Un’agenda 2017 per i diritti civili e umani

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D’accordo: Steven Spielberg con il suo “Il ponte delle spie”, e Clint Eastwood con il suo “Sully” ci dicono che spesso sono gli “uomini in grigio”, quelli apparentemente anonimi che possiamo incontrare ogni giorno, come l’avvocato James Donovan, o il pilota Chesley Sullenberger, gli “eroi”, senza necessariamente avere l’aspetto di John Wayne o Rambo-Stallone. Nella vita, e anche in politica. Dunque non si può escludere che dal “costante e timido come l’Adagio di Albinoni” (così Francesco Merlo descrive Paolo Gentiloni), possa venire quello che il suo predecessore, il giocoliere di parole Matteo Renzi non ha saputo, non ha potuto, non ha voluto fare. 

Nel suo discorso di fine anno, Gentiloni si è presentato con un tono dimesso all’apparenza. Vai a capire come va interpretato quel suo “Mi auguro che Matteo non stia a guardarci, ma stia invece riposando”. Una versione del “stai sereno”? E quell’altro sospiro: “Io non faccio di mestiere il giudice, ho un’altra formazione”, quando gli chiedono di Luca Lotti indagato: una furba glissata rispetto un argomento scomodo, oppure garantismo non sventolato ma ben assimilato, che si vuole distinguere da “giustizialismi” anche recenti e “prossimi”? Nell’elenco dell’“occorre fare” snocciolato a fine anno, un capitoletto riguarda le carceri, e le condizioni in cui è costretta a vivere l’intera comunità penitenziaria: “Tra le riforme da mettere a segno c’è anche quella dell’ordinamento penitenziario che senz’altro fa parte dei nostri obiettivi, che vanno incrociati con la variabile tempo e la variabile calendari parlamentari…Questo è stato il primo Natale in cui Pannella non era nella sua attività di visita nelle carceri, voglio ricordarlo e ringraziarlo”. Gentiloni poi assicura l’intenzione del governo di “inserire in questo menù piuttosto complicato di fine legislatura anche questo tema”.

Non promesse roboanti, ma chissà: se molto fumo a volte corrisponde a poco arrosto, può accadere anche il contrario. Dunque nessun preconcetto, nessuna pregiudiziale. Ecco comunque, una sorta di “promemoria” relativo ai diritti civili e umani che un governo che voglia essere tale, deve riuscire a garantire; sempre pronti, come dicono i giocatori di poker, a dire al presidente del Consiglio: “See”. Si tratta di una vera e propria “agenda”; e nel fissarne i punti è di grande aiuto un dossier curato da Stefano Anastasia, Valentina Calderone e Lorenzo Fanoli per conto dell’associazione “A buon diritto”.  Come ricorda Luigi Manconi nella prefazione, “la tutela e ‘effettività dei diritti umani non è questione esotica che riguardi solo lande lontane, popoli oppressi e regimi totalitari. Al contrario, è problema che ci riguarda direttamente. Ed è bene, di conseguenza, partire da noi, prima di andare in giro per il mondo a predicare, di quei diritti, il valore e l’urgenza”.

Le questioni relative alla disabilità

Si registrano momenti significativi per quel che riguarda l’effettivo recepimento di quanto previsto dalla convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità. In ambito normativo, “pur dovendo rilevare il cronico ritardo rispetto all’adozione di alcuni provvedimenti (eclatante il caso dei LEA che, tuttavia, sembrerebbero in dirittura di arrivo), bisogna segnalare alcune novità, in particolare la legge sull’autismo, e la legge sul “Dopo di noi”, da tempo attese”. Si registrano, per contro “numerosi, e di particolare gravità, episodi di discriminazioni e violenze subiti dalle persone con disabilità. In molti casi, in particolare, le strutture residenziali si sono rivelate essere contesti di violenza e di umiliazione più che di vita”.

Omosessualità e diritti

L’11 maggio 2016 viene approvata la legge sulle unioni civili per le coppie omosessuali (e solo per esse). Non è il matrimonio, ma è una conquista che allinea l’Italia a quei paesi che hanno già predisposto una qualche forma di riconoscimento alle unioni omosessuali. Un iter legislativo tormentato: l’esame nelle commissioni richiede anni e non approda mai in aula; nell’ultima versione, quella più o meno approdata all’aula, le destre, comprese quelle interne al Partito Democratico, la osteggiano in ogni modo. Il testo finale non parla di “famiglia” per le coppie che avrebbero costituito un’unione civile, ma di “formazione sociale”. Un’opposizione particolarmente accanita in Senato, dove più risicata è la maggioranza; il governo pone la fiducia dopo avere modificato in due punti la legge: toglie l’obbligo di fedeltà che invece è contenuto nelle norme sul matrimonio; e toglie il diritto alla cosiddetta stepchild adoption: il diritto di poter adottare il figlio del o della partner dello stesso sesso. Quanto al riconoscimento del matrimonio gay, è rimandato a data da destinarsi; alle coppie omosessuali sono tuttavia riconosciuti gli stessi diritti e doveri della coppia eterosessuale.

Pluralismo religioso

I principi costituzionali in tema di libertà religiosa, si legge nel rapporto, “attendono ancora di essere pienamente attuati. La legislazione in materia soffre di un pesante vulnus strutturale, costituito dalla persistente vigenza della normativa sui culti ammessi, che trova applicazione nei confronti delle confessioni religiose diverse dalla cattolica e prive di Intesa con lo Stato”.

Vecchi e nuovi problemi si presentano per lo Stato, tra confessioni religiose che faticano a rappresentarsi unitariamente ed associazioni non confessionali che chiedono riconoscimento ai fini delle trattative. Accanto alla Consulta delle comunità, presso il Ministero dell’Interno si è istituito il “Consiglio per le relazioni con l’Islam italiano”: ha il compito di fornire pareri e formulare proposte sulle politiche di integrazione connesse alla religione islamica. Il Consiglio ha prodotto un primo rapporto sul tema del “Ruolo pubblico, riconoscimento e formazione degli imam”. L’attenzione è concentrata sulle carceri: approvato un piano sperimentale Stato–Ucoii per l’accesso di imam in alcuni luoghi di detenzione.

Rom sinti caminanti

Non si segnalano interventi legislativi significati. Il tema del riconoscimento dello status di minoranza linguistico-culturale anima un dibattito tra gruppi ed organizzazioni rom e pro-rom, senza però echi a livello parlamentare. Il tema rom è progressivamente scomparso dal dibattito politico nazionale e dall’agenda politica del governo. Secondo il rapporto “in assenza di iniziative politiche nazionali, sono ancora i contesti locali gli scenari concreti in cui si costruiscono le possibilità effettive di tutela dei diritti dei rom e dei sinti, a partire dalla questione centrale del diritto all’abitare”. Nonostante riguardi soltanto una percentuale non maggioritaria dei rom che vivono in Italia, il problema dei campi-nomadi è “un tema ben presente nelle agende degli amministratori locali, e le strategie per affrontare queste situazioni possono essere considerate come la spia essenziale dell’atteggiamento verso i gruppi rom”.

Habeas Corpus e Garanzie

Per quel che riguarda il capitolo della disciplina della limitazione della libertà, nelle sue varie forme, il Rapporto osserva che si registra una fase definita “di riforme lenta e timida, ma pur sempre degna di nota”. Su impulso della Corte Europea dei Diritti Umani “si sono adottati alcuni provvedimenti in funzione deflattiva tanto delle presenze in carcere quanto, più in generale, di tutta l’area del penalmente rilevante e, quindi, dell’incidenza di misure limitative della libertà”. In particolare si è delegato il Governo a provvedere a un’ampia deflazione penale, da attuarsi sia sul piano sostanziale (non punibilità per particolare tenuità del fatto, incisiva depenalizzazione e un’ancora inattuata decarcerizzazione), sia su quello processuale: in particolare con la messa alla prova dell’imputato, capace di estinguere il reato se proficuamente sostenuta.

Per quanto riguarda la tutela della dignità nella privazione della libertà, rispetto alle più gravi forme di abusi e violenze quali, in particolare, la tortura, si resta inadempienti rispetto gli obblighi assunti in sede internazionale e sanciti in Costituzione; impantanata di fatto l’approvazione del relativo disegno di legge, un testo persino peggiorato rispetto a quello originario.

Lo specifico punto relativo alla tortura

I primi sei mesi del 2016 sono stati caratterizzati da molti avvenimenti che rientrano in questo specifico capitolo. Il numero dei detenuti nelle nostre carceri è diminuito in virtù dell’introduzione di alcuni cambiamenti normativi; e si è  finalmente nominato il Garante nazionale delle persone private della libertà personale. Decisamente negative invece le notizie che provengono dalla Corte di Strasburgo. L’Italia è condannata per i cosiddetti fatti di Asti e per quanto accaduto durante il G8 di Genova all’interno della scuola Diaz e della caserma di Bolzaneto: “In tutti e tre quei contesti, alcuni uomini appartenenti alle forze di polizia hanno torturato persone sottoposte alla loro custodia ma, nonostante il pesante richiamo della CEDU, e nonostante da tre anni sia in discussione in Parlamento un disegno di legge per introdurre il reato di tortura nel nostro ordinamento, dopo numerosi rinvii la proposta di legge giace al Senato, e la sua approvazione è rimandata a data da destinarsi”.

Tutela dei minori

Il biennio 2015-2016 registra progressi per quel che riguarda la tutela dei minori. Sul complesso versante delle adozioni, o del diritto alla famiglia, il legislatore pare aver assunto una rinnovata consapevolezza: “Il 2015 è stato l’anno della legge sulla continuità affettiva, ma sono nel dibattito almeno due interventi di modifica alla legge 184 del 1983 sul diritto dell’adottato a conoscere le proprie origini e sull’apertura delle adozioni alle persone non coniugate. Sono queste due modifiche che dovranno accompagnarsi a una completa riforma del sistema amministrativo che, come denunciato dalle organizzazioni impegnate nel settore, non è in grado di applicare correttamente la legge e garantire tempi ragionevoli per le procedure di adozione”. Sul piano della cittadinanza sostanziale, il 2016 è stato l’anno delle presa in carico dei problemi della povertà educativa e del bullismo informatico. In relazione alla prima, connessa ma non sempre, alla povertà minorile (ormai a livelli record), risale all’estate 2016 l’attivazione di un Fondo di intervento e un Comitato governativo per il contrasto al fenomeno. è invece di strettissima attualità, l’approvazione alla Camera del disegno di legge sul contrasto al cyberbullismo, una forma questa di violenza anonima e diffusa, giunta finalmente all’onore delle cronache e ora oggetto di una strategia di contrasto integrata e a carattere socio-formativo.

Libertà femminile e autodeterminazione

Su queste tematiche, anche quest’anno assumono un ruolo centrale le norme che disciplinano l’aborto e la procreazione medicalmente assistita. Aborto: il principio della procreazione cosciente e responsabile, affermato dalla legge 194, non solo non è attuato: in misura sempre più crescente viene ostacolato dall’elevatissimo numero di personale sanitario (medici, e non solo) che dichiara “obiezione di coscienza”. Il livello di insostenibilità di questa situazione è confermato da una recente pronuncia del Comitato Europeo dei Diritti Sociali, un organismo del Consiglio d’Europa.

Con riferimento alla legge 40 che disciplina la procreazione medicalmente assistita, si rileva che “dopo l’abolizione del divieto di fecondazione eterologa per mano della Corte Costituzionale il ricorso a tale tecnica è ancora esiguo a causa dei costi elevati che esso comporta”. Inoltre, la Corte si è occupata dell’accesso alla diagnosi genetica pre-impianto da parte delle coppie fertili affette da patologie geneticamente trasmissibili; del reato di selezione degli embrioni; del divieto di ricerca scientifica sugli embrioni. La giurisprudenza di fatto ha colmato (e smantellato) danni e lacune del legislatore. Resta tuttavia inalterato il divieto di maternità surrogata, previsto nella stessa legge. Si registra un lievissimo calo (e comunque la situazione è comunque inquietante) del numero delle donne che patiscono violenze e sono uccise per mano degli uomini.

Dignità della vita (e del morire) 

Il 26 settembre scorso un motociclista esce dal portone laterale del Quirinale, deve recapitare una lettera del presidente. Destinatario del messaggio è un malato allo stremo, si chiama Piergiorgio Welby. Si è rivolto qualche giorno prima a lui, Welby: una lunga lettera appello piena di dignità, coraggio, umanità: “Quando un malato terminale”, scrive, “decide di rinunciare agli affetti, ai ricordi, alle amicizie, alla vita e chiede di mettere fine ad una sopravvivenza crudelmente ‘biologica’ – io credo che questa sua volontà debba essere rispettata ed accolta con quella pietas che rappresenta la forza e la coerenza del pensiero laico… Quello che però mi permetto di raccomandarle è la difesa del diritto di ciascuno e di tutti i cittadini di conoscere le proposte, le ragioni, le storie, le volontà e le vite che, come la mia, sono investite da questo confronto. Il sogno di Luca Coscioni era quello di liberare la ricerca e dar voce, in tutti i sensi, ai malati. Il suo sogno è stato interrotto e solo dopo che è stato interrotto è stato conosciuto. Ora siamo noi a dover sognare anche per lui…”.

Il vecchio presidente sente di dover corrispondere in qualche modo; confessa di essere stato toccato e colpito da quelle parole, come persona e come Presidente: “Penso che tra le mie responsabilità vi sia quella di ascoltare con la più grande attenzione quanti esprimano sentimenti e pongano problemi che non trovano risposta in decisioni del governo, del Parlamento, delle altre autorità cui esse competono. E quindi raccolgo il suo messaggio di tragica sofferenza con sincera comprensione e solidarietà. Esso può rappresentare un’occasione di non frettolosa riflessione su situazioni e temi, di particolare complessità sul piano etico, che richiedono un confronto sensibile e approfondito, qualunque possa essere in definitiva la conclusione approvata dai più. Mi auguro che un tale confronto ci sia, nelle sedi più idonee, perché il solo atteggiamento ingiustificabile sarebbe il silenzio, la sospensione o l’elusione di ogni responsabile chiarimento”. Una risposta diretta non solo a Welby; è anche, soprattutto, uno sprone, un’esplicita sollecitazione ai parlamentari, a chi ha il compito di fare le leggi; e un invito a discutere, dibattere, confrontarsi.  Una lunga battaglia, quella di Piergiorgio; comincia con un male, la Sclerosi Laterale Amiotrofica che non perdona; può essere veloce nel suo decorso, può rallentare, ma non consente al momento illusioni: no c’è rimedio, la ricerca e la scienza ancora non lasciano speranza. Piergiorgio lo sa, ha perfino chiesto al padre, un giorno, di risparmiagli quell’agonia, di ucciderlo. Il padre non ce l’ha fatta; la malattia progredisce, Piergiorgio è bloccato, le funzioni “normali” sono u calvario, alla fine è prigioniero di un corpo che non riconosce più, che rifiuta; vive solo perché un’apparecchiatura meccanica gli consente di respirare. Non vuole morire soffocato da lucido; chiede di essere sedato, e di poter morire nel sonno, senza soffrire. Nessuno ha il coraggio di fare quello che chiede. Un medico che lo addormenti e poi stacchi il respiratore potrebbe essere accusato di omicidio…

Welby al suo fianco trova i radicali di Marco Pannella. Lui, Piergiorgio esprime con chiarezza la volontà di non voler più prolungare una sofferenza senza scopo, fine a se stessa. Ma la legge è legge; o meglio: non c’è una legge che sia chiara, univoca. La Costituzione stabilisce che alla fine è solo il malato che può stabilire e valutare se i trattamenti cui viene sottoposto siano proporzionali alla propria condizione e no lesivi della propria dignità di vita (articolo 32). Un principio Un principio che dovrebbe valere sia per i laici che per i cattolici: anche il Vaticano riconosce che nessun paziente può essere obbligato a subire cure che non desidera; e che si può interrompere l’applicazione dei mezzi meccanici quando i risultati deludono le speranze riposte in esse.

Prima di vedersi riconosciuto questo suo diritto, Welby ha dovuto patire un vero e proprio calvario; ha dovuto ingaggiare una vera e propria battaglia politica, lui, la moglie Mina che con la morte nel cuore lo ha assecondato, Pannella, i radicali. Dieci anni fa Piergiorgio se n’è andato, “liberato” da un corpo che non sentiva più suo. Lo ha potuto fare perché una mano pietosa, quella dell’anestesista Mario Riccio lo ha prima sedato, e poi ha staccato il respiratore che lo teneva in vita. Riccio poi è stato accusato di omicidio e da questa accusa si è dovuto difendere (anche se poi è stato prosciolto). Sono trascorsi dieci anni: quell’augurio, quella sollecitazione del presidente Napolitano sono più che mai attuali. Siamo ancora qui, a dibattere ed affrontare il delicato tema del fine vita, del diritto di un paziente a veder rispettata la sua volontà sul come essere curati e assistiti, e fino a quando.

Ci sono problemi quando il malato è cosciente, lucido; e spesso deve intervenire la magistratura, per dirimere i casi, com’è accaduto per Walter Piludu,  malato di SLA. E’ stato il tribunale di Cagliari a riconoscere il suo diritto a rifiutare di continuare a sottoporsi a trattamenti per lui intollerabili. Si ha poi un bel lamentarsi che la magistratura “invade” campi non suoi. Si decidesse la “politica” a colmare i vuoti legislativi, a fare, finalmente, quello che non ha finora fatto e non fa. Sono stati presentati una decina di testi di legge, e le congiunte commissioni Giustizia-Affari sociali della Camera il 7 dicembre scorso li ha fatti confluire in un testo unificato. Si prevede un consenso informato, in forma scritta o mediante strumenti informatici, qualora le condizioni del paziente non lo consentano. Si stabilisce che il medico è tenuto a rispettare la volontà del paziente; che ogni persona maggiorenne e consapevole, in previsione di una sua futura incapacità di autodeterminarsi possa esprimere le sue scelte attraverso disposizioni anticipate di trattamento; e indicare persona di sua fiducia che lo rappresenti nelle relazioni con il medico e le strutture sanitarie.

E’ appena un primo passo: Presidente Grasso, Presidente Boldrini: fate in modo che, finalmente, le istituzioni diano quelle risposte che da tanto tempo attendiamo.

Ancora le carceri

Quest’anno, per la prima volta, Marco Pannella ha mancato la sua tradizionale “visita” di Natale e Capodanno in carcere. I dirigenti del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito non hanno però voluto mancare all’appuntamento. Rita Bernardini, Sergio D’Elia, Maurizio Turco, Antonella Casu e tanti altri dirigenti e militanti hanno visitato in questi giorni una trentina di carceri “come ci ha insegnato Marco”, dice Bernardini. Con puntigliosità hanno preso nota di carenze, situazioni limite, sovraffollamento, carenza di personale, parlato e ascoltato detenuti e agenti di polizia penitenziaria…Per ogni carcere, una scheda-inventario.

“Quando entravo con Marco”, racconta Bernardini, “sentivo i cori: “Marco uno di noi”. Oggi sono affettuosi, ci applaudono. Un detenuto ci ha detto: “Porta un fiore da parte mia a Marco al cimitero la prossima volta che ci va, mi raccomando”. Sono molti i detenuti che ci mandano le loro lettere e sono moltissimi quelli che hanno aderito alla marcia per l’amnistia del 6 novembre scorso organizzata in concomitanza con il Giubileo dei carcerati”.

È un po’ migliorata la situazione per quel che riguarda il sovraffollamento, dice la dirigente radicale, “anche se si registra una tendenza all’aumento: dall’inizio dell’anno ad oggi registriamo un aumento di 1.600 detenuti in tutte le carceri. Ma il vero problema è il trattamento dei detenuti: se puoi uscire dalle celle e fare una attività la vita delle persone detenute di sicuro cambia. E invece sono scarse le attività di studio, lavoro, e sport all’interno delle carceri”. E ancora: “La composizione nelle nostre carceri è formata da stranieri, malati psichiatrici e tossicodipendenti: persone più disagiate e fragili che come tali possono cadere nelle maglie della criminalità organizzata”. Il carcere, aggiunge, “è solo l’ultimo stadio di una giustizia che non funziona. C’è anche il tema della giustizia lumaca dei processi: l’Italia è stata condannata in sede europea per l’irragionevole durata dei processi…Con il ministro Orlando c’è un rapporto positivo: è persona sensibile, da ministro ha avuto il coraggio di dire che le nostre carceri sono criminogene e che bisogna arrivare alle pene alternative alla reclusione. Ed è per questo che con la nostra iniziativa insieme ai detenuti, chiediamo lo stralcio della parte del Ddl sul processo penale che riguarda l’ordinamento penitenziario. È in discussione al Senato, deve essere trattata a parte ed approvata presto”.


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