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Bepi Nava, il senso del servizio pubblico

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Credo che chi ha lavorato alla Rai più o meno dal 1980 al 2010 abbia almeno un piccolo debito di riconoscenza per Bepi Nava. Un collega che ha impersonato il servizio pubblico come pochi, svolgendo un ruolo delicatissimo e che avrebbe potuto essere il più divisivo possibile.

Bepi, che nessuno ha mai chiamato Giuseppe, ha lavorato per 40 anni all’ufficio stampa, di cui è stato per molti anni il direttore, e incredibilmente è andato d’accordo con tutti, ha veramente aiutato tutti e si è sempre messo al servizio di ognuno di noi, al servizio del servizio pubblico.

Con Bepi non si parlava di politica, ma solo di azienda e di come rappresentarla al meglio. Ha visto passare innumerevoli presidenti, consiglieri, direttori generali, e per tutti è stato indispensabile averlo accanto per promuovere i prodotti e l’immagine della Rai. Una storia quasi incredibile se si pensa alle battaglie politiche che si sono consumate per la Rai e dentro la Rai. Il suo sorriso sornione, sempre accennato sotto i baffi, accompagnava ogni evento pubblico a Viale Mazzini, che Bepi preparava con gli altri colleghi con la massima attenzione. Poi in conferenza stampa lui seguiva uno schema preciso: introduzione, presentazione dei partecipanti e dell’argomento, quindi spazio a tutti gli altri e lui in seconda fila a rispondere anche a un cenno di un collega, a risolvere ogni problema, a non perdere mai il controllo della situazione.

Nei lunghi anni in cui ho diretto le teche ho lavorato tantissimo con Bepi, sempre divertendoci, sempre in piena sintonia. Non avrei mai voluto scriverne un ricordo, se penso a quante volte mi chiamava per avere le immagini e le fotografie di qualcuno che se ne era andato.

E poi la grande esperienza iniziale di internet. Nel lontano 1995 la Rai ebbe una delle grandi intuizioni che spesso il servizio pubblico ha avuto: capì che la rete internet non sarebbe stata un evento passeggero. Parliamo di un Italia che aveva poche migliaia di utenti collegati da casa con un modem a 14,4, perché internet lo conoscevano solo in alcune aziende e nelle università. Fu formato un comitato fra dirigenti e giornalisti che in qualche modo avevano cominciato a familiarizzare con la grande novità del web. Bepi coordinava gli esperimenti, cercavamo davvero di capire insieme di cosa si trattasse, come avremmo potuto utilizzare questa novità, erano molti attivi i colleghi dello sport e del giornale radio, poi rai educational, ma per alcuni mesi non sapevamo neanche noi cosa dovevamo fare. La stagione pionieristica. E poi c’era il gruppo dei tecnici, con cui all’inizio era letteralmente difficile anche coordinare il linguaggio. Bepi faceva un giro di telefonate e molte riunioni verso le sette di sera, quando erano stati sistemati i rapporti con i giornali. E quando fu realizzato il primissimo sito aziendale fu deciso di darlo in gestione all’ufficio stampa, come era logico, con l’aiuto del famoso comitato. La sera prima che la direzione ICT lo mettesse on line – era poco più di una pagina- facemmo tardissimo tutti insieme letteralmente terrorizzati. Si prendeva la barra delle ultime di Televideo, una pagina per le previsioni del tempo, la struttura aziendale, e poco altro. Nessuno pensava che sarebbe venuto il tempo di Rai Net, per non parlare di Rai Play. E in quel tempo così lontano risento ancora la voce di Bepi che ci ricordava sempre: non possiamo toppare, siamo il servizio pubblico. Ecco Bepi Nava era il servizio pubblico. Come dovrebbe essere, inclusivo, onesto, autorevole, credibile, che riconosce il suo editore in ogni utente che paga il canone.


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