Renzi show a Firenze lancia i Comitati per il sì. Insulta e divide. Costruisce nemici, ma segue Carl Schmitt

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Dopo aver invaso senza contraddittorio il talk show di Raiuno, condotto da un Giletti molto accondiscendente, il primo maggio, raccontando frottole e menzogne sui 3 miliardi e mezzo di euro per cultura e ricerca, lunedì Matteo Renzi ha scelto Firenze per lanciare i suoi Comitati per il sì nel referendum costituzionale di ottobre. Al teatro Niccolini del capoluogo toscano è andato in scena un altro show, un altro comizio, l’ennesima occasione per lanciare insulti e fango contro chiunque non la pensi come lui nel dibattito pubblico. Renzi, tuttavia, dimentica sempre di essere il presidente del Consiglio, e come tale, rappresenta tutti gli italiani, soprattutto quando interviene nel dibattito mediatico. È figura istituzionale del massimo rilievo, il capo dell’esecutivo, uno dei tre poteri dello Stato, secondo la nota ripartizione di Montesquieu. Dovrebbe avere maggior rispetto per le posizioni espresse nel dibattito pubblico, soprattutto quando si parla di cose così decisive e delicate come le riforme istituzionali. Certo, può affermare le sue ragioni, e nessuno glielo impedisce. Anzi, imperversa ovunque sui media senza alcun contraddittorio, e, diciamolo, con qualche giornalista, vero o presunto, molto accondiscendente. Ma dividere l’Italia come ha fatto e continua a fare lui, non è più sopportabile. Non è degno di un premier di una nazione europea. Faccia il segretario del Pd, continui ad essere uomo di parte, se vuole, ma rispetti le istituzioni e la smetta di abusare dei poteri conferitigli dall’essere primo ministro.

La tattica di Renzi ricorda Carl Schmitt (ammesso che l’abbia letto): la costruzione del nemico

Gli insulti di Renzi? Le fratture create dalla sua demagogia spinta all’eccesso? Eccone un piccolo elenco. Renzi sostiene che chi è per la sua riforma vuole il cambiamento guarda al futuro, indicando e linciando “i dotti professori” che gli si oppongono. Il referendum, come afferma lo stesso Renzi, “è un grandissimo bivio, tra l’Italia che dice sì e l’Italia che sa solo dire no, l’Italia del piagnisteo, il Paese che sa solo protestare”. Quanta inutile protervia in queste parole, e quanta irresponsabilità per un premier che frattura scientemente il suo Paese tra buoni e cattivi, che crea il nemico, in uno schema che ricorda molto da vicino le categorie del politico elaborate da Carl Schmitt. È buffo che il premier rottamatore resusciti ogni volta, suo malgrado (anzi, speriamo che Renzi abbia letto davvero Schmitt, l’analisi del potere, e se non l’avesse fatto glielo consigliamo vivamente), un pensatore del Novecento, e ne segua, suo malgrado, le analisi. Porterebbe al sorriso, se la questione Renzi non fosse così grave. Anche lunedì a Firenze, infatti, Renzi ha voluto rendere omaggio al nemico di sempre, il sindacato, che ieri nelle piazze d’Italia ha lanciato il grido d’allarme sui contratti e sul lavoro che non c’è. E naturalmente, il nemico di sempre, il sindacato, non solo è “brutto sporco e cattivo”, ma non sa riformarsi, come invece fa la politica – dice Renzi – abbattendo il Senato con la sua riforma. Altra enorme menzogna: il Senato resiste anche nella sua riforma, formato da 100 galantuomini, eletti dalle Regioni, tra i sindaci e cinque dal Presidente della Repubblica. Ma Renzi insiste: “la classe politica ha dato un segnale importante di essere pronta a rinunciare a qualcosa. Aspetto lo facciano anche i sindacati, gli imprenditori…”. Scommette il tutto per tutto sulla vittoria al referendum convinto che “l’Italia del sì è più forte di tutto” ma se dovesse andare male Renzi è pronto a fare un passo indietro: “La rottamazione non vale solo quando si voleva noi… Se non riesco, vado a casa”. Come si vede, anche quando si mette in gioco, in fondo divide gli italiani in amici e nemici.

La nota del Comitato per in No nel Referendum costituzionale: Renzi ha paura

In una nota stampa, il Comitato per il No nel referendum costituzionale afferma che l’adesione alle sue ragioni contrarie alla “deforma” costituzionale sono già molto larghe. Infatti, scrive: “Ma questo il presidente del consiglio Matteo Renzi già lo sa e forse ne è preoccupato; per questo oggi ha voluto presenziare in pompa magna all’iniziativa a Firenze per lanciare i comitati per il sì: ne ha annunciati diecimila, ma per ora può contare solo sulle adesioni dei giuristi che hanno contribuito a scrivere la sua riforma, perché tutti gli altri, anche quelli che sarebbero disponibili, trovano il testo approvato dal parlamento confuso e sbagliato”.

La reazione della minoranza Pd, messa nell’angolo nuovamente dall’offensiva del premier

Nella minoranza dem cresce la tentazione del No. Ne ha scritto nei giorni scorsi anche l’ex-portavoce di Pier Luigi Bersani, Stefano Di Traglia. “Il Pd può e deve dare spazio al suo interno anche ai comitati per il no: sarebbe un segno di autorevolezza che consentirebbe di mantenere un rapporto con tanti nostri iscritti ed elettori che la pensano in questo modo”. Insomma l’ipotesi di ‘contro-comitati’ è dietro l’angolo. Per ora resta la posizione critica del documento Speranza-Cuperlo-Lo Giudice diffuso subito dopo l’ultimo ok alle riforme a Montecitorio. “Renzi è già partito? Bene, noi non seguiamo l’agenda di Renzi. Aspettiamo le amministrative”, si spiega dalla minoranza. Sia in vista del referendum che della possibilità di ottenere modifiche all’Italicum. Una linea concordata in una riunione, venerdì scorso alla Camera, dei parlamentari della minoranza dem con gli esponenti del territorio. “La spinta per il no al referendum è molto forte nel territorio, questa è la sollecitazione che viene dai nostri”, viene riferito. Per questo, prima di eventuali comitati per il No, la sinistra dem intende organizzare un giro per l’Italia, una serie di appuntamenti per discutere delle riforme. “Luci e ombre. Ombre, soprattutto”. E poi c’è la questione dei comitati per il Sì che la minoranza vede come fumo negli occhi. Si parla di “partito parallelo” e anche di rischio che i comitati diventino il mezzo per “infiltrazioni” nel Pd, una porta girevole che conduce magari direttamente alle liste delle   prossime politiche.

D’Attorre (Sinistra Italiana): Renzi è privo di legittimità popolare

“Il voto di ottobre diventerà pro o contro Renzi anzitutto per l’impostazione che ha voluto dare all’iter delle riforme e al referendum costituzionale il presidente del Consiglio. D’altronde, Renzi ha bisogno di una legittimazione popolare di cui è privo, visto che è diventato presidente del Consiglio con una manovra parlamentare, senza aver mai discusso il suo programma davanti agli elettori. Da questo punto di vista è nella stessa situazione in cui si trovò D’Alema, il quale provò a utilizzare senza successo le elezioni regionali per colmare questo gap. Renzi addirittura pensa di usare la Costituzione. Nel merito della riforma Renzi continua a fare il gioco delle tre carte. Il Senato non è stato affatto abolito, continuerà a esistere con i suoi costi e il suo personale. Servirà per dare l’immunità parlamentare a un po’ di consiglieri regionali scelti dai partiti. Un pasticcio che renderà non più semplice, come millanta Renzi, ma più confuso e complicato il processo legislativo”. È quanto ha dichiarato Alfredo D’Attorre, dell’esecutivo nazionale di Sinistra Italiana, intervenendo a Tgcom 24.

Scotto (capogruppo SI alla Camera) apre il fronte TTIP: governo riferisca subito in Parlamento 

“Il governo Renzi, tra un annuncio e l’altro, trovi il tempo per venire subito in Parlamento sulle rivelazioni di Greenpeace sul Ttip”. Lo chiede Sinistra Italiana, con il capogruppo dei deputati Arturo Scotto. “Quelle carte dimostrano i rischi connessi a un accordo commerciale che rischia di recare un danno all’economia europea, ridurre la sfera dei diritti dei lavoratori e dei consumatori e mettere nelle mani delle multinazionali un potere superiore agli Stati. Chiediamo – conclude Scotto – trasparenza in una trattativa di cui nessun cittadino italiano conosce i contenuti”

Da jobsnews


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