La Turchia di Erdogan e il popolo curdo. Italia ed UE non ci lascino soli

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La politica occidentale dei ultimi 100 anni sulla questione curda e’ stata totalmente fallimentare e i Kurdi hanno pagato un prezzo altissimo con la loro vita, cultura e storia. I kurdi sono un popolo laico cha riconosce alla donna un ruolo di primo piano, l’unica società in medio oriente a farlo.
Un popolo senza spirito di vendetta, basti pensare che nel Kurdistan iracheno un milione di arabi iracheni sciti e sunniti hanno trovato rifugiò e protezione e accoglienza. Minbij, ieri liberata dalle forze di PYD, ha sempre avuto una popolazione a maggioranza araba.
La Turchia non e’ mai stato un paese laico, Atataturk reduce della guerra mondiale, da perdente, ha imposto alla Turchia una laicità di Stato. Come si vede oggi, la maggioranza dei turchi non lo e’. Questo dimostra che non si puo essere democratici o laici per pressione di stato.

I kurdi stanno combattendo l’Isis, al contrario di Erdogan che lo sostiene.
Oggi non si può piu liquidare superficialmente Erdogan pensando che stia attuando solo un gioco per imporre la sua autorita come accade in Cina o in Russia. In Turchia c’e’ un problema di dimensione internazionale e i suoi effetti si sono amplificati fino a Parigi e a Brussel e altre citta europea colpite da Daesh. Erdogan va fermato perche e’ pericoloso per il suo popolo e per l’Europa.

L’Ue non puo farsi ricattare in materia di immigrazione. Troviamo interessante la posizione del governo italiano e pensiamo che per contrastare Erdogan sia fondamentale  supportare i Kurdi e le altre minoranze.
In Turchia vanno rafforzate le forze democratiche turche, il ruolo della donna, le liberta religiose-culturali e liberta di stampa e del pensiero. Ci rendiamo conto che non e’ facile ma l’unica strada, infine va rivisto alleanza della Nato.
Attualmente si impongono alla generale attenzione le pesanti misure prese dal presidente Erdogan nel cosiddetto dopo-golpe: arresti di massa, incriminazioni, destituzioni in diversi settori della pubblica amministrazione, del giornalismo, dell’attivismo per i diritti umani, ed anche dell’istruzione privata e della religione, e la proclamazione dello stato di emergenza.
In questo contesto vogliamo ricordare la tragica situazione del popolo kurdo. Tra i primissimi provvedimenti del presidente Erdogan, seguiti al tentativo di colpo di stato, vi è stata la ripresa massiccia dei bombardamenti aerei sull’Irak del Nord, nelle aree amministrate dal Governo Regionale kurdo. Si tratta di incursioni belliche nel territorio di uno stato sovrano, compiute dalla base Nato di Incirlik.
E intanto continuano i massacri di civili inermi, gli episodi di atrocità, le distruzioni di città e villaggi e le devastazioni ambientali nel Kurdistan in Turchia, così come continua l’aggressione delle forze turche al confine siriano agli eroici combattenti kurdi di YPG e YPJ che contrastano l’Isis insieme agli alleati occidentali.
Ancora prima del fallito tentativo di colpo di stato, in Turchia erano stati adottati provvedimenti repressivi nei confronti della libertà di stampa e di opinione e fin dal giugno 2015, a causa dell’insuccesso elettorale del partito del presidente, AKP, il governo turco aveva infranto la tregua in corso ormai da tre anni con il Pkk e finalizzata a trattative di pace.
Vogliamo ricordare che il Pkk difende i diritti e l’esistenza stessa del popolo kurdo in Turchia, e che il suo leader Abdullah Ocalan è stato insignito della cittadinanza onoraria in numerosi Comuni d’Italia.
Un altro gravissimo provvedimento preso dalla presidenza Erdogan prima del fallito golpe, è l’abolizione dell’immunità parlamentare, diretta a colpire, in particolare, i deputati del partito HDP di Demirtas, il quale con il consenso degli elettori kurdi e dei progressisti dell’intera Turchia costituisce la vera opposizione democratica ai disegni autocratici del presidente.

Un partito che ha già pagato un pesante tributo di sangue, negli attentati terroristici di cui sono stati vittime i suoi militanti e sostenitori prima della seconda tornata elettorale che aveva visto prevalere il partito Akp.
Invitiamo l’opinione pubblica, la stampa, le istituzioni a prendere posizione contro la politica di annientamento del popolo kurdo. Una politica iniziata nel lontano 1924 con leggi che negavano l’esistenza e al tempo stesso disponevano la deportazione della popolazione kurda, proseguita con la feroce, assoluta repressione seguita alla rivolta di Dersim che di quelle leggi era stata la conseguenza, continuata con le condanne di terrorismo per l’uso della lingua kurda, che aveva colpito anche la parlamentare Leyla Zana e alcuni suoi colleghi, undici anni di carcere per aver pronunciato alcune parole nella madre lingua. E ancora le devastazioni di città e villaggi, lo stato di emergenza nelle Province kurde, la tortura come strumento di genocidio, la soppressione di uomini e donne impegnati per i diritti umani fondamentali, fino alla sommersione di aree urbane, agricole, archeologiche e le deportazioni degli abitanti con il Progetto Gap, alla distruzione di 3.828 villaggi e allo stato di guerra che continua dagli anni Novanta.
Recentemente è stata ricordata la tragedia del genocidio degli Armeni. Esiste nella costituzione stessa della Turchia la volontà di annientamento del popolo kurdo, di cui era negata l’esistenza stessa e proibite la lingua e qualunque manifestazione culturale. La ricerca della soluzione politica alla questione kurda in Turchia è stata brutalmente interrotta dalla presidenza Erdogan da oltre un anno, con la rottura della tregua e la ripresa su vasta scala delle ostilità.
Oggi, nel contesto dello stato di emergenza e della persecuzione di ogni forma di opposizione in Turchia, chiediamo alle istituzioni italiane e europee, alla stampa, all’opinione pubblica, di non lasciare solo il popolo kurdo in quella che si profila come una lunga e oscura notte per la democrazia e per i diritti umani.


*Istituto di cultura curda


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