Gian Maria Volonté, l’importanza dell’impegno

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Non si può descrivere la straordinaria figura artistica di Gian Maria Volonté, purtroppo scomparso venticinque anni fa a soli sessantuno anni, se non la si associa alla sua passione civile e al suo impegno politico. Volonté, infatti, è stato molto più di un attore: lui non interpretava i suoi personaggi, diventava loro. E così è stato Bartolomeo Vanzetti in “Sacco e Vanzetti” (Nicola Sacco era l’indimenticabile Renato Cucciolla, di cui ricorre il ventesimo anniversario della scomparsa) di Giuliano Montaldo, il dirigente di polizia in “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” di Elio Petri, Lucky Luciano nel film di Francesco Rosi dedicato al celebre boss italoamericano, Giordano Bruno ancora con Montaldo, Carlo levi in “Cristo si è fermato a Eboli” di Rosi, tratto dall’omonimo capolavoro del grande intellettuale anti-fascista, e molti altri ancora, in una carriera lunga, intensa e costellata di successi. Eppure, non era certo la notorietà ad interessargli, e nemmeno i soldi, anche se ovviamente non disdegnava né l’una né l’altra né si lasciava andare ad alcuna forma di ipocrisia di quelle così in auge al giorno d’oggi. Volonté era interessato, innanzitutto, alla crescita morale e culturale del Paese, al futuro delle nuove generazioni, alla conoscenza della storia, alla trasmissione dei princìpi e dei valori e a che non andasse perduta la matrice resistenziale della nostra Costituzione e della nostra democrazia.

Un attore poliedrico, coltissimo, inimitabile, uno che sentiva il personaggio come nessun altro e faceva del suo cinema un messaggio politico costante.
Volonté ci ha insegnato a ribellarci alle ingiustizie, a fremere di sdegno di fronte alla prepotenza, a lottare, a credere in un ideale e a portare avanti un’idea di progresso, che identificava col comunismo e per la quale dobbiamo essergli eternamente grati, avendo favorito senza dubbio la nostra crescita culturale e l’ampliamento dei nostri orizzonti.
Venticinque anni senza uno dei migliori attori che il nostro Paese abbia mai avuto, senza un uomo a tutto tondo, uno di quelli che tenevano alta la bandiera del cinema e dell’arte e la sventolavano con orgoglio, soprattutto nei momenti difficili.
Rendiamo, dunque, omaggio al compagno, oltre che all’attore, oggi che avvertiamo più che mai il bisogno di qualcuno con cui condividere lo stesso pane, nel caso specifico chiamato conoscenza.

P.S. Quest’articolo è dedicato alla memoria di Mario Sossi, il giudice il cui rapimento, ad opera delle BR, segnò, nel ’74, una svolta decisiva nella storia degli Anni di piombo. Pagine tragiche di un’Italia violenta, da non rimpiangere né banalizzare nella sua feroce intensità.


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