Giornalismo sotto attacco in Italia

Renzi vince perché (la)spara.Caffè del 21

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“Jobs act, niente reintegro per i licenziamenti collettivi”, Il Sole24Ore va al sodo: le commissioni delle due camere avevano implorato il governo di non dare, almeno, via libera alle imprese che volessero liberarsi all’ingrosso di loro dipendenti, ma Renzi se ne è fregato. Ha preferito la pace con Sacconi (NCD) e Ichino (rientrato nel Pd), ha voluto rassicurare Confindustria, a costo di  rompere con chi, come Cesare Damiano, gli aveva tenuto bordone sperando di “migliorare” un poco il jobs act. Che grinta, però il Matteo. E i giornali cancellano dalla “prima” Grecia, Libia, hooligans.

“Via ai nuovi contratti di lavoro”, scrive la Stampa. “Via l’articlo 18”, spiega meglio il Messaggero. Il Corriere proprio non ce la fa a sparare un titolo soffietto, perché in fondo con questo Jobs act ce la smenava da un anno, perché per cococo e cocopro niente è meno sicuro se saranno assunti a tempo indeterminato né come, perché il premier aveva promesso per oggi misure sul fisco (niente!), aveva annunciato calci nelle terga a farmacisti e taxisti (rinviato!). E allora? Genialata di De Bortoli, si apre con l’ultimo annuncio: “Renzi cambia la legge delle Tv”. Almeno questa è nuova. Renzi toglierà la Rai ai partiti, viva? Il Fatto chiede se scompariranno anche “Tutti i regali Rai: quadro a Re Giorgio e gioielli ai politici”. Costo, 2 milioni e mezzo. Chissà

Solo Repubblica recupera la Grecia, ma per meglio far comprendere in che contesto si muova Renzi, ovvero in quello di un inevitabile (?) trionfo di rigore e austerità per i popoli, e invece di favori (indispensabili?) a imprenditori e mercati, insomma, ai soliti noti del neo liberismo. E così titola: “La Ue alla Grecia: avete solo 4 mesi. Lavoro, cancellati precari e articolo 18”. Vi chiederete come sia finita davvero, se Varoufakis è tornato a casa con le pive nel sacco, se Tsipras dovrà dire ai suoi elettori che “saltano stipendi minimi e tagli alle bollette” (Repubblica). El Pais: “La Germania impone la sua legge e la Grecia ottiene aiuti per 4 mesi”. Tempo in cambio di rinunce. Certo la Troka  non si chiamerà più Troika, e “le riforme” le dovrà scrivere Atene, per poi sottoporle al vaglio dei creditori. Si comincia lunedì. Varoufakis vede il bicchiere pieno a metà: “un passo avanti nella giusta direzione”. Stabilito che Europa, Obama, Francia e (forse) persino Merkel, non vogliono sbattere fuori Atene dall’eurozona, ora si tratta. Chi ha più filo tesserà.

Torniamo al nostro portento nazionale: lo capisco, sapete? Quando è in difficoltà, si mette la faccia del grullo – lo dice lui – e va avanti a testate. Qui doveva dare un contentino ad Alfano & Company, doveva mostrare a Marchionne che di lui si può fidare, non voleva dare l’impressione di rinviare sempre (Renzi “Mille proroghe”, lo chiama Giannelli).  Dunque ha mollato Landini e Cgil, Bersani e Damiano. Vadano a quel paese. Renzi fa Renzi. E gli altri?

Annaspano. Berlusconi pare che sia tornato alle cene eleganti, mentre i suoi polli (Romani, Senato, Brunetta, Camera) si spennano. Grillo difende l’amico Gino Paoli e i “cittadini” si chiedono sulla sua furia a geometrie variabili. Salvini si trova in Veneto con Tosi che non sopporta Zaia. Le minoranza Pd, che avevano puntato su emendamenti e “miglioramenti” scontano una verità vecchia quanto la politica: se non si parla chiaro non si convince nessuno. E la chiarezza non è proprio il forte di chi non ha ancora elaborato il lutto del fallimento della “ditta”.

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