Migranti. LasciateCIEntrare: “no a Piano Viminale. CIE o CPR, il sistema ha già fallito”

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Nel primo pomeriggio, il Ministro dell’Interno Marco Minniti è stato audito dalle Commissioni riunite Affari Costituzionali di Camera e Senato sulle linee programmatiche del dicastero. Il Ministro ha annunciato alcune novità rispetto il nuovo piano del Viminale a cui sta lavorando, in particolare riguardo il cosiddetto contrasto all’immigrazione irregolare, con l’intenzione sostituire gli attuali CIE (Centri d’identificazione ed Espulsione) con strutture denominate CPR – Centri Permanenti di RimpatrioUn cambio di nome, ma non di sostanza: il nuovo piano dell’Interno, infatti, prevedrebbe la riapertura di un centro per regione, con capienza totale di 1600 posti sul territorio nazionale. 

Nel corso degli anni, LasciateCIEntrare ha denunciato una serie infinita di violenze, rivolte, atti di autolesionismo, suicidi e morti all’interno di questi tipi di strutture oltre che d’illegalità nella loro gestione sia operativa che rispetto alle procedure d’identificazione ed espulsione. Un sistema che ha già ampiamente dimostrato la sua dannosità ed inutilità.  

Gabriella Guido (Portavoce Campagna): “La loro disumanità ed inefficacia sul piano dei rimpatri ha portato ad un progressivo smantellamento del sistema con la chiusura di numerose strutture. Aprire un centro per regione, come propone il Ministro Minniti, non farà altro che alimentare violazioni e situazioni di illegalità. Deve inoltre essere garantito l’accesso della società civile e delle associazioni che da anni si occupano di diritti umani. Non ne vanno aperti di nuovi, ma chiusi quelli che ci sono.” 

Ad oggi sono 4 i CIE operativi in Italia – Brindisi, Caltanissetta, Roma, Torino – dotati di 574 posti disponibili di cui effettivi 359. Al 30 dicembre 2016 risultavano trattenute 288 persone. L’istituto del trattenimento è di fatto una misura coercitiva che incide sulla libertà personale la cui natura giuridica si sostanzia in una forma di privazione della libertà, sia pure di natura amministrativa. Dal 1 gennaio al 15 settembre 2016, le persone transitate nei CIE sono state 1.968. Di queste, 876 sono state rimpatriate, circa il 44%. Rimpatri costosi e non rispettosi dei diritti umani. A ciò va aggiunto che avere un quadro completo del costo globale del sistema della detenzione amministrativa è complesso, data la scarsa trasparenza del sistema. Si stima che dal 2011, la spesa complessiva per la loro gestione sia stata di almeno 18 milioni di euro. Un costo elevatissimo, a cui corrisponde una situazione disperata nei centri: un grosso business sulla pelle dei migranti che viene perpetrato a nome della sicurezza nazionale. Niente di più falso.

E’ evidente che non basterà un cambio di nome per un’inversione di tendenza sulle politiche di accoglienza del paese.

Il Ministro, inoltre, punta all’accelerazione dei rimpatri, prevedendo la firma di nuovi accordi bilaterali con paesi terzi di origine e di transito, contestabili in termini di rispetto dei diritti fondamentali e i cui dati dimostrano l’inefficacia dell’intero sistema di trattenimento ed espulsione degli stranieri irregolari in Italia.  

Nell’ambito della procedura per la richiesta d’asilo, Minniti auspica la soppressione del grado di giudizio: una proposta in contrasto con quanto previsto dal nostro ordinamento, oltre che dannosa del rispetto dei diritti dei richiedenti asilo.  Stando alle anticipazioni del Ministro, quest’ultimi dovranno infine svolgere obbligatoriamente “lavoro socialmente utile” non retribuitoLavoro forzato: è questo l’unico modo per definire il lavoro gratuito che i migranti dovranno prestare agli enti locali e alle aziende private, in attesa che le commissioni si pronuncino sulla loro domanda di asilo.

Espulsioni, centri di rimpatrio, lavoro obbligatorio, procedure rapide per l’asilo sono solo parte di una gestione europea della mobilità che punta a fare dei migranti forza lavoro ricattabile. E’ quanto mai urgente, come ha recentemente dichiarato Emma Bonino insieme a molti sindaci italiani, chiedere l’abolizione della Bossi Fini, vera fabbrica della clandestinizzazione dello straniero. 

Le alternative a tutto ciò sono possibili e quanto mai urgenti. In tal senso, le istanze della Campagna LasciateCIEntrare continueranno ad essere sottoposte alle forze parlamentari, politiche, amministrative, istituzionali e alla società civile finché non giungeranno risposte adeguate a comprendere l’entità della sfida in atto e misurarsi sulla stessa con un conseguente senso di responsabilità.


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