A distanza di 35 anni la Scala riscommette su Anna Bolena

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Dal 31 marzo al 27 aprile al Teatro alla Scala va in scena Anna Bolena di Gaetano Donizetti.  Trattasi di opera rappresentata per la prima volta al Teatro Carcano di Milano il 26 dicembre del 1830 e facente parte, unitamente a Roberto Devereux e Maria Stuarda, del trittico donizettiano delle regine Tudor, anche se non fu composta per il soprano Emma Ronzi, bensì per Giuditta Pasta, già scritturata dal Carcano per la prima di Sonnambula di Bellini.

Forse non tutti lo sanno, ma per gli appassionati scaligeri Anna Bolena è legata a due delle serate più celebri del dopoguerra e per motivi diametralmente opposti.
Nel 1957 l’opera, nel frattempo caduta nell’oblio, venne riesumata da Maria Callas, in uno storico allestimento firmato da Luchino Visconti e dallo scenografo Nicola Benois, con la direzione di Gianandrea Gavazzeni e un cast formato da calibri quali Giulietta Simionato, Gianni Raimondi e Nicola Rossi-Lemeni. Il successo di quelle recite di sessant’anni anni fa fu così travolgente che l’opera venne ripresa anche l’anno dopo.

25 anni dopo la Scala decise di riproporre quell’allestimento, ingaggiando per l’occasione quello che era il più apprezzato soprano donizettiano dell’epoca, diva indiscussa del pubblico milanese, che l’aveva più volte osannata, anche in quella sensazionale Norma, rimasta famosa per le scene tutte in legno di Mario Ceroli. Quella sera del 18 febbraio 1982 tuttavia, quando mancavano pochi minuti all’inizio della rappresentazione, un’asettica voce di altoparlante annunciò a un teatro strapieno che “per indisposizione della signora Caballé la parte della protagonista verrà sostenuta da…”. Nessuno in sala riuscì neppure a sentirne il nome.

Il compassato ed elegante parterre delle prime proruppe infatti in urla di rabbia e contestazione talmente esasperate che nemmeno un improvvisato comizio sul palcoscenico della locale beniamina Giulietta Simionato riuscì a placarne gli animi, e lo spettacolo saltò, con conseguente scandalo del giorno dopo sui vari media internazionali. Tre giorni dopo Anna Bolena andrà finalmente in scena, ma in un clima a dir poco incandescente.
Dopo un primo atto contestato per le ritenute carenze di tutto il cast, e salvato solo grazie ad un interpolato Re bemolle nella chiusa del concertato, Montserrat Caballé, giunta al Do acuto del l’altare è infioratoall’inizio del recitativo della scena finale di Anna, emise un urlo raccapricciante ed il pubblico spazientito le gridò letteralmente di tutto.
Sembrò momentaneamente riprendersi con la consueta magia della nota romanza “Al dolce guidami”, da sempre suo cavallo di battaglia, ma poi inciampò miseramente anche nel finale della cabaletta di forza“Coppia iniqua”, e la serranda di ferro del teatro fu provvidenzialmente abbassata per evitarle ulteriori guai.

Montserrat Caballé non verrà più scritturata dal Teatro, salvo accorrere il giorno stesso della prima per sostituire Eva Marton nella Salomè del 1987 in cui riporterà un memorabile trionfo, e le successive recite di Bolena vennero affidate ad una giovanissima Cecilia Gasdia, che proprio da lì inizierà una fortunata carriera. Di entrambe quelle serate esistono in commercio plurime registrazioni “pirata”.
Vale la pena, anche a distanza di tanti anni, ascoltare l’esecuzione di Maria Callas, che fornì in Anna Bolena la miglior prova di come debba essere cantato questo repertorio: c’è l’arioso malinconico di “Come innocente” e “Al dolce guidami”, l’esecuzione perfetta sia della cabaletta di bravura “Non v’ha sguardo” che di quella di forza “Coppia iniqua“, la regalità di “T’arresta Enrico e m’odi” e “A questa iniqua accusa”, il furore di “Giudici ad Anna”, l’amore di “Ah di quel cor magnanimo”, la femminilità ferita di “In quegli sguardi impresso” e l’arte di saper sviscerare tutte le possibili corde femminili nel grande duetto con la rivale Giovanna Seymour, dove si può apprezzare come sappia cambiare almeno dieci diverse sensibilità in corso di esecuzione.

La prima a raccoglierne il testimone fu il soprano turco Leyla Gencer, capace di sfruttare le proprie risorse timbriche e stilistiche per creare una Bolena meno sfrontata ma più cerebrale, composta, eppur sempre regina. Negli anni successivi altri celebrati soprani si faranno tentare dalla regina ripudiata, dalla greca Elena Souliotis, che la incise per la Decca, a Katia Ricciarelli, Maria Chiara, Joan Sutherland fino a Renata Scotto la quale, come risulta dall’ascolto di un CD live di San Francisco del 1975, ne dette una versione entusiasmante, soprattutto nel grande duetto con Seymour.

Molto interessante a livello discografico anche l’incisione americana della virtuosa Beverly Sills che attraverso puntature improvvisate, rallentando efficaci, sovracuti tenuti e trilli, seppe creare, nonostante un timbro di voce infelice, il giusto pathos di Anna, grazie anche alle ripetute sollecitazioni della straordinaria Seymour di Shirley Verrett. Pur essendo tipica opera di belcanto, e quindi in gran parte costruita per esaltare la bravura vocale della protagonista, tutt’altro che secondario è il contributo richiesto anche agli altri personaggi. Non a caso, nella parte mezzo-sopranile di Giovanna Seymour si sono cimentati in passato autentici fuoriclasse quali Giulietta Simionato, Marilyn Horne (in disco) e Shirley Verrett e in quella da basso profondo di Enrico VIII, Rossi-Lemeni, Nicolaj Ghiaurov e Samuel Ramey.

Fa storia a se il ruolo tenorile di Percy, la cui tessitura invero impervia impone spesso di affidarsi a tenori quasi contraltini, oppure di intervenire con robusti “tagli” sulla micidiale aria e cabaletta “Vivi Tu”, come saggiamente aveva fatto ai tempi Gavazzeni, altrimenti destinata a “strozzare” qualsiasi voce di natura lirica. Divenuta negli ultimi anni quasi esclusivo appannaggio di soprani leggeri puramente belcantisti come Edita Gruberova, Luciana Serra e Mariella Devia, causa l’indubbia difficoltà della tessitura vocale, la storia di Anna Bolena ha visto recentemente sorgere l’astro del soprano lirico di origini russe Anna Netrebko, già apprezzata protagonista della Giovanna d’Arco inaugurale di due anni fa.

Come si può ammirare nell’edizione DVD della Deutsche Grammophon, che ha ripreso la bellissima edizione andata in scena alla Staatsoper di Vienna nell’ottobre del 2011, si vede una bellissima regina innamorata e sconfitta e non il solito soprano agghindato da regina innamorata e sconfitta (che è cosa ben diversa), in grado di eseguire con assoluta naturalezza tutto quanto Donizetti ha richiesto, ivi compresi i numerosi DO e RE acuti disseminati lungo la parte, cui va aggiunta la presenza di due avvenenti e bravissimi partner come Elina Garanca e Ildebrando D’Arcangelo. Trattandosi di vicenda interamente giocata sugli amori contesi tra due donne e due uomini, per un Re all’apice del potere e per una regina caduta in disgrazia, è del tutto ovvio che la verosimiglianza del tutto richiede interpreti anche fisicamente adeguati.

Dunque, 35 anni dopo quel misfatto, e 60 anni dopo i fasti del binomio Callas-Visconti, la Scala ci riprova con uno spettacolo tutto nuovo per la regia di Marie-Louise Bischofberger, la direzione di Ion Marin e protagonisti Hibla Gerzmava, Sonia Ganassi, Carlo Colombara e Piero Pretti. Vincerà questa volta la scommessa con Anna Bolena ? Staremo a vedere.


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