Slovenia. La guerra infinita fra Janša e la stampa

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Non sembra esserci possibilità di dialogo, e nemmeno di tregua, nella battaglia ingaggiata dal premier sloveno Janez Janša con i mezzi di comunicazione del suo paese, uno scontro che ora ha anche passato i confini nazionali.

Fin dal suo ritorno alla guida della Slovenia, avvenuta un anno fa, Janez Janša, premier e leader della coalizione di centro destra, ha confermato un rapporto difficile con i media che pubblicavano notizie e commenti ritenuti non favorevoli al governo.

Janša, protagonista della storia slovena fin dalla nascita della Repubblica nel 1991, è presidente del Partito democratico sloveno (SDS), tre volte a capo del governo, e non ha mai nascosto la vicinanza a leader della destra come Orban e Trump, né l’insofferenza verso i giornali considerati non favorevoli alla sua linea.

Una disgrazia nazionale” è stata ad esempio la definizione utilizzata dal premier per indicare l’agenzia di stampa slovena STA, con il tentativo, poi solo parzialmente rientrato, di bloccare i fondi governativi, e non si è salvata nemmeno la radiotelevisione nazionale RTV, accusata esplicitamente da Janša, autore di un saggio intitolato “Guerra con i Media”, di diffondere notizie false con l’intento di attaccare il governo.

Per ora a poco sembrano servire le condanne di questo atteggiamento da parte delle organizzazioni dei giornalisti: gli attacchi a giornali e cronisti ritenuti non favorevoli al governo sono continuati, e il governo ha anche da impedito alle autorità sanitarie di comparire nelle trasmissioni delle reti pubbliche.

Un atteggiamento che a livello europeo ha fatto accostare la Slovenia a paesi come Polonia e Ungheria, su cui molte organizzazioni internazionali hanno sollevato dubbi sullo stato della democrazia e della libertà di stampa, controllata in gran parte dai rispettivi governi.

La pressione esercitata da Janša sulla stampa è stata riportata in primo piano, dopo una lettera di 22 editori sloveni dello scorso ottobre, da un articolo della giornalista Lili Bayer, pubblicato dal giornale belga Online “Politico”, in cui si denuncia un atteggiamento intimidatorio da parte del governo verso la stampa: “Molti – dice l’articolo – accusano il governo di fomentare l’odio nei confronti dei media, tanto che diversi direttori hanno detto di ricevere quotidianamente telefonate, lettere, e-mail e messaggi minatori sui social network. Parecchi giornalisti, inoltre, hanno detto di ricevere pressioni così forti da aver smesso di scrivere di alcuni argomenti – come il ruolo dei movimenti di estrema destra nel paese e degli interessi ungheresi in Slovenia – per paura di ritorsioni”.

E se da una parte il governo e i politici pro Janša accusano la stampa di diffondere notizie false contro il governo, dall’altra giornalisti come la presidente dell’Associazione dei giornalisti sloveni, Petra Lesjak Tušek, sottolineano come “in Europa pochi paesi abbiano vissuto una regressione così rapida nella libertà di stampa e in quella dei media”, e anche Barbara Štrukelj, direttrice di STA, afferma che l’indipendenza dell’agenzia è a rischio.

La reazione contro “Politico” e Lili Bayer non si è fatta attendere: come riportato anche da Radio Capodistria, la radio in lingua italiana della RTV, Janša ha bollato come “bugie” le affermazioni apparse sul portale. “Il servizio è stato commissionato – ha scritto in un tweet – e non racconta la verità facendo riferimento esclusivamente a fonti anonime vicine all’estrema sinistra, ignorando invece le fonti con nomi e cognomi”. “Politico è questo – ha aggiunto – racconta bugie per sopravvivere”.

A contestare la posizione del premier sloveno però è giunta anche l’associazione giornalistica internazionale API-IPA che ha parlato “di un attacco immotivato e sfrontato”. L’inviata irlandese del Times, Naomi O’Leary ha detto che l’attacco mediatico conferma quanto scritto dalla giornalista del Politico, mentre Darren McCaffery, redattore di Euronews, ha invitato il leader dell’SDS a un’intervista senza alcun tipo di filtro.

Janša ha colto al balzo l’occasione, dicendo di essere disposto ad accettare l’invito, ma pubblicando un filmato in cui scorrono le immagini delle proteste antigovernative, nelle quali dei manifestanti auspicano la sua morte, e a sostegno del leader dell’Sds ha parlato, a margine del vertice dei ministri Nato il Presidente di Nuova Slovenia, partito alleato della coalizione di centro destra, e Ministro della difesa, Matej Tonin, affermando che “i giornalisti, come del resto i politici, dovrebbero essere in grado di accettare le critiche”.

Dura la presa di posizione invece della ex Presidente dell’Nsi, Ljudmila Novak, attuale eurodeputata del Gruppo del partito popolare europeo e storicamente ai ferri corti con il leader dell’SDS, che ritiene inopportuni i tweet del Premier: “Non mi meraviglierei se le istituzioni europee decidessero di prendere in esame la Slovenia” ha twittato la Novak, definendo Janša come un personaggio nocivo per la destra slovena. “Quando una persona passa da posizioni di estrema sinistra a quelle di estrema destra, criticando i valori dei Democratici cristiani, non è credibile” sostiene la Novak in una recente intervista al quotidiano Večer.

Janša ha però detto di non aver paura di azioni a livello europeo: “Un’attenta analisi andrebbe attuata anche all’intero panorama mediatico sloveno, sui finanziamenti, sull’origine del patrimonio dei proprietari del Večer, Delo e Dnevnik, – ha detto – sull’operato della giustizia, sulla strumentalizzazione delle istituzioni dello stato, il finanziamento delle ONG…”. L’eurodeputato del EPP/SDS, Milan Zver, “rammaricato” dalla presa di posizione del Politico, “ritenuto un tempo un giornale indipendente”, ha aggiunto che manipolare e fornire notizie fuorvianti ai giornalisti stranieri è una tattica ormai nota, che la sinistra slovena sta attuando da anni.

I colleghi sono in continua ricerca della teoria del complotto nel tentativo di nascondere l’inadeguatezza delle politiche adottate” è stato invece il commento degli eurodeputati, Irena Joveva e Klemen Grošelj, entrambi del Renew/LMŠ. Tanja Fajon degli S&D/SD ha invece fatto sapere via Twitter di vergognarsi del fatto che la Slovenia venga considerata alla stregua di Polonia e Ungheria per colpa di Janez Janša.

Parte della stampa però appoggia le argomentazioni di Janša: a spezzare più di una lancia a sostegno delle argomentazioni del premier Janša sono stati ad esempio il redattore capo e il giornalista del settimanale vicino alle posizioni dell’SDS, Demokracija, Jože Biščak e Vinko Vasle, che hanno inviato una lettera aperta all’autrice dell’articolo incriminato accusandola di essere stata selettiva nella ricerca delle fonti, imparziale e ipocrita. In Slovenia, secondo gli autori della lettera, in questo momento l’85 per cento dei media sono vicini alla sinistra e riescono ad aggiudicarsi il 90 per cento degli introiti pubblicitari. “Se l’attuale premier critica il lavoro svolto dai media, le continue manipolazioni e le bugie che vengono diramate ai suoi danni, allora non possiamo affermare che la libertà’ di stampa è in pericolo” affermano Biščak e Vasle giustificando i tweet del premier. “I giornalisti sono intoccabili? Non possono essere criticati? Sono i detentori di sacrosante verità?” sono le domande che i due autori della lettera si pongono ribadendo che la libertà di manifestare il pensiero è un diritto dei paesi democratici che vale sia per i giornalisti che per i rappresentanti governativi. “Il vero problema” continuano poi Biščak e Vasle e che il maggiore partito al governo sostiene “la difesa dei valori tradizionali quali la famiglia, l’appartenenza nazionale, i generi ben definiti e la lotta all’immigrazione”, tutte posizioni legittime e legali nelle società libere e democratiche.

A difesa di Lili Bayer si è schierata invece l’Associazione dei giornalisti di Slovenia: “Con la diffamazione via Twitter della giornalista – dicono i giornalisti sloveni – Janša ha pregiudicato l’integrità della giornalista e del media che rispetta i standard giornalistici”.

L’atteggiamento di Janša, che a luglio assumerà la presidenza dell’Ue, ha però varcato i confini e richiamato anche l’attenzione di Bruxelles: la Commissione ha infatti condannato apertamente gli attacchi rivolti dal premier Janša ad alcuni giornalisti, in parte corrispondenti a Bruxelles. “Non accettiamo le parole offensive rivolte ai giornalisti, e le condanniamo”, ha detto Eric Mamer, portavoce della presidente Ursula von der Leyen.

Sulla vicenda è intervenuto anche il vicepresidente della Commissione Ue, Frans Timmermans, che su Twitter ha detto che “Non c’è alcun obbligo per cui ciò che è scritto sui media debba piacere. C’è tuttavia l’obbligo di rispettare la libertà dei media”. “Denunciare, minacciare o attaccare i giornalisti – ha aggiunto – è un attacco diretto ai media liberi: ecco perché i giornalisti come Lili Bayer meritano il nostro sostegno”.


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