“Lampedusa in Winter”, il contravveleno ai “piazzisti da quattro soldi

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Locarno. Attutite, ma arrivano, le polemiche di questi giorni in Italia: vere e proprie sciocchezze e speculazioni sulla pelle di povera gente che lascia la sua terra per sfuggire da guerra, fame, violenza, morte; e ti vergogni, eccome, di condividere la nazionalità con individui come il leader della Lega Matteo Salvini, o quello del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo; provi anche a cavarci una battuta, uno sberleffo: sono la prova che Darwin ha ragione. Ma non è poi cosi’ divertente, le scimmie potrebbero risentirsene; provi anche vergogna per il fatto che non sono isolati, anzi sono seguiti: non saranno la maggioranza come garantisce il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, ma una discreta, consistente minoranza, si’; e ti chiedi come sia possibile che si sia arrivati a questo punto.

Fosse poi solo da noi…In Regno Unito e in Germania, nei «civilissimi» paesi scandinavi e in Francia, in Spagna e un po’ ovunque, stessi toni, stesse parole d’ordine, stesso «comune sentire». Avvilisce soprattutto che non ci sia una risposta politica e di «ragionevolezza», a questo tsunami di stupide speculazioni; una parola, per dire, del sempre loquace presidente del Consiglio; o di qualcuno dei «suoi», per ricordare che misericordia e pietà, pena, solidarietà, non devono essere solo parole. Cosi’ ecco che all’anticlericale per scelta e vocazione tocca dire: per fortuna che c’è il Vaticano. Per fortuna che c’è questo papa: un «migrante» anche lui, che ci ha subito ricordato di esser venuto da «un paese quasi alla fine del mondo»: da quell’Argentina la cui storia ci è praticamente ignota, ma che pullula di cognomi italiani. Che laggiu’, a «quasi la fine del mondo», non ci sono andati per turismo. Per fortuna che qualcuno, il segretario generale della Conferenza Episcopale Italianam Nunzio Galantino in questo caso, li bolla per come meritano: «Piazzisti da quattro soldi che pur di prendere voti, di raccattare voti, dicono cose straordinariamente insulse!».

Cerco (e trovo) qui al festival del cinema di Locarno, un antidoto alle congiunte corbellerie leghiste e pentastellute. Lo trovo, in un film di una novantina di minuti del regista e produttore viennese Jakob Brossmann, è una co-produzione che vede insieme capitali austriaci, italini e svizzeri. Si chiama «Lampedusa in Winter», il film. Brossmann ci ha già dato un «corto»: «Call back», del 2010; e «A Days Work», del 2011. Oggi questo film su lla realtà di Lampedusa.

L’isola dei rifugiati, Lampedusa: che d’inverno assume un’aria dimessa, desolata: finita la stagione turistica con la sua effimera gioiosità, restano i problemi: gli «immigrati», che fortissimamente vogliono essere trasferiti «in continente», per poter cosi’ cominciare a dare corpo a quel sogno lungamente coltivato, e per il quale si sono sottoposti all’inferno di viaggio che hanno patito. Accade, i problemi sono sempre «plurali», che il vecchio traghetto che collega l’isola con la terraferma sia andato distrutto, bruciato. Il sindaco Giusi Nicolini e i pescatori cercano un’altra imbarcazione, ma non è cosi’ facile, cosi’ semplice. Alla fine il trasporto dei rifugiati avviene per via aerea, mentre i pescatori occupano il porto in segno di protesta. Ora Lampedusa è isolata. Poche le scorte di cibo, si comincia anche a litigare, ci si guarda storto… Tutto con molta «semplicità», una narrazione didascalica, sono le immagini, i volti, i particolari che contano; di un commento parlato non c’è necessità…

Lampedusa: una piccola comunità ai confini d’Europa, e la sua strenua lotta per la solidarietà con i rifugiati africani, candidata, non immeritatamente, al premio Nobel per la pace. Speriamo che questo film arrivi anche in Italia; e Salvini e Grillo ci facciano il piacere.


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