Attentato Monaco, non nominate invano il nome di Allah

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Tedesco o iraniano? Inneggiava ad Allah o urlava contro gli immigrati? Oppure odiava gli immigrati turchi e i musulmani “infedeli? Da qualche ora tuttologi e opinionisti a tariffa, si accapigliano in una sorta di “processo del venerdì” dedicato alla strage di Monaco. Naturalmente non sono mancate e non mancano le voci e le trasmissioni che hanno anteposto la cronaca, le testimonianza, le immagini alla propaganda, alle tesi preconfezionate da applicare sempre e comunque, a prescindere dalla conoscenza e dalle opportune verifiche. L’industria della paura si alimenta di stereotipi e per questo ha bisogno di semplificazioni, di spot brevi ed efficaci, e soprattutto ha bisogno di identificare subito il nemico contro il quale indirizzare l’indignazione e possibilmente la giusta punizione.
Purtroppo per loro, ed anche per tutti noi, la realtà è più complessa e contraddittoria. L’assassino di Nizza, come ha scritto Marco Travaglio, non andava in moschea, non leggeva il Corano, non rispettava il Ramadan, disprezzava i precetti fondamentali dell’Islam, eppure ha colpito con rara spietatezza.

L’assassino di Monaco, tedesco o iraniano che fosse, bestemmiatore o devoto ad Allah, ha sentito il bisogno di schierarsi dalla parte di chi odia il genere umano, invoca la guerra di civiltà, confida nella guerra mondiale e nella “soluzione finale” Come loro la pensava il nazista, bianco e fondamentalista evangelico, uno che predicava lo sterminio dei musulmani, autore della strage dei giovani socialisti in Norvegia.

Lo stesso delirio ha mosso la mente e la mano di chi ha ucciso, alla vigilia del referendum, la deputata laburista Jo Cox. E che dire di chi ha promosso il conflitto iracheno alla ricerca di arsenali che non c’erano ed oggi riconosce, come ha fatto la commissione parlamentare inglese che: “Le ragioni di quel conflitto non erano fondate?”. Peccato che quella scelta abbia contribuito ad incendiare il mondo e ad alimentare i risentimenti, determinando le migliori condizioni per il radicamento delle peggiori firme di radicalismo e di fanatismo.

Perché mai, in questi casi, non insistiamo più di tanto sulla nazionalità e sul colore della pelle e magari anche sul Dio invocato da chi ha ideato e realizzato quelle stragi? Chi ha sparato a Parigi, a Nizza, a Monaco, a Bruxelles spera proprio che, dall’altra parte, vincano i “nuovi crociati”, i costruttori di muri, i signori della guerra e del traffico d’armi, quelli che parlano il loro stesso linguaggio: quello dell’odio e della guerra infinita sino alla reciproca distruzione. Forse, invece di dedicarsi con tanta foga alla definizione etnica e religiosa dei diversi e distinti boia, sarà il caso di individuare le ragioni politiche e sociali dello scontro in atto e di definire una strategia comune tra quanti non vogliono arrendersi alla spirale terrorismo, paura, sospensione dei diritti, costruzione dei muri, guerra finale.

Fonte: “Il Fatto Quotidiano”


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