Il tribunale di Reggio Calabria riconosce le “querele temerarie” a danno dei giornalisti

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Finalmente anche la magistratura comincia a riconoscere in modo esplicito l’esistenza di “querele temerarie” utilizzate per colpire il diritto di cronaca. Lo ha fatto il tribunale di Reggio Calabria, in merito alla lite intentata dall’ex presidente della Regione Calabria, Giuseppe Scopelliti, contro Lucio Maria Musolino e Paolo Pollichieni, rispettivamente articolista e direttore del quotidiano “CalabriaOra”. Nel rigettare l’istanza e nel condannare Scopelliti al pagamento di 21.387 euro, il giudice Patrizia Morabito ha testualmente scritto: «Alla denuncia si è accompagnata una richiesta risarcitoria rilevantissima, priva di riferimenti a qualsiasi parametro di liquidazione di danni da diffamazione, idonea per la sua entità ad intimidire il destinatario». Il medesimo giudice ha ritenuto la richiesta «disancorata a qualsiasi motivazione puntuale dei criteri di calcolo o determinazione di siffatta domanda, che appare connotata da profili di temerarietà». Per queste ragioni la Federazione nazionale della stampa italiana tornerà nelle prossime ore a chiedere al ministro della Giustizia, Andrea Orlando, di mettere a punto una norma contro il fenomeno delle “querele temerarie”.
Lo affermano, in una nota, il presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti, il segretario generale Raffaele Lorusso e il segretario aggiunto, Carlo Parisi.

“La sentenza – sottolinea Lucio Musolino – si commenta da sola e ringrazio l’avvocato Tonino Battaglia per avermi assistito in questi sette anni. Quello che scrive il giudice è importante non solo perché certifica che le mie dichiarazioni ad Annozero non possono essere considerate una diffamazione ai danni dell’ex governatore Scopelliti. Ma soprattutto il Tribunale civile ha sottolineato che la richiesta di un risarcimento danni di un milione di euro aveva come obiettivo, per la sua entità, quello di intimidirmi. Per l’ex presidente della Regione Calabria, in sostanza, avrei dovuto risarcirlo di due miliardi di vecchie lire per appena 10 minuti su Raidue dove non ho fatto altro che riportare il contenuto di alcune informative dei carabinieri. Era assurdo e, aggiungo, facile prendersela con un giornalista e non con il Ros e la Procura di Reggio. La storia degli ultimi anni, tra l’altro, sta facendo venire a galla uno scenario peggiore di quello descritto nel 2010 durante la trasmissione di Michele Santoro. La sentenza del Tribunale di Reggio ha il merito di aver definito le liti temerarie al pari di intimidazioni vere e proprie. In Regioni come la Calabria, la Sicilia e la Campania questo avviene regolarmente. Sono consapevole che si è concluso il primo grado di giudizio e che Scopelliti potrebbe ricorrere in appello. Tuttavia sono fiducioso che la vicenda possa concludersi positivamente. Intanto le 26 pagine scritte dalla dottoressa Patrizia Morabito mi lasciano ben sperare non solo per la conclusione della mia causa ma anche per i tanti colleghi che subiscono querele dai politici i quali ben sanno a volte di avere torto ma trascinano lo stesso in Tribunale i giornalisti al solo scopo fermarli e intimidirli. Questo avviene in tutta Italia. Ma ancora di più nelle regioni del Sud dove i cronisti, se raccontano la verità, vengono tacciati come i nemici del territorio. E’ facile intuire cosa significa far passare questo messaggio in terra di mafia”.

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