Le ragioni del NO e il nostro futuro. Lettera aperta a Romano Prodi e Michele Santoro

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Caro Professore, caro Michele,

vi scrivo con stima, affetto, rispetto e ammirazione; vi scrivo come ex elettore e come giovane collega; vi scrivo in merito alle vostre recenti prese di posizione a favore del SÌ al referendum e non do alcun giudizio su di esse. Non giudico perché non ho certezze, non giudico perché questa vostra scelta, che ovviamente non condivido, non muta di una virgola la mia considerazione nei vostri confronti, non giudico perché ritengo che il dissenso costituisca sempre e comunque un arricchimento, anche quando brucia, fa male, addolora e trasmette l’amara sensazione della fine di un’epoca e, forse, di una passione, di una storia e di uno straordinario percorso collettivo che non solo non rinnego ma, al contrario, rivendico con orgoglio.
Perché le trasmissioni di inchiesta e di denuncia, da “Sciuscià” a “Servizio Pubblico”, di Santoro e le battaglie europeiste e volte a rendere questo Paese migliore e più giusto di Prodi costituiscono la mia formazione, la mia patria morale, le basi stesse della mia passione civile e questo passato reputo che, comunque vada a finire il prossimo 4 dicembre, debba essere preservato e arricchito, rafforzato e ricucito, in nome di un cammino che il renzismo ha interrotto, umiliato e condotto fra le braccia di tutti i protagonisti di una tragica stagione contro la quale abbiamo condotto insieme una lotta coraggiosa e a viso aperto. E qui risiedono le mie maggiori perplessità nei confronti della vostra scelta. Renzi, infatti, non ha nulla a che spartire con la nostra storia; anzi, come ha riconosciuto lo stesso Prodi nella sua dichiarazione a favore del SÌ, si è sempre dissociato da essa, facendo intendere che il mondo fosse iniziato con lui e fosse destinato a concludersi con la sua persona, preconizzando catastrofi in caso di vittoria degli avversari o di ritorno degli odiati predecessori, compresi alcuni ministri dei governi dell’Ulivo che fin dall’inizio si sono schierati apertamente per il NO.
Non solo: la paura di Santoro nei confronti del M5S mi trova totalmente contrario, proprio perché ho sempre seguito le sue trasmissioni e gli riconosco il grande merito di aver dato voce a quel mondo quando il solo fatto di parlarne era considerato eretico.
Caro Michele, ho letto e ascoltato la tua analisi sui grillini e posso dirti che in gran parte la condivido anche, essendo pure ai miei occhi una compagine strampalata e con evidenti problemi quando si trova a fare i conti con esperienze amministrative dalle quali sta uscendo indebolita e mettendo a nudo il proprio principale limite, ossia la mancanza di chiarezza ideologica che li vede uniti unicamente dal collante di un’onesta che in questi giorni è stata, per giunta, incrinata dalla brutta vicenda delle firme false di Palermo.
Tutto ciò premesso, caro Michele, quando affermi che il M5S è tutto di destra, destra pura, e che fino a quando questo schieramento non si riprende e rimane appannaggio del duo Salvini-Meloni i pentastellati saranno irrefrenabili, a mio giudizio, commetti un grave errore. Grave, in quanto quest’analisi non tiene conto delle evoluzioni che la suddetta compagine ha avuto nel corso del tempo. Nata nel settembre del 2007 in piazza Maggiore, a Bologna, ossia in un milieu da sempre di sinistra e con all’interno quella cospicua parte del nostro mondo delusa e amareggiata dal palese fallimento di un governo Prodi ormai morente, si era posta inizialmente l’intento di incidere solo su piccole questioni locali: poche realtà, un cambiamento dal basso, più un movimento d’opinione che un partito politico, una sorta di think tank della rabbia, in grado di incanalarla e trasformarla in speranza. Nel momento in cui il PD, su impulso di Napolitano, ha commesso l’errore esiziale di sostenere quasi acriticamente il governo Monti, ecco che la rabbia degli anni precedenti si è trasformata in una vera e propria furia, la quale ha indotto Grillo e Casaleggio a sciogliere gli ormeggi e a lanciarsi nel mare aperto della battaglia politica nazionale, fino all’incredibile risultato del febbraio 2013. Al che, caro Michele, entro nel merito della tua analisi: sì, in quel momento i 5 Stelle, approfittando della crisi epocale del centrodestra e del nostro sistema democratico e istituzionale, con una Lega ridotta ai minimi termini in seguito alle dimissioni di Bossi da segretario e agli scandali dell’anno precedente e un PDL con sei milioni di voti in libera uscita rispetto al 2008, hanno puntato su temi strettamente di destra e anti-casta e fatto il pieno di voti in quel campo. Ma davvero, caro Michele, credi che oggi prenderebbero gli stessi voti? Io credo di no. E credo di no per il semplice motivo che Renzi non ha nulla a che spartire con la storia della sinistra, con i nostri valori, con i nostri ideali e con le nostre prospettive, dunque i milioni di voti in libera uscita sono attualmente quelli provenienti da sinistra, dunque anche i loro temi e le loro sfide sono adesso molto simili alle nostre. Senza contare che tutto ciò che di buono è avvenuto in questa legislatura, tutto ciò che ha un respiro di sinistra e lambisce mondi a noi contigui, si deve oggettivamente a loro: da Rodotà a Freccero al professor Modugno, e questo è un merito innegabile, al netto del tragico esito dell’elezione del capo dello Stato nel 2013. Pertanto, se proprio vuoi liberarti dei 5 Stelle, lasciando lì Renzi sappi che spalanchi loro una prateria, in quanto a uno come me, a quel punto, cosa rimarrebbe, essendo Renzi un epigono di Berlusconi e non provando alcuna attrazione nei confronti della destra lepenista?
Il mondo, ad ogni latitudine, ha una disperata sete di sinistra e il tardo blairismo economico e sociale che tu stesso ravvisi nelle proposte renziane va esattamente nella direzione opposta.
Quanto al professor Prodi, se me lo trovassi davanti, gli chiederei: ma davvero si fida di un personaggio che non ha mai mantenuto una promessa in vita sua? Ma davvero crede che, una volta incassato il SÌ, quello modifichi l’Italicum nella direzione che auspica lei? Ma davvero non si rende conto che questa guerra fratricida, questa mancanza di rispetto, quest’arroganza e questa costante lacerazione di quel brandello d’Ulivo che ancora sventola, ormai sempre più scolorito, non faranno che gettare l’Italia fra le braccia del peggior populismo? Davvero può accettare questi giorni bugiardi, questo anti-europeismo di maniera, questi continui attacchi a valori e principî che lei stesso ha contribuito ad innalzare e con i quali ha innervato l’azione politica dei suoi governi? Davvero non ha capito quanto il renzismo sia estraneo alla nostra visione del mondo, quanto sia venato di berlusconismo e in rapporti di stretta amicizia con tutti gli ambienti che l’hanno attaccata e contrastata selvaggiamente per vent’anni?
Caro Michele, caro Professore, cercate ancora. Non rassegnatevi, non arrendetevi e, soprattutto, non condannateci alla palude della mediocrità, con uno scontro fra populismi complementari che finirebbe col devastare quel minimo di coesione nazionale e di tenuta del tessuto sociale che ancora ci rimane.
Ve lo chiedo a nome di un’intera generazione. Ve lo chiedo perché dal 5 dicembre la ricostruzione del centrosinistra e la sua apertura a movimenti e forze civiche non potrà che passare anche da voi.


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