Il testo prevede pene da 2 a 6 anni di carcere per chi “divulga informazioni confidenziali”, una formulazione che rischia di colpire il cuore del giornalismo: la capacità di scoprire e denunciare verità scomode. La definizione vaga di “informazioni confidenziali” può diventare uno strumento per zittire le inchieste che toccano interessi sensibili del potere.
Il punto 3 dell’articolo amplia ulteriormente la portata punitiva, includendo la diffusione “con qualsiasi mezzo” – quindi anche social network, blog o portali online – e introducendo sanzioni penali per le testate giornalistiche come persone giuridiche. In questo modo, l’attacco non colpisce solo il singolo reporter, ma l’intero sistema dell’informazione indipendente.
Articolo 536: il bavaglio alle opinioni
Ancora più controverso è l’articolo 536, che punisce fino a 3 anni di carcere chiunque rilasci commenti pubblici “atti a influenzare le decisioni di un tribunale”. Una norma vaga e pericolosa: chi stabilisce cosa significhi “influenzare”? Rischia di trasformarsi in censura preventiva, colpendo analisi, critiche e persino legittime opinioni sui processi in corso.
Una simile disposizione potrebbe impedire di denunciare pressioni sui magistrati, prove manipolate o irregolarità nei procedimenti. In pratica, le parole rischiano di diventare reati e il diritto di critica si trasforma in una minaccia legale.
Una deriva autoritaria?
In un contesto europeo dove la libertà di stampa è già sotto pressione – basti pensare agli sviluppi in Ungheria o Polonia – l’introduzione di norme così repressive rischia di collocare l’Albania su una strada preoccupante. Organizzazioni come Reporters Without Borders vedono leggi di questo tipo come indicatori di una regressione democratica.
La risposta necessaria
Difendere la libertà di stampa significa difendere la democrazia stessa. Un giornalista che indaga su corruzione o abusi agisce nell’interesse pubblico, non contro lo Stato. Criminalizzare questo lavoro significa proteggere l’impunità e negare ai cittadini il diritto di sapere.
Il nuovo Parlamento ha il dovere di riesaminare questi articoli con spirito critico, ascoltando giuristi, associazioni di categoria e società civile. Senza un’informazione libera e senza opinioni indipendenti, il dibattito democratico si svuota, si impoverisce e rischia di spegnersi.
