UE. Sentenza storica: la Apple ha eluso 13 miliardi di tasse. Colpevole l’Irlanda, che ora deve risarcire entro dieci anni

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Pino Salerno

In un lungo e corposo comunicato stampa, diramato nella mattina del 30 agosto, la Commissione Europea, al termine di un’indagine iniziata nel giugno del 2014, “ha concluso che due normative fiscali applicate dall’Irlanda alla Apple hanno sostanzialmente e artificialmente ridotto le tasse pagate dalla Apple in Irlanda fin dal 1991”. La Commissione Europea prosegue: “le norme hanno dato modo a due aziende irlandesi incorporate dalla Apple (Apple Sales International e Apple Operations Europe) di trarre profitti tassabili per aziende che però non corrispondevano alla realtà economica: quasi tutti i profitti delle vendite registrati dalle due aziende venivano poi internamente attribuiti a un ‘head office’. L’inchiesta della Commissione ha dimostrato che questi ‘head offices’ esistevano solo sulla carta e non potevano aver generato tali profitti. Così, i profitti attribuiti agli ‘head offices’ non vennero sottoposti a tassazione in alcun paese in base alla normativa fiscale irlandese, non più in vigore. Di conseguenza, la Apple ha pagato solo le tasse per l’azienda, dall’1% del 2003 allo 0,005% nel 2014, sui profitti della Apple Sales International”.

La Apple ha rcevuto dall’Irlanda un vantaggio significativo che equivale ad aiuto di stato

La Commissione Europea, pertanto, ha ritenuto illegale questo trattamento fiscale che l’Irlanda ha riservato alla Apple, in base alle normative fiscali europee vigenti, “poiché ha fornito alla Apple un vantaggio significativo su altre aziende sottoposte invece a regimi fiscali nazionali”. Per queste ragioni, la Commissione ordina all’Irlanda di restituire, nell’arco di un decennio, gli aiuti di stato considerati illegali alla Apple, per una cifra mostruosa, che si aggira attorno ai 13 miliardi di euro, più gli interessi, cifra equivalente a quanto l’Irlanda spende ogni anno per i servizi sanitari. Ovviamente, il governo irlandese dovrà imporre alla Apple la restituzione della somma, indebitamente ottenuta con uno stratagemma fiscale illecito. La Commissione infine osserva che se altri stati dovessero richiedere alla Apple di pagare più tasse sui profitti ottenuti dalle due aziende con sede in Irlanda, nello stesso periodo considerato sotto inchiesta, in base alla legislazione fiscale di ogni paese, ciò potrebbe ridurre la somma richiesta all’Irlanda.

La commissaria Vestager: “mi arrabbio da cittadina quando vedo che la Apple paga solo 0.005% di tasse”

La commissaria alle Politiche della concorrenza, Margarethe Vestager ha prima dichiarato che “gli stati membri non possono fornire benefici fiscali ad aziende selezionate, perché ciò è illegale in base alla legislazione UE sugli aiuti di stato”. Poi, in conferenza stampa, ha usato il pugno di ferro contro l’Irlanda e la Apple: “Quando vengo a sapere che Apple ha pagato di tasse l’1% dei profitti, per poi arrivare a pagarne lo 0,005%, come cittadino che pago le tasse io mi sentirei arrabbiato. La questione di oggi non riguarda che il pagamento di tasse, e condividiamo con gli Stati Uniti la necessità di una tassazione equa”, in quanto “un’equa tassazione fiscale è un beneficio per i contribuenti di ogni Paese”. Pertanto, la commissaria ha voluto chiarire con molta determinazione che quei 13 miliardi non sono una multa comminata all’Irlanda, ma la somma relativa alle tasse non pagate dalla Apple, che l’Irlanda invece deve obbligatoriamente pretendere dalla multinazionale americana.

La reazione della Apple si gioca sul ricatto occupazionale

La reazione feroce della Apple non si è fatta attendere naturalmente, e si gioca tutta sul ricatto occupazionale: “La Ue punta a riscrivere la storia di Apple in Europa, ignorare le leggi fiscali dell’Irlanda e rovesciare il sistema fiscale internazionale”, scrive in una nota, citata dal Financial Times, in risposta alla multa subita. “Il caso della Commissione non riguarda l’ammontare delle tasse che paga Apple, ma quale governo incassa i soldi”, prosegue il colosso informatico, avvertendo che la decisione “avrà profonde conseguenze sugli investimenti e posti di lavoro in Europa”. Apple “paga tutte le tasse, faremo appello e siamo fiduciosi di vincere”. Anche il governo irlandese ha deciso di fare ricorso contro la decisione della Commissione Europea. Michael Noonan, il ministro irlandese alle Finanze, ha dichiarato di essere in profondo disaccordo con la sentenza UE, sostenendo che l’appello è “necessario per difendere l’integrità del nostro sistema fiscale; per fornire certezza fiscale alle aziende e per sfidare l’intrusione delle norme sugli aiuti di stato nella competenza fiscale degli stati membri. È importante inviare un messaggio forte per cui l’Irlanda resta un luogo attraente e stabile per investimenti di lungo periodo. La Apple è presente in Irlanda dal anni Ottanta e impiega migliaia di persone a Cork. E in tempi recenti, l’azienda ha continuato ad espandersi in Iralnda”.

Dura presa di posizione dell’amministrazione Obama, a favore della Apple

Anche l’amministrazione Obama, attraverso il ministero del Tesoro americano, che nei giorni scorsi aveva accusato Bruxelles di agire come “un’autorità fiscale sovranazionale”, ha denunciato che la decisione di Bruxelles rappresenta una minaccia “agli investimenti stranieri, al clima per gli affari in Europa, e l’importante spirito di partnership economica tra Stati Uniti ed Ue”. Il Tesoro Usa aggiunge che “continuerà a monitorare questo caso nei suoi sviluppi e continueremo a lavorare con la Commissione per raggiungere l’obiettivo condiviso di prevenire l’erosione delle basi delle nostre tasse alle aziende”. Formalmente il ministero guidato da Jack Lew “non commenta il caso specifico ma esprime il suo disappunto per il fatto che la Commissione stia agendo unilateralmente e allontanandosi dagli importanti progressi che Usa, Ue ed il resto della comunità internazionale hanno compiuto insieme per combattere l’elusione fiscale. Come abbiamo detto riteniamo che la tassazione retroattiva decisa dalla Commissione sia scorretta, contraria a principi legali stabiliti e condivisi e mette in dubbio le regole fiscali dei singoli stati”.

Da jobsnews


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