Giornalismo sotto attacco in Italia

Ora hai qualcuno con cui giocare, piccolo Aylan

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E chi potrà mai dimenticare quell’immagine? Il corpicino disteso quasi per dormire, cullato dalle onde e dolcemente da queste portato a riva, la maglietta rossa, le scarpine nuove, come per una festa, e poi il soldato che lo prende in braccio, perché anche gli sguardi devono avere rispetto. Sembrava che il mondo si fosse fermato, che quel piccolo, chiudendo gli occhi, avesse costretto tutti gli altri ad aprirli. Sembrava, appunto.

L’altra notte, più di venti bambini sono morti annegati fra gli stessi flutti che presero Aylan. Quelli che gridavano “bestie!” verso chi metteva in dubbio la necessità di accogliere i disperati, tacciono. Anzi, spiegano che “non possiamo accoglierli tutti”, che nei fatti significa dire al mare di accoglierne il resto, i resti. “La pressione dei migranti mette in dubbio la solidità dell’Ue”, dicono i potenti d’Europa, confessando quanto sia fragile quel consesso, e come sia ipocrita immaginarla possibile solo qualora le cose vadano bene. O forse no, magari non è neppure questo: quell’Unione fu fatta per i ricchi, e vi si accede solo dimostrando la propria ricchezza. Ecco perché la miseria la mette in crisi.

Quel bimbo adagiato sulle sponde del Mediterraneo pareva miracoloso, i discorsi successivi una svolta epocale; lo hanno già dimenticato, se li sono già rimangiati. Alle madri e ai padri di Aylan, i ricchi europei pensano di togliere i pochi averi che la guerra e la miseria hanno risparmiato, e i suoi fratelli maggiori sono guardati con sospetto, perché i bianchi e biondi lo sanno, con quei visi e quei volti, non possono non essere criminali.

Ma tu, piccolo Aylan, non pensare a quello che noi diciamo. Sebbene te ne sia andato troppo presto, sai che questo è un mondo fatto così, dove ci si atteggia al dolore un giorno per lavarsi la coscienza, e si fa nel tempo seguente tutto quello che si è fatto in quello che l’aveva preceduto. Ora hai amici nuovi, là dove sei, e altri ne arriveranno.
Qui, a volte fingeremo di piangerli, solitamente li ignoreremo.


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