Richiedenti asilo a Cona: LasciateCientrare: “persistono le condizioni inumane e degradanti nel centro in cui sono ospitati”

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A seguito delle diverse iniziative assunte, tra gli altri, dalle associazioni che sottoscrivono anche la presente – tra cui i ricorsi d’urgenza alla Corte Europea dei Diritti Umani dello scorso mercoledì 11 gennaio 2017 e gli ulteriori ricorsi in via di inoltro in questi giorni – torniamo a porre l’attenzione sulle condizioni inumane e degradanti che si vivono nel Centro di Accoglienza Straordinaria (CAS) di Cona (VE), ex Caserma Silvestri, e che hanno condotto ai noti, tragici eventi degli ultimi giorni.

Difatti, per quanto noto, dei 1.240 richiedenti attualmente presenti nella struttura di Cona, che aveva recentemente superato i 1.400 ospiti mentre è ufficialmente idonea per 542 posti, risultano con certezza almeno altri 30 cittadini stranieri di minore età che, per legge, dovrebbero avere accesso alle misure di accoglienza predisposte dagli enti locali ai sensi dell’articolo 1-sexies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39 o per i quali, in ogni caso, dovrebbe essere assicurato il collocamento in un luogo sicuro e dedicato ai soli minori, anche attraverso misure di accoglienza assicurate dalla pubblica autorità del Comune presso cui i minori si trovano.

Tale stima, peraltro, deve ritenersi assolutamente approssimativa e, comunque, non tiene conto di coloro che, entrati nel centro di accoglienza su indicato nel corso del 2015-2016 come minorenni, avrebbero solo da pochissimo tempo raggiunto la maggiore età, essendo comunque in situazione di evidente vulnerabilità di fatto.

Dalle informazioni assunte risulta plausibile, inoltre, che molti minorenni non accompagnati siano stati registrati come maggiorenni per errore , nonostante si fossero esplicitamente dichiarati minorenni e tali risultassero a colpo d’occhio. Per questo motivo è ragionevole ritenere che molti tra quelli registrati con anni di nascita 1997-1998 in realtà siano nati successivamente e siano, tutt’ora, di minore età. Al riguardo si invitano i soggetti pubblici e privati destinatari, in qualsiasi forma, della presente, nel caso di fondati dubbi sull’età dichiarata dai singoli, di fare corretta applicazione (come auspicato da oltre trenta associazioni in Italia) del recente d.p.c.m. n. 234/16 affinché siano applicate in via analogica a tutti i minori stranieri non accompagnati, anche non vittime di tratta, le norme ivi previste e che definiscono i metodi per la determinazione dell’età dei minori non accompagnati.

Non risulta che sia stata effettuata alcuna segnalazione alle autorità competenti per le misure obbligatorie di tutela, nemmeno per coloro che risultano formalmente registrati come minori, ciò che configura possibili violazioni anche di rilievo penale a vari livelli di responsabilità, in relazione alle quali è in corso di presentazione un esposto all’Autorità Giudiziaria: non risulta infatti sia stato nominato il tutore per nessuno di questi minori né esser state effettuate le segnalazioni al giudice tutelare, alla procura presso il tribunale per i minorenni e alla DG Immigrazione, in violazione dell’art. 19 c 5 del D.lgs. 142/2015,

La decisione della locale Prefettura del 15 gennaio 2017 di trasferire i soli minori firmatari del ricorso in altre strutture, risulta pertanto insufficiente ed evidentemente rivolta soltanto ad evitare di subire un provvedimento cautelare della Corte, nel mentre permangono situazioni di gravissima criticità per tutti gli altri minori ospitati, che si continua consapevolmente ad ignorare.

Le preoccupazioni delle scriventi, ancora, riguardano di pari modo tutte le persone, di qualsiasi genere ed età, attualmente allocate nella struttura di Cona, tra le quali risultano esservi anche persone vulnerabili.

Le condizioni in cui le stesse sono costrette a vivere non possono infatti che essere considerate come inumane e degradanti in ragione di quanto già denunciato a proposito di:
- carenza e pessima qualità del cibo;
- mancanza di operatori che diano effettive e valide informazioni sul sistema di accoglienza e sui diritti per legge conseguenti;
- mancanza di adeguati servizi di supporto legale;
- mancanza di adeguati servizi di supporto psicologico;
- mancanza di servizi di orientamento al lavoro, ai servizi sociali, all’integrazione sociale;
- sporcizia dei locali e mancata distribuzione (nei termini previsti dalla legge e, comunque, in termini dignitosi) di prodotti per l’igiene personale e vestiario;
- mancata assolvimento anche degli obblighi minimi previsti nella convenzione stipulata dall’ente gestore;
- mancanza di adeguati impianti di riscaldamento;
- carenza di adeguati e sufficienti servizi igienici.

Si evidenzia che, gli artt. 9, 10 e 11 D. Lgs. 142/2015, stabiliscono che anche nei centri di prima accoglienza e nei centri di accoglienza straordinaria devono essere “assicurati il rispetto della sfera privata, comprese le differenze di genere, delle esigenze connesse all’età, la tutela della salute fisica e mentale dei richiedenti, l’unità dei nuclei familiari composti da coniugi e da parenti entro il primo grado, l’apprestamento delle misure necessarie per le persone portatrici di particolari esigenze ai sensi dell’articolo 17. Sono adottate misure idonee a prevenire ogni forma di violenza e a garantire la sicurezza e la protezione dei richiedenti” e che ai sensi dell’art. 17 D. Lgs. 142/2015, devono essere previsti servizi speciali di accoglienza delle persone vulnerabili portatrici di esigenze particolari, assicurati anche in collaborazione con la ASL competente per territorio anche nel senso di garantire un adeguato supporto psicologico.

Oltre a ricordare tali previsione, riteniamo indispensabile porre l’attenzione sul fatto che la maggior parte dei richiedenti protezione internazionale presenti in Italia continuano ad essere accolti all’interno di strutture di prima accoglienza (14.694 al 31.12.2016) o di centri di accoglienza straordinari (137.218 al 31.12.2016), ovvero di strutture che dovrebbero ospitare in richiedenti asilo solo per il tempo necessario all’identificazione e alla verbalizzazione della domanda (art. 9 D. Lgs. 142/2015) o che dovrebbero essere superate trattandosi appunto di strutture straordinarie.

In questo senso, il caso di Cona, pur di particolare gravità, non appare essere un caso isolato, considerato che ad oltre un anno dall’entrata in vigore del d.lgs. 142/15, di attuazione della direttiva 2013/33/UE, l’Italia persiste (oramai inescusabilmente) nel dare preferenza a sistemi di accoglienza extra ordinari, sovvertendo la normativa in essere e generando evidente danno in capo ai richiedenti protezione internazionale, oltre che l’allarme sociale dovuto a concentrazioni elevatissime.

Le conseguenze di tale scelta sono ovvie, sia in termini sociali sia in termini economici sia in termini di trasparenza della azione amministrativa e di violazione del principio di legalità della stessa; tali conseguenze sono sotto gli occhi di tutti e, in termini concreti, non permettono la realizzazione del modello di accoglienza ed integrazione sociale che, pur con tutti i limiti, deriverebbe dalla applicazione della normativa in essere attraverso l’implementazione del sistema di accoglienza territoriale all’interno dei centri SPRAR, unici per legge e nei fatti a garantire criteri minimi ed accettabili di professionalità del personale e di trasparenza nell’affidamento degli appalti.

Auspichiamo che l’effettiva implementazione del piano di riparto nazionale presentato a novembre 2016 possa portare ad un superamento di tale situazione e alla creazione di un sistema di accoglienza diffusa che privilegi strutture di civile abitazione e che garantisca servizi di accoglienza, integrazione sociale, accompagnamento, mediazione linguistica, orientamento legale.

Riteniamo che eventuali strutture collettive, comunque con disponibilità di posti non superiori a 40 – 50 posti, debbano essere utilizzate esclusivamente con finalità di prima accoglienza con trasferimento dei richiedenti asilo verso strutture di civile abitazione appena possibile.

Risoluti nella scelta di portare a conoscenza delle competenti Magistrature le specificità emergenti dalla tutela dei casi singoli (che con spirito di abnegazioni avvocati ed operatori sociali e legali stanno perseguendo), riteniamo indispensabile ricondurre a responsabilità tutte le Autorità amministrative e giudiziarie che devono istituzionalmente intervenire, a Cona come in situazioni similari in altre parti di Italia, affinché condizioni di maltrattamento come quelle in essere cessino immediatamente e si apra una stagione nuova, volta alla integrazione sociale dei migranti e dei richiedenti asilo.

Il Centro di Cona, come gli altri con alta concentrazione di persone in altre parti di Italia, deve chiudere e le persone ivi accolte devono essere trasferite con la massima celerità in strutture adeguate, afferenti al sistema SPRAR nei centri di cui all’art. 14, d.lgs. 142/15. 

Asgi,
Bassa Padovana Accoglie,
Giuristi Democratici,
Meltingpot,
LasciateCIEntrare


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