Giornalismo sotto attacco in Italia

A Trieste il giorno di Natale la luce cammina tra gli ultimi

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A seguito della quarta persona migrante morta nel Friuli Venezia Giulia in soli pochi giorni a causa dell’emergenza freddo – l’ultima è stata ritrovata in un capannone del Porto Vecchio di Trieste, ma prima una è deceduta a Pordenone e altre due a Udine -, è cresciuta l’indignazione di persone, Enti del Terzo Settore e realtà associative che operano a favore degli inalienabili diritti delle persone, come Articolo 21, verso questa inumana e colpevole inerzia delle Istituzioni, che continuano ad abbandonare centinaia di persone in strada, negando diritti e dignità, esprimendo di fatto una grave e ingiustificata intolleranza nei loro confronti.

Così è stato con lo “sgombero” parziale da parte delle autorità di alcuni capannoni del Porto Vecchio, senza un autentico interesse per coloro che venivano “sgomberati”, considerati alla stregua dei vecchi e inutilizzabili mobili di una cantina, dimostrando invece quanto si possa esser sordi a dichiarazioni di umanità come quelle fatte solo poche settimane fa da Papa Leone: «Le nostre città non devono essere liberate dagli emarginati, ma dall’emarginazione; non devono essere ripulite dai disperati, ma dalla disperazione».

Per tutto questo già l’11 dicembre scorso tali realtà si erano raccolte in presidio davanti alla sede del Consiglio del Friuli Venezia Giulia come costituendo un Coordinamento regionale per richiedere un incontro con il presidente Fedriga e sollecitare il Consiglio, che in quei giorni deliberava la sessione di bilancio 2026 definendo la programmazione delle principali attività e la destinazione di sei miliardi e mezzo di fondi pubblici, a destinare dei fondi per l’“emergenza freddo” a supporto dei Comuni, soprattutto di quelli di confine, che risentono maggiormente dei flussi migratori (qui il discorso tenuto in quell’occasione dal portavoce del Coordinamento). Le proposte fatte in questa direzione da alcuni consiglieri sono state ovviamente disattese.

A seguito del presidio il Coordinamento della Rete ha valutato di proporre una manifestazione pubblica, cogliendo il moto di profonda e sempre più allargata indignazione verso un crescente odio per gli ultimi, stanziali o migranti che siano.

Per questo importante evento è stata scelta la data del 25 dicembre, giorno di Natale, fortemente evocativo e simbolico in quanto esso stesso portatore di luce. Il Comitato promotore si dice non soddisfatto del luccichio delle feste, quando a essere spenti sono i nostri cuori. Ci si ritroverà pertanto a una fiaccolata intitolata “Luce tra gli ultimi. Un Natale in cammino”, che idealmente vorrà portare gli ultimi dall’interno del Porto Vecchio, luogo di rifugio e al medesimo tempo di abbandono, al centro della città, perché quelle persone siano rese visibili e accolte per quello che sono: con i loro bisogni e i loro diritti. Nella consapevolezza che «gli ultimi sono dappertutto, sono invisibili e sono sia stranieri che italiani: la povertà non ha passaporto! Sempre ultimi restano: sono i più poveri, i più fragili, gli esclusi». Gli scarti di cui dovremmo essere capaci di occuparci.

L’intenzione degli organizzatori – che invitano uomini e donne di buona volontà a ritrovarsi alle ore 18.15 in largo Santos, alle porte del Porto Vecchio – è di «camminare insieme per portare e portarci un po’ di luce, per farci gli auguri per davvero, per abbracciare ed abbracciarci, per essere il più umani possibile».

Un cammino breve al passo del più lento, al quale potrà partecipare chiunque, famiglie con bambini e anziani, anche chi ha difficoltà a camminare, soprattutto chi si sente solo o è stato lasciato solo: «un cammino breve per e con i piccoli».

«C’è stato un tempo – afferma la Rete – in cui Trieste era una grande città, più grande di ora, abitata da genti venute da tutto il mondo: una città cosmopolita e accogliente. Ci piacerebbe tornasse ad esserlo… perché “i migranti sono un dono, non un problema”, diceva papa Francesco. Sono un dono gli ultimi, perché la loro solo presenza ci spinge a mettere in discussione le nostre vite».

La fiaccolata si snoderà in tre momenti: dopo l’introduzione al punto di ritrovo, alle porte del Porto Vecchio, accompagnati dalla musica si farà sosta in piazza Oberdan, dove i giovani della “Rete degli Studenti Medi” promuoveranno un flash-mob e verrà proclamato dagli organizzatori il testo di un Manifesto, che chi vorrà da quel giorno potrà sottoscrivere e che faremo rimbalzare anche dai nostri social; poi il cammino proseguirà per raggiungere piazza Libertà, davanti alla Stazione ferroviaria, dove i partecipanti saranno invitati a portare del cibo da condividere con gli oltre duecento migranti che ogni sera sono assistiti in quel luogo da Linea D’Ombra, dai Fornelli Resistenti e da altre realtà associative, laicali ed ecclesiali che in cordata si prendono cura a partire dagli aspetti sanitari, non ultima la cura dei piedi di chi proviene dalla Rotta balcanica, per arrivare alla donazione di cibo, vestiti e scarpe. Un modo per far sì che quelle persone tirino un sospiro di sollievo e siano accolte nella loro dignità.

Il comunicato dell’iniziativa si conclude con un verso del grande poeta e scrittore di origini triestine Umberto Saba: «Io ritrovo, passando, l’infinito nell’umiltà» e termina con l’esortazione «Possiamo ritrovarlo anche noi». È lo scopo per cui anche noi saremo lì rappresentati per dar spazio a una cultura alternativa a quella dell’indifferenza e del girarsi dall’altra parte.


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