Il 23 aprile facciamoci sentire. Per Carlo Verdelli e per la libertà di tutti

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La data del 23 aprile ricorre nelle minacce al direttore di Repubblica, Carlo Verdelli; minacce che lo costringono ormai a vivere sotto scorta. E’ il giorno indicato come quello della sua morte: una macabra cabala che sarebbe sbagliato lasciare nelle mani di forze opache.
Il segno del 23 aprile va cambiato. Deve diventare il giorno in cui – più che mani e tutti insieme – esprimere lo sdegno per quello che sta accadendo, su twitter come sui social media in genere.
Perché le minacce a Carlo Verdelli non riguardano solo lui, la sua famiglia e la redazione de la Repubblica.
E’ una vicenda che ci riguarda tutti: giornalisti, che hanno il diritto/dovere di informare, e cittadini, che hanno diritto ad una libera informazione.
Le minacce ai cronisti e gli oltre duecento colleghi sottoposti a misure di protezione da parte delle forze dell’ordine spingono il nostro Paese in basso, nella classifica della libertà di stampa. Sono quindi un danno ai singoli, sono un danno a tutti.
E’ anche arrivata l’ora che si indaghi non solo – come già, ovviamente, si sta facendo – sulle minacce a Verdelli ma in generale sulla massiccia diffusione di rancore, sulle bugie capillarmente spacciate, sui continui fuochi via social media che puntano a incendiare l’opzione pubblica. Insomma su quelle che appaiono come campagne di disinformazione, su quelle cosiddette “catene di Sant’Antonio” di cui non si conosce mai il primo anello.
Uniamo le nostre voci il 23 aprile e facciamoci sentire. Non solo per Carlo, non solo per i cronisti minacciati, per tutti noi.

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