Giornalismo sotto attacco in Italia

La Gazzetta del Mezzogiorno. Poligrafici e giornalisti a casa

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Senza appello quella che suona come una condanna alla forza lavoro  de La Gazzetta del Mezzogiorno – oltre 130 anni di informazione in Puglia e Basilicata -, nel pieno di una crisi iniziata, in sordina con i prepensionamenti sei anni fa.

Ventisette giornalisti (14 professionisti e 13 part time) e ventidue poligrafici, la dismissione di sedi fisiche e il tele lavoro (già avviato a Brindisi e Matera): questo l’orizzonte nero che si profila per l’anello più debole della catena che nella sostanza resta il fondamentale, i lavoratori. E con essi i lettori, patrimonio infungibile di ogni testata.

Perché un giornale chiuso o ridimensionato è una voce in meno sul territorio, un colpo al cuore dell’informazione.

E quella de La Gazzetta del Mezzogiorno è voce storica e autorevole a cavallo di due secoli.

Oggi la forza lavoro di Gazzetta scrive ai suoi lettori, nero su bianco. Come si conviene.

L’assemblea di redazione ha votato in queste ore per lo sciopero di dieci giorni. Il comitato di redazione si esprimerà.

Il panno è stato strizzato assai, i giornalisti delle redazioni per primi hanno sposato la causa collettiva lavorando gratis, i collaboratori esterni continuano l’opera preziosa sul territorio a pochi spicci. Ma la squadra c’è. E resiste e, ancora una volta, si rivolge agli alleati veri, i lettori, chiedendo sostegno e vicinanza.

La situazione, complessa, è esplosa in via definitiva a settembre dello scorso anno quando, il tribunale di Catania dispose il sequestro della quota maggioritaria della società, facente capo a Mario Ciancio Sanfilippo, imputato per concorso esterno alla criminalità organizzata. Da lì gli amministratori giudiziari, poi un nuovo cda e il concordato preventivo.

Il socio di minoranza,  la Denver di  Valter Mainetti, pur avendo manifestato la volontà di rilevare la quota restante e rilanciare la testata, non è passato ai fatti. Almeno fino ad ora.


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