Antonio, Angel e José. Non si spengano i riflettori sulla scomparsa dei tre giornalisti spagnoli

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Antonio Pampliega, Angel Sastre e José Manuel Lopez. Tre nomi comparsi fugacemente in qualche breve di notiziari radio e tv o in un box notizia su qualche quotidiano. Eppure Antonio, Angel e José stanno vivendo forse in questi giorni il dramma che qui in Italia qualcuno conosce bene. Sono tre giornalisti free-lance spagnoli. Sono entrati in Siria lo scorso 10 luglio. Volevano raggiungere Aleppo. Dopo tre giorni pero’ se ne sono perse le tracce. La notizia non e’ stata divulgata subito, ma qualcuno ha rotto il silenzio imposto dalle autorita’ spagnole e così si e’ saputo della loro scomparsa.

J.M. Lopez i primi di luglio era venuto in Italia, a Trieste, per ritirare il Premio Luchetta per la Fotografia, vinto grazie a un’immagine scattata a Mogadiscio. Dei bambini che giocano su una rampa in una citta’ sconvolta da oltre venti anni di guerra. Uno dei tanti conflitti dimenticati e che solo qualche reporter coraggioso ancora cerca di  raccontare.

La stessa sorte che vive il conflitto siriano. Lo aveva detto Lopez a Trieste ad alcuni di noi, a breve sarebbe ripartito per tornare ad Aleppo dove gia’ era stato altre volte. Era consapevole dei rischi di questa missione, ma assieme ai suoi colleghi sarebbe partito comunque.

Sparire in Siria, ormai da anni, vuol dire quasi certamente essere rapiti. Lo sanno bene altri giornalisti stranieri, lo sa bene qui in Italia Domenico Quirico de La Stampa che due anni fa e’ entrato in quell’inferno e ne e’ uscito dopo cinque mesi terribili di prigionia. Era andata meglio ad Amedeo Ricucci della RAI, “trattenuto” SOLO per una decina di giorni assieme ad altri colleghi free lance italiani, Susan Dabbous, Elio Colavolpe e Andrea Vignali.

E’ il motivo per il quale ormai i giornali di quasi tutto il mondo non mandano piu’ loro inviati. Sono ormai pochissimi i direttori “coraggiosi” che si assumono questa responsabilita’ anche se il conflitto siriano e’ forse quello piu’ ingarbugliato tra i tanti  che stanno dilaniando il Medio Oriente e che per questo dovrebbe essere raccontato con testimonianze dirette. Ma i rischi sono troppi.

E così a farlo sono ormai rimasti  i free-lance come i tre colleghi spagnoli. Per loro non c’e’ un direttore che decide, ma se si riesce a portare a casa un buon prodotto c’e’ la certezza che la fatica e il coraggio verranno premiati. Un lavoro che avrebbe bisogno di maggiore tutela. E’ quello che chiedono da anni i tantissimi free-lance italiani che, come i loro colleghi stranieri, sono pronti a mettere a repentaglio la propria vita per poter raccontare.

Sappiamo che in questi giorni le autorita’ spagnole stanno lavorando e per questo, dopo che qualcuno ha fatto uscire la notizia sui tre loro connazionali, chiedono il massimo riserbo. Lo hanno fatto gia’ in passato per mesi per altri quattro reporter rapiti e liberati. Come ha fatto la Francia per riportare a casa tre giornalisti o l’Italia per Domenico Quirico.  Non solo reporter, anche operatori umanitari,  usati come merce di scambio o per battere cassa.

Va bene per i paesi europei, noi trattiamo, mettiamo in campo i nostri migliori uomini dell’intelligence e chi ha in mano gli ostaggi lo sa. Una politica che non vale per americani e britannici. Lo abbiamo potuto vedere tutti lo scorso anno attraverso le immagini atroci delle decapitazioni di ostaggi che i jihadisti del sedicente Stato Islamico hanno divulgato.

Così anche l’informazione e’ diventata “ostaggio” dei gruppi jihadisti nel conflitto siriano. Un conflitto che “non piace” nelle redazioni dei giornali perche’ ormai… ripetitivo. Lo sa chi di noi si ritrova a partecipare alle riunioni di sommario.
Eppure il caos siriano ha scatenato la peggiore crisi umanitaria di tutti i tempi con oltre 220 mila morti e sei milioni di profughi. Alcuni di loro sono arrivati anche sulle nostre coste…
Antonio Pampliega, Angel Sastre e José Manuel Lopez il 10 luglio sono entrati in Siria per continuare a raccontare questo dramma. Facciamo in modo che i loro nomi non restino solo in una “breve” di un notiziario.


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