Caso Cucchi. Non basta provare le violenze; occorre risalire ai vertici che le hanno coperte per anni

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Ancora un caso di torture. Dopo quelle di Genova, escono – con fatica – le più recenti inflitte a Stefano Cucchi dalle forze dell’ordine. Dopo anni di testimonianze lacunose e rapporti falsificati, finalmente si disvelano, grazie alla tenacia dei familiari. Ogni volta che si verifica una brutale violenza contro chi è già ristretto, mi viene in mente il fascismo. Nelle democrazie, questi eccessi non solo sono vietati, ma chi li commette viene allontanato e sanzionato. Da noi, si vive in un stato di eversiva tolleranza. Le torture sono vietate, ma non ben definite, per evitare che siano ben punite. E chi le commette viene persino promosso di grado, come è avvenuto per i responsabili delle violenze di Genova.

Per il caso Cucchi, chiediamo rigore. Non basta provare le violenze; occorre risalire ai vertici che le hanno coperte per anni. E procedere con sanzioni esemplari. Per estirpare dalle forze dell’ordine i cultori marci della tortura, quei fascisti indegni della divisa  che nelle celle di sicurezza servono sempre la stessa ricetta: il pesto alla genovese.

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