Il governo delle città non porta molta fortuna al M5S

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La moralità della politica è sempre stata al centro di tutte le battaglie di Beppe Grillo. Ogni indagine dei pubblici ministeri e ogni sentenza di condanna a danno di esponenti del Pd e del centrodestra ha portato continuamente nuova benzina nel motore del M5S. Grillo, con sarcasmo, ha definito Matteo Renzi «un ritardato morale» e Silvio Berlusconi «un pregiudicato». Ma adesso gli avvisi di garanzia bussano anche alla porta dei cinquestelle.

Il governo delle città non porta molta fortuna al M5S. Federico Pizzarotti a Parma, Filippo Nogarin a Livorno, Fabio Fucci a Pomezia, Rosa Capuozzo a Quarto hanno navigato e navigano tra accuse e inchieste giudiziarie. In alcuni casi Beppe Grillo, Davide Casaleggio e i cinque parlamentari del direttorio difendono i sindaci dalle accuse, in altri fanno scattare le sanzioni interne.

Il caso più clamoroso, che sta spaccando i pentastellati, è quello di Pizzarotti, simbolo della vincente “valanga” a cinquestelle: nel 2012 divenne sindaco di Parma, la prima grande città conquistata dai grillini contro il centrosinistra, prima del trionfo alle elezioni politiche del 2013 con oltre il 25% dei voti. Pizzarotti, indagato per abuso d’ufficio, è stato sospeso dal M5S e adesso rischia l’espulsione. L’avviso di garanzia verso il sindaco di Parma, risalente sembra a metà febbraio, ha fatto scattare la sospensione. A Pizzarotti è stata rimproverata «la totale mancanza di trasparenza» in merito all’apertura dell’inchiesta. Il vertice dei cinquestelle ha rincarato: «Non si attendono le sentenze per dare un giudizio politico».

Pizzarotti è a un passo dalla rottura. Al pesante attacco dei vertici del M5S, il sindaco ha risposto con veemenza, respingendo le accuse: «Eravamo separati in casa. Mai un sostegno, mai una chiamata. Ho il dispiacere per la disaffezione che proverà la nostra gente: politicamente è un autogol pazzesco… Abbiamo sbracato». Ha attaccato «la mail anonima» con la quale è stato sospeso, ha invocato il rispetto delle regole, colonna portante sulla quale Grillo e Gianroberto Casaleggio hanno fondato il Movimento pentastellato: «Se in base a un regolamento che non esiste sostieni una cosa allora la devi dimostrare. Gli faccio capire che le regole sono importanti». Se la prende soprattutto con Di Maio e Fico, i due componenti più importanti del direttorio: «Per le loro responsabilità e i loro incarichi sono stati contattati. Ma non hanno dato risposte. Sono deluso dall’atteggiamento irresponsabile». Tuttavia ha rilanciato il confronto per un chiarimento positivo, usando un linguaggio morbido verso Grillo: «Ha avuto dei cattivi consiglieri».

I contrasti appaiono inconciliabili, emerge l’ombra di una scissione. Non sembra fare molta strada la volontà di dialogo del sindaco di Parma. Luigi Di Maio, giovane astro nascente del M5S, vice presidente della Camera e probabile candidato presidente del Consiglio alle elezioni politiche, segue la linea dura: «Chi non rispetta le regole, non fa parte del M5S. Noi non siamo superiori, abbiamo delle regole e intendiamo rispettarle». Di Maio ha respinto anche le critiche alla mail anonima ricevuta da Pizzarotti per comunicare la sospensione: «Era lo staff di Beppe Grillo, mica quello di Zorro». Pizzarotti «ha diritto» di contestare la sanzione, ma «speriamo possa dimostrare che non ci ha tenuto nascosto l’avviso di garanzia per tre mesi». In ogni caso «decide il garante Beppe Grillo» su sospensioni ed espulsioni.

Lo scontro è frontale, è molto più forte di quelli che l’hanno preceduto negli anni scorsi, causando l’espulsione o l’addio di oltre 30 parlamentari e di molti esponenti locali. C’è anche una radice politica al braccio di ferro. Pizzarotti è considerato un dissidente da molto tempo. Si parla di una possibile assemblea dei dissidenti cinquestelle con il sindaco di Parma in estate, dopo le elezioni comunali di giugno.

La “guerra intestina” scoppiata sul caso Pizzarotti è un duro colpo per il Movimento fondato da Grillo, finora lanciato con buone prospettive di successo nella campagna elettorale per eleggere i nuovi sindaci, il mese prossimo, in molte importanti città (Roma, Milano, Torino, Bologna, Napoli, Trieste, Cagliari). I sondaggi elettorali prima di questa sanguinosa lotta intestina davano la palma della vittoria ai grillini a Roma e un buon posizionamento a Torino.

Ora rischia di cambiare tutto. E il M5S rischia di “sbandare” su un tema delicatissimo come quello dell’etica pubblica. Il Movimento 5 Stelle, al grido di “onestà!, onestà!, onestà!”, dalla sua fondazione ha tenuto una campagna martellante contro la corruzione politica dei partiti tradizionali, sulle imputazioni e le condanne che hanno colpito esponenti del centrodestra e del Pd. Ora è il suo turno di fare i conti con le aule dei tribunali. Grillo è preoccupato. Il garante delle regole del M5S ha puntato il dito contro i «danni all’immagine del Movimento che ne potrebbero derivare, che rischierebbero di pregiudicare l’esito di talune competizioni elettorali amministrative di imminente celebrazione».

I cinquestelle si dividono tra pro e contro Pizzarotti sulla “rete”, sui giornali, nelle città e tra i parlamentari. Antonio Cozzolino, sindaco pentastellato di Civitavecchia, spera che Pizzarotti “rimanga nel M5S” e lo scontro si risolva positivamente prima delle elezioni amministrative. Tutti i grillini, sia della maggioranza e sia della minoranza, temono di perdere voti a causa della “guerra intestina”. Pizzarotti non è un personaggio qualsiasi del M5S: ha un largo seguito, è uno dei fondatori, è riuscito nella temeraria sfida di conquistare la prima grande città quando ancora il Movimento stava facendo i primi passi, ha espugnato Parma sottraendola al Pd di Matteo Renzi, il grande antagonista.

Gli avvisi di garanzia hanno colpito anche i cinquestelle, mettendo Grillo davanti a un problema nuovo per il suo Movimento. In passato le espulsioni e gli addii avevano avuto come causa principale la mancanza di democrazia interna. Le passate rotture erano state precedute o seguite dalle accuse di “autocrazia” lanciate contro Grillo e il vertice dei pentastellati.

I parlamentari usciti dal M5S si sono dispersi in molte direzioni, verso il centrosinistra e il centrodestra, ma soprattutto verso il Gruppo Misto. Alternativa Libera, in particolare, ha raccolto i “ribelli” ex grillini. Poi con l’arrivo di Pippo Civati e di altri deputati usciti dal Pd è seguita, alla fine dello scorso anno, la nascita di Alternativa Libera-Possibile, un nuovo gruppo parlamentare alla Camera.  La situazione è in movimento. C’è la “variabile” Pizzarotti. Il giovane sindaco, in caso di una rottura definitiva, potrebbe riuscire nell’impresa di aggregare i dissidenti e i fuoriusciti negli anni passati dal M5S.


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