Grecia, il dramma delle carenze dell’accoglienza e della violazione dei diritti umani

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Ogni qualvolta si torna dalla Grecia, dopo aver passato giorni in mezzo ai rifugiati, si avverte il bisogno di predisporre un report sulla loro situazione affinché tutti possano raccogliere strumenti efficaci per comprendere quello che sta accadendo.  I nostri mezzi di stampa, ormai presi dalla Brexit e dalla cronaca quotidiana, non si occupano più dei migranti e quando ciò accade è solo per elencare i numeri degli sbarchi o dei naufragi.

Alle fughe dall’Africa subsahariana si sono unite le drammatiche vicende dell’ultima guerra che, scoppiata in Siria, prosegue da ben cinque anni. I dati sono impressionanti. 1/3 della popolazione è stato costretto a scappare dalle loro case: 1,3 milioni di persone si sono rifugiate nei paesi confinanti e altrettanti hanno temporaneamente abbandonato il Paese, altri 4 milioni sono sfollati all’interno della Siria stessa. A questi numeri si aggiunge il dato allarmante che ci mostra come più della metà della popolazione siriana vive al di sotto della soglia di povertà.

L’anno 2016 si è aperto con un nuovo esodo di persone in fuga dalle guerre e dalla miseria. Da gennaio ad oggi 100.000 esseri umani- bambini, donne, uomini- sono sbarcati nei porti d’Europa, in Grecia e in Italia, chiedendo accoglienza e protezione sociale. In cambio hanno ricevuto dal Consiglio d’Europa risposte dettate dalla paura: il Vecchio Continente si deve difendere, c’è bisogno di controllo, si devono costruire muri. Mai una parola sui drammi che vivono le persone in fuga. Mai una riflessione sui corridoi umanitari che, oltre a proteggere le persone intralcerebbero il traffico clandestino e lo sfruttamento dei profughi.

Questo nostro ultimo viaggio, appena conclusosi in Grecia, organizzato insieme a CalabriaXIdomeni ed Islamic Relief per consegnare alle bambine e ai bambini libri in lingua araba, colori, quaderni, giochi e pacchi alimentari, ci ha ancora una volta immersi nel dramma delle carenze dell’accoglienza e della violazione dei diritti umani.
In quei giorni siamo riusciti, con il prezioso aiuto di Carry the future, ad entrare in alcuni centri di accoglienza governativi. Quello che avviene all’interno dei campi greci, a pochi km dalla movida delle isole turistiche e dal Partenone simbolo di un Paese che fu la culla della civiltà occidentale, è palese agli occhi di chi si ferma ad osservare. Le condizioni dei rifugiati sono drammatiche: carenza di cibo e di assistenza sanitaria, assenza di supporto psicologico, scarsità di strutture igienico-sanitarie, abitazioni per lo più arrangiate e mancanza di spazi adeguati per i bambini.

Dai calcoli, il 50% circa dei rifugiati è composto da bambini e donne e di queste 1/10 è in stato di gravidanza, vivono la loro attesa sdraiate in terra sotto il torrido caldo filtrato esclusivamente da una tenda che di certo non può difenderle dalle zanzare. Le punture degli insetti che per molti di noi rappresentano solo il campanello dell’estate che sta arrivando, sono un altro grave problema a cui si deve far fronte nei campi. Ci si chiede se sia il caso di lamentarsi anche delle zanzare…la risposta sono le gambe tumefatte, ferite e spesso infette dei bambini.

Nel mese scorso Idomeni che, nonostante le condizioni terribili in cui si viveva rappresentava, anche grazie all’impegno di molti volontari indipendenti, un momento di forte comunione tra i popoli, è stato sgombrato. Le oltre 7.000 persone lì presenti si sono ritrovate costrette a vivere in tende ravvicinate le une alle altre, all’interno di capannoni e fabbriche abbandonati. Luoghi angusti e grigi in cui non circola aria e dove tutti i servizi sono insufficienti. E’ di questi campi che vi parlerò nelle prossime righe.
Non in tutti è stato possibile visitare ogni singola tenda allestita. A Nea Cavala, dove al momento attendono il via libera circa 3000 persone tra cui circa 950 bambini al di sotto dei 15 anni, ci siamo potuti occupare esclusivamente della distribuzione del materiale didattico, ma è stato sufficiente per renderci conto delle scarsissime condizioni igieniche. Volti e capelli sporchi, vestiti luridi accompagnano la fuga dalla guerra.

Nel campo di Petra, organizzato all’interno di un Ospedale Psichiatrico, le decine di tende che accolgono 1200 persone, tra cui 577 minori di cui 259 al di sotto dei 6 anni, sono collocate in uno spazio aperto senza alcun riparo dal sole. Il campo è allestito alle sommità del Monte Olimpo e la protezione dallo scorrimento delle acque piovane viene assicurata solo da precari muretti di pietre ammassate. Il leitmotiv del nostro viaggio è il degrado dei servizi igienici-sanitari: qui a Petra, le docce sono soltanto16 ed i wc 20.

Il Nireas Camp, allestito all’interno di un camping, accoglieva 300 persone di cui 140 minori. Repetita iuvant: docce, wc, igiene sono un miraggio. Proprio in queste ore, tra l’altro, il campo è stato sgombrato: sono in arrivo i turisti che per la Grecia, sull’orlo del fallimento, rappresentano qualche decimale in più di PIL.
Gli ospiti di Nireas, dopo serrate trattative con le forze di polizia, sono stati costretti a raggiungere Iraklis.  Nei due giorni passati in questo campo, dove già vivevano 50 famiglie con 80 minori, avevamo avuto l’impressione che la situazione fosse diversa grazie ad una più bassa densità di popolazione al suo interno, ma gli ultimi sgombri del campo di Nireas ci hanno fatto ricredere. Le testimonianze ad oggi ci dicono di bimbi che piangono per il bisogno di latte e di donne e uomini malnutriti che vedono vendere all’esterno del campo la frutta a loro destinata.

Infine, un accenno a Sinatex, un magazzino abbandonato che ospita, in uno spazio ristretto, ben 71 famiglie ed oltre un centinaio di bambini. Nonostante ci sia stata interdetta l’entrata, abbiamo potuto condividere con quelle famiglie delle ore intense: l’incontro con alcuni rifugiati già precedentemente conosciuti nei passati viaggi dei ragazzi di CalabriaXIdomeni, ci ha permesso di fare un viaggio virtuale all’interno di Sinatex. La situazione è la medesima di tutti gli altri campi, i nostri presentimenti sono stati confermati.

Per rispetto della vita di tutte le bambine e i bambini, le donne e gli uomini che abbiamo imparato a conoscere nel corso dei nostri viaggi, non mi fermerò qui a riferire alcuni singoli drammatici episodi condivisi giorno dopo giorno, sarebbe riduttivo poiché ognuno di loro ha il diritto di esser raccontato.
La situazione laggiù, nonostante gli sforzi del Governo greco e delle poche Organizzazioni Non Governative che ancora possono prestare aiuto in alcuni dei campi, è oltre ogni immaginazione. Il tempo passa e i giorni che si susseguono acuiscono le sofferenze quotidiane dei rifugiati.

La carenza di cibo nei campi è angosciante. Proprio da questo bisogna partire. Dalla fame. Il cibo, che viene offerto 3 volte al giorno, non tiene conto dell’esigenze dei più fragili né tantomeno delle urgenze alimentari per la crescita dei bambini. La carenza nutrizionale è più che evidente poiché nei campi si mangiano quasi esclusivamente cereali e patate; il pollo, l’unica carne a disposizione, viene proposta una volta a settimana e i più fortunati possono ambire sporadicamente ad ottenere un uovo sodo.
E’ doloroso riportare un dato di fatto che non può essere ammissibile nell’Europa del XXI secolo: i bambini usufruiscono della stessa inadeguata dieta degli adulti e possono contare solamente su due bicchieri di latte al giorno.
La fame è la prima manifestazione della povertà e una violazione dei Diritti Umani. Farla provare ad un essere umano è molto più che una questione di diritto al cibo, è la palese negazione della dignità dell’uomo e del diritto stesso alla vita.

Primario è altresì il diritto alla salute, ovunque assente. Nei centri di accoglienza il personale medico interviene in modo del tutto casuale e le cure sono spesso tardive, peggiora la situazione l’assenza di interpreti in grado di agevolare la comunicazione dei bisogni dei più deboli. I malati sono abbandonati a loro stessi, le donne incinte si ritrovano ad affrontare i mesi della gravidanza e il travaglio in condizioni disumane. Raggiungere gli ospedali è difficoltoso poiché i campi sono situati lontano dai centri abitati, come a voler proteggere la popolazione greca dalla vista di una simile realtà a soli pochi passi da loro.
Disarmante è rendersi conto che quando ci si ritrova a contatto con i rifugiati, nonostante le condizioni sopra descritte, è il loro stato di ansia che ti sconvolge. L’apprensione di queste donne e uomini nasce dalla totale mancanza di indicazioni precise sul loro futuro. Le informazioni che giungono ai campi sono approssimative e spesso contraddittorie, al punto che alcuni continuano a consegnare le loro vite ai trafficanti che ne mercificano le sofferenze.

La trasmissione di notizie sulla condizione dei rifugiati è importante ma non basta continuare a parlarne e a scriverne. Addirittura l’intervento delle ONG, ormai sempre più ridotto, e i grandi sforzi dei volontari indipendenti come i miei compagni di viaggio di CalabriaXIdomeni, non sono sufficienti. Alla condizione drammatica in Grecia e alla situazione altrettanto critica in Italia, alla Siria ormai ridotta in macerie e a tutti i popoli in fuga dai conflitti, ad un’Africa subsahariana che da secoli muore di fame e di sete, l’Europa non è in grado di rispondere in modo umano e coerente con quei valori che hanno caratterizzato la nascita stessa del Vecchio Continente.

A questo punto è l’Europa che deve cambiare rotta e, in modo coraggioso, contrapporre ai muri l’accoglienza e l’inclusione.

 

*Coordinatrice Servizio Rapporti con le ONG- Uil Nazionale


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