Raitre per Enzo Biagi. Giro del mondo. A cura di Loris Mazzetti

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Rai 3 ricorda Enzo Biagi riproponendo alcuni dei suoi programmi che hanno segnato la storia della televisione. 8 puntate in onda su Rai 3 da lunedì 25 febbraio a giovedì 7 marzo ore 15,20 Dopo Cara Italia è la volta di Giro del mondo, otto puntate realizzate nel 2001. Il grande giornalista è andato a trovare alcuni scrittori tra i più letti e amati perché parlassero di sé e della loro gente:

Biagi incontra Luis Sepulveda (Quell’altro mondo); in onda il 25/2
Biagi incontra Jostein Gaarder
(Il grande Nord);  in onda il 26/2
Biagi incontra Gunter Grass
(Germania, un amore giovanile); in onda il 27/2
Biagi incontra Jean d’Ormesson
(Dolce Francia); in onda il 28/2
Biagi incontra John Le Carré
(Inghilterra: La guerra delle spie); in onda l’1/3
Biagi incontra Wilbur Smith
(Il Sudafrica); in onda il 4/3
Biagi incontra Alexandra Marinina
(Russia: delitto e castigo); in onda il 6/3
Biagi incontra Michael Crichton
(Vivere per scrivere); in onda il 7/3

Biagi racconta che è stato un modo per rievocare alcune vicende del Novecento “quelli che pomposamente si chiamano eventi, mentre quasi sempre si tratta di disgrazie”. Il titolo potrebbe far pensare ad un programma ispirato dalla geografia ma non lo è, piuttosto dalla Storia. Biagi ricorda nell’introduzione: “C’è una specie di Atlante di questo Secolo con dei nomi che hanno coinvolto l’umanità da Sarajevo a Danzica, o se si vuol parlare di stragi dai centomila morti di Dresda ai desaparecidos sudamericani”.

Per parlare di Biagi e della puntata, Loris Mazzetti incontra altrettanti scrittori italiani: Pino Cacucci (Luis Sepulveda); Erri De Luca (Jostein Gaarder); Michela Murgia (Gunter Grass); Francesco Guccini (Jean d’Ormesson); Pino Corrias (John Le Carré); Valerio Massimo Manfredi (Wilbur Smith); Grazia Verasani (Alexandra Marinina); Massimo Gramellini (Michael Crichton).

In Giro del mondo Biagi ha continuato a cercare storie e protagonisti per raccontare le vicende di un popolo, come ha fatto sempre da grande cronista quale è stato. Rivedere a distanza di diciotto anni il suo programma ci fa capire che nulla è cambiato: i problemi che le persone affrontavano allora sono gli stessi che affrontano oggi. Purtroppo la Storia non insegna e quando ha insegnato è stato dimenticato. Biagi, dopo aver realizzato Giro del mondo, ha così commentato: “Se dovessi tracciare un bilancio sentimentale, direi che ho capito che tutti gli uomini piangono nello stesso modo e che il sentimento che detesto di più – sono un buon conoscitore di Auschwitz e dintorni – è il razzismo. Che sta tornando di moda”.

Enzo Biagi ha lavorato per quarantun’anni alla Rai Radiotelevisione Italiana. Nel 1961 Ettore Bernabei, direttore generale, lo chiamò a dirigere il Telegiornale. Ha realizzato 100 programmi con 1300 puntate a partire da RT rotocalco televisivo del 1962.

Il Fatto di Enzo Biagi è stato decretato nel 2004 il miglior programma dei primi cinquant’anni della Rai. E’ deceduto il 6 novembre 2007 all’età di ottantasette anni.

RaiTre per Enzo Biagi è un programma realizzato da Rai 3 con la collaborazione della Sede Rai per l’Emilia Romagna. Un programma a cura di Loris Mazzetti con Barbara Paolucci, Barbara Capuano, Andrea Carini, Dario Collina, Angelo Gorizzizzo, Graziano Paiella. Sigla grafica di Francesca Campagnoli

Hanno detto di Biagi in “RaiTre per Enzo Biagi”

Pino Cacucci: “Nel ricordare il giornalismo di Enzo Biagi rischierei di abbandonarmi al rimpianto perché la nostra epoca vede sempre meno voci libere. Solo le persone che si sono conquistate, con un lungo lavoro, l’autorevolezza, possono permettersi di parlare anche a bassa voce facendosi ascoltare. Ricordo il suo modo di fare giornalismo come un grande artigianato dell’intervista. Quando arrivava davanti alla persona che voleva intervistare aveva talmente puntato al perfezionamento delle domande, anche per questo era temuto e osteggiato da certi, che definirei politici arroganti, che sapevano o intuivano che nell’intervista avrebbe tirato fuori la loro vacuità, ottusità”.

Pino Corrias: “Enzo Biagi è stato uno dei grandi giornalisti che, per noi della generazione successiva, ha rappresentato tanto, tantissimo. Lui, Montanelli e Bocca erano la santa trinità del giornalismo italiano, che voleva dire: libertà, coraggio, indipendenza. Che voleva dire una grande qualità nella scrittura e nel racconto, una capacità di vedere, tornare e raccontare”.

Erri De Luca: “C’erano due giornalisti di grido: Indro Montanelli e Enzo Biagi, completamente opposti. Montanelli aveva una vena polemica, ci teneva a far sentire il suo marchio di firma e di originalità; Enzo Biagi era un giornalista all’uso inglese, che pacatamente andava a fondo nelle questioni e nella notizia. Che Biagi sia stato costretto ad occuparsi anche di libertà questo è un supplemento di difficoltà, perché un giornalista dovrebbe darla per scontata la sua libertà di espressione, garantita dalla nostra magnifica Costituzione. Lui, invece, si è dovuto occupare anche della libertà di espressione sua e dei colleghi”.

Massimo Gramellini: “Nella libreria di mio padre vi era una vetrinetta perché i libri non si sporcassero, lì c’erano soltanto quelli dei tre giornalisti preferiti: Biagi, Montanelli e Bocca. Biagi aveva una scrittura fintamente facile, qualcuno, con superficialità, lo poteva definire banale, invece il suo scrivere era il frutto di un grande lavoro sulle singole parole fino a raggiungere un’assoluta semplicità. Nel suo scrivere c’era una grande ricerca, un grande studio”.

Francesco Guccini: “Il giornalista Enzo Biagi lo ricordo come un personaggio democratico, con delle idee che mi trovavano d’accordo, eravamo sullo stesso piano, l’essere montanari ci univa”.

Valerio Massimo Manfredi: “Leggevo molto Enzo Biagi, sia quando scriveva sui giornali bolognesi che sul Corriere della Sera. Era un giornalista molto acuto, molto logico, molto gradevole, quella gradevolezza tipica degli emiliani, degli italiani dell’Emilia”.

Michela Murgia: “Il Fatto di Enzo Biagi me lo ricordo bene era un rito che a casa celebravamo quotidianamente. Ho soprattutto un ricordo infantile perché il primo libro che mi venne regalato era la Storia d’Italia a fumetti di Enzo Biagi. Mi fu più prezioso di molti insegnamenti scolastici perché mi arrivava con un linguaggio ludico molto vicino a quella che era la mia sensibilità di bambina. Enzo Biagi era un fenomenale divulgatore”.

Grazia Verasani: “Il giornalismo di Enzo Biagi aveva uno stile garbato che sapeva anche essere tagliente e molto incisivo. Mi ha sempre dato l’idea di un uomo con una curiosità onnivora, molto eclettico nei suoi interessi. Quello che lo fa rimpiangere è la serietà della ricerca, quando andava ad intervistare qualcuno. Un lavoro meticoloso, la preparazione prima di fare un’intervista, prima di scrivere un libro. Aveva un linguaggio semplice ma non semplificato, erudito ma non presuntuoso. Quello che oggi manca molto. Era lontano dai giochi di potere e dalla politica, era a servizio del pubblico. Guardando i giornali di oggi questo manca molto”.


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