistani). Un quarto dei residenti extracomunitari è minorenne.

Si prevede che – smaltito il flusso da Siria e Medio oriente, già in significativo declino – gli arrivi dall’Africa sub-sahariana continueranno a crescere nei prossimi decenni, visto che è prevista in quelle aree, le più povere del mondo, un boom demografico senza precedenti. L’Onu rileva che negli ultimi quindici anni i migranti a livello planetario sono aumentati del 41 per cento, cioè a una velocità doppia rispetto al ritmo di aumento della popolazione mondiale. Le popolazioni dell’Africa sub-sahariana premeranno ai confini dell’Europa con 400 milioni di abitanti in più tra oggi e il 2036, di cui 166 milioni saranno giovani tra i 20 e i 44 anni.


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