Nell’ex impero sovietico la chiamano disinformatja. Metodo antico che Putin ha provveduto ad esaltare, soprattutto nei riguardi di Anna Politkovskaja. Il sistema è semplice: “è talmente facile la soluzione che naturalmente è una manovra per screditare i veri mandanti”. Insomma, una specie di “macchina del fango” rivisitata ad est. Siccome la cronista della Novaja Gazeta denunciava i crimini in Cecenia, cosa c’era di più semplice che raccontare che era tutta una manovra per screditare i veri responsabili? E così via con una serie di arresti degli esecutori senza tuttavia mai istruire un processo serio. In Ucraina, con la selvaggia aggressione alla coraggiosa giornalista ragazzina che da tempo attaccava il presidente Yanukovich stesso sistema. Cinque persone arrestate in tempi record per il pestaggio di Tetiana Chornovil, fra cui il proprietario del Suv che l’ha inseguita, tal Serghi Kotenko. Fra gli altri sospetti c’è anche Oleksandr Kotenko, che farebbe parte di un gruppo criminale indicato dalle autorità di Kiev come “vicino” a Vitali Klitschko, ex pugile e leader del partito d’opposizione ‘Udar’. Affermazione alla quale Klitschko ha già replicato annunciando querela per “diffamazione”. Secondo quanto riferito dalla polizia, i cinque arrestati avevano “stretti contatti” anche con il partito di opposizione che fa capo alla ex premier Yulia Timoshenko, attualmente incarcerata. Tetiana attaccava il governo? Ma allora è chiaro che è una manovra per incolpare il presidente, mica è così stupido da farsi autogol. Gli arrestati rischiano una condanna fino a dieci anni. Che naturalmente non prenderanno mai.
C’è da capirli. Con le guerre ormai soprattutto mediatiche i giornalisti, cioè i testimoni, sono diventati sempre più scomodi. Pensate che ieri in Bahrain è stato arrestato Ahmed Al-Fardan, un eccellente fotografo dell’Agenzia NurPhoto. Era in casa, nel villaggio di Abu Saiba, quando le Bahrain Special Security hanno fatto irruzione nella sua abitazione, sequestrando pc e attrezzatura fotografica. Il governo di Bahrain nel corso degli ultimi anni ha represso violentemente fotografi, giornalisti e blogger che documentano le proteste antigovernative, tanto da diventare uno degli ambienti più duri per i media in Medio Oriente. Secondo il sito Freedom House, nel 2011, il governo di Bahrain ha usato omicidi, molestie e attacchi mirati per far tacere la stampa locale. Queste tattiche sono state impiegate anche nel 2012. Ad agosto, Al-Fardan venne arrestato da due poliziotti in borghese che, secondo un’intervista rilasciata ad Al-Jazeera, venne portato in macchina e picchiato duramente. Il fotografo, che ha ricevuto oltre cento premi fotogiornalistici internazionali, documentava per NurPhoto le proteste anti governative nel suo villaggio di Abu Saiba. Secondo il rapporto di Reporters Sans Frontières, sono ora cinque i giornalisti arrestati in Bahrain. Trattati come terroristi perché spesso un obiettivo è più efficace di uno stinger.