“Crocevia” – di Mario Vargas Llosa

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“Chabela, intrecciando le dita alle sue stava trascinando la sua mano con una lieve pressione, facendola aderire alla propria pelle, per portarsela tra le gambe. Marisa non  credeva a ciò che stava accadendo. Sentiva tra le dita della mano, intrappolata in quella di Chabela, i peli di un pube leggermente sollevato e la cavità zuppa, palpitante, sulla quale era premuta. Tutta tremante, Marisa si girò, accostò i seni, il ventre, le gambe alla schiena, alle natiche, alle gambe dell’amica, mentre le sfregava il sesso con tutte e cinque le dita, tentando di individuare la piccola clitoride, frugando, separando le labbra bagnate…”

Sono ‘sfumature’ di eros anche queste, ma d’autore, in un romanzo che forse aprirà la strada a una nuova moda, o addirittura a un sottogenere dedicato alla combinazione di erotismo e denuncia politica; essendoci dietro ogni parola la penna di un maestro indiscusso, uno dei più illustri e sofisticati autori viventi, il premio Nobel per la letteratura Mario Vargas Llosa. Un gigante. Il quale in Crocevia, appena uscito da Einaudi (239 pagg. 19,50 euro), si diverte ad accostare sapori speziati e molto diversi nel suo stile unico e  inimitabile. Anche uno dei suoi capolavori del passato, La festa del caprone, l’opera che lo rese celebre, era imperniato su una vicenda di sesso, anzi di stupro minorile, da parte del dittatore Rafael Leónidas Trujillo, che a settant’anni e afflitto da umiliante incontinenza  prostatica, pretende di sverginare la figlia quindicenne di un suo pavido ministro, consenziente; ma l’impresa non gli riesce e così deve arrangiarsi con le mani, provando rabbia e vergogna verso se stesso e odio per la vittima alla quale, per fortuna, viene risparmiata la vita.

Lì si raccontava con raccapriccio il regime di terrore istaurato a Santo Domingo da uno dei più crudeli e sanguinari caudillos del Sud America, signore assoluto del Paese, arbitro di vita e di morte di ogni suo suddito. Un’analisi nitida, affilata, dettagliata di come può degradare un popolo privato della democrazia, tra soprusi e torture di un tale efferato sadismo che a tratti è quasi impossibile procedere nella lettura.

Qui invece siamo a Lima, la città nativa dello scrittore. Lo scenario non è diverso nell’assunto generale, la condanna senza mezzi termini del potere dispotico e autoritario, esercitato negli anni Novanta dal perverso dittatore Alberto Kenya Fujimori, Presidente del Perù,  e dal suo capo dei servizi segreti, Doctor, dal quale dipendeva il destino di ogni cittadino. Ma il peso specifico si è per così dire alleggerito, in un clima da operetta o da cinema dei telefoni bianchi. Forse a causa dei protagonisti che appartengono all’upper class, il ceto ricco ed esclusivo che volteggia in un eden di privilegi e conduce un’esistenza di spensierata mondanità. Sullo sfondo incombe la plumbea cappa della tirannia, ma al pari di un disagio, di un fastidioso inconveniente, che all’occasione può persino generare  eccitanti sorprese. Come accade alle due amiche, Marisa, un biondina avvenente come  una modella, e Chabela, bruna, seducente, di densa sensualità, che trascorrono una serata in chiacchiere senza accorgersi di tirar tardi oltre l’orario del coprifuoco. E’ giocoforza restare a dormire insieme nello stesso lettone, scoprendo durante la notte di desiderarsi ardentemente, quanto non avrebbero mai sospettato, e lasciandosi travolgere dallo sfrenato piacere proibito, da un insonne rogo di lussuria: “nude e avvinghiate, accarezzandosi i seni, baciandoseli, e poi le ascelle e i ventri, mentre ognuna si dava da fare con il sesso dell’altra, sentendolo palpitare in un tempo senza tempo, infinito e intenso”.

La mattina stordite, frastornate, sazie ma non dome,  si separano senza alcun senso di colpa per tornare ciascuna al proprio nido con un bruciante segreto da custodire gelosamente e sul quale fantasticare senza posa. Sono entrambi giovani attorno ai trent’anni, l’età più torrida delle donne, e felicemente appagate da mariti prestanti, sessualmente attivi, adorabili e assai facoltosi. Uno, Enrique, ingegnere e grande industriale minerario con affari in tutto il mondo;  l’altro, Luciano, titolare dello studio legale più influente della capitale

In Perù si susseguono gli attentati terroristici di “sendero luminoso” e dei “Tùpac Amaru” e il governo ne approfitta per dare un giro di vite alla sospensione dei diritti civili, intensificando l’azione repressiva della scellerata polizia segreta. Ma nessuna nube offusca la perfetta letizia delle due famigliole affiatate; le amiche hanno saputo osservare la massima riservatezza e anzi, prede impazienti della nuova infatuazione, non vedono l’ora di rinnovare l’esperienza. Chabela, che può contare su un lussuoso pied-a-terre a Miami, organizza per lei e Marisa un week-end di assoluta libertà, con la benedizione dei mariti troppo occupati nel lavoro per osteggiare l’innocente evasione da shopping. Vibranti d’eccitazione, le signore raggiungono in aereo l’elegante rifugio vista mare e nei tre giorni di intimità non si risparmiano alcuna effusione, tornando a casa ebbre, esauste, felici, e con viziosi calamari sotto gli occhi. Del tutto ignare del cataclisma che le aspetta.

Nell’ufficio di  Enrique Càrdenas (l’industriale marito di Marisa), s’è presentato un individuo viscido, quasi ripugnante, Rolando Garro, direttore di una testata scandalistica, «Destapes», un fogliaccio di maldicenze e pettegolezzi. Con il pretesto di chiedere una sovvenzione per il giornale, l’abietto figuro lascia all’ingegnere una busta contenente materiale da consultare in privato. Quique, fiutando il ricatto, lo minaccia di buttarlo fuori a calci, ma quando apre la busta ha proprio la sensazione che il mondo intero gli stia crollando addosso. Le stampe a colori che il farabutto gli ha consegnato, lo ritraggono nudo al centro di un’orgia scatenata di sesso e droga, nell’atto di compiere pratiche disgustose con prorompenti e volgarissime escort. Quique si rivolge all’amico fraterno, Luciano, il quale gli consiglia di non sottostare all’estorsione, e quando il giorno dopo  il servizio fotografico viene puntualmente pubblicato, l’avvocato cerca di muovere tutte le leve in suo possesso per ottenere il sequestro della rivista e arginare quella valanga di fango. Lo scandalo, clamoroso, rischia di travolgere  la figura pubblica di Càrdenas non meno della sua vita privata. Lo spregevole scoop giornalistico è firmato da una certa Retaquita (la nanetta) con commenti ustionanti, al vetriolo. Un colpo mortale per la pia e vecchia madre malata; e  un’intollerabile mortificazione per Marisa che, dopo aver visto di cosa è capace l’integerrimo maritino, non lo ammette più in casa.

E’ noto che il direttore di «Destapes» è tenuto ai fili dal Doctor in persona, e che la sua rivista si presta per interesse a pubblicare campagne denigratorie per distruggere l’onorabilità dei nemici del regime. Ma Quique non è tra loro, i suoi affari prosperano alla luce del sole: chi può avercela con lui fino a quel punto!? Inoltre la situazione dell’ingegnere si aggrava qualche giorno dopo quando  Rolando Garro viene trovato ammazzato e con il volto sfracellato a colpi di pietra. Il gioco pericoloso è sfuggito di mano a qualcuno; il fotografo Ceferino Argüello, autore degli scatti commissionati anni prima da un depravato faccendiere internazionale, trema per la sua stessa vita, e il giornale è a rischio di chiusura con l’uscita di scena del suo capo e proprietario. Ma l’impavida e velenosa Retaquita, già fedelissima  del direttore, decide una strategia di attacco accusando apertamente Càrdenas quale mandante dell’omicidio. Quique, del tutto innocente ma fortemente indiziato come vittima del ricatto, viene arrestato, gettato in carcere e rinviato a giudizio.

Il romanzo vira decisamente al giallo, trasportando il lettore nelle trame oscure del regime di Fujimori; e la denuncia del dittatore, dei suoi metodi disumani, è implacabile, lucida, incalzante secondo lo stile dell’autore, capace di dipingere come pochi gli scenari da incubo dei regimi liberticidi.

Ma l’evolversi della storia ci riserva ancora una svolta imprevedibile, nelle mani di un prestigiatore fuoriclasse in grado di distribuire le carte a suo estro. Le impudiche cerbiatte, Marisa e Chabela, pur sempre al centro del racconto, avranno un ruolo assai piccante nello scioglimento del groviglio. E la trama trascolora inavvertitamente in commedia, mantenendo le premesse e le promesse della partenza. Vargas Llosa, ricorrendo alle astuzie del mestiere non si lascia sfuggire l’occasione di concedersi, in età matura, una vacanza maliziosa, e abbassa la falda del cappello sugli occhi per inseguire meglio, dietro le palpebre socchiuse, una salutare, invidiabile leggerezza.


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