Caro Alberto,
sono Ottavia, Ottavia Piccolo. Da anni vivo al Lido di Venezia – il tuo Lido di Venezia – e in questi ultimi mesi ho preso parte alle manifestazioni che chiedono “Alberto libero”. Ho conosciuto così Armanda, tua madre, e tuo padre Ezio. Anch’io ho un figlio, poco più grande di te e so quanta ansia e preoccupazione ci prendano quando un figlio sta poco bene o lo vediamo anche solo un po’ pallido. Tua madre soffre a saperti lontano, in una situazione che non sappiamo come si sia creata né a che scopo, e sprona tutti noi, amici e associazioni, a tenere viva sul tuo caso l’attenzione, a sollecitare chi con il proprio peso politico può strappare una decisione in tuo favore dopo oltre 150 giorni di silenzio totale. Lo fa con costanza e determinazione, con dignità e rigore, senza cedimenti, senza retorica. Ha gli occhi lucidi, ma sorride. Io la sento allo stesso tempo come un’eroina e come una sorella. Ci diciamo cose da madri. Ma quanto mi piacerebbe fare di più – non so che cosa -, Alberto, per te che sei finito senza ragione in questo gorgo disumano e per lei che merita di uscire da questo incubo che da cinque mesi non le dà un minuto di pace.
Se c’è qualcuno, tra i potenti, che questo di più può farlo, lo faccia.
Alberto, ti aspettiamo presto al Lido. Intanto, un caro abbraccio.
Ottavia Piccolo
(La lettera è stata pubblicata su Repubblica)
