La nuova Rai nell’era Renzi-Alfano

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Dopo quasi tre anni di governo, quello delle “larghe intese” PD-NCD più i seguaci di Dennis Verdini e quelli che non se la sentono più di restare con un Berlusconi ormai al tramonto. Così l’attuale è diventato un governo che vuole lasciarsi alle spalle una riforma organica della Rai, quella che già da qualche mese appare nelle pubblicità che la infiorano spesso come “la televisione ufficiale”. Il progetto dell’ex sindaco di Firenze è chiaro: dalla tv dei partiti alla tv del governo o meglio della maggioranza parlamentare che regge il governo del momento, cioè del governo Renzi-Alfano fino alle prossime elezioni politiche del 2018, tra due anni abbondanti.

La riforma è diventata ormai legge con 162 sì del Senato attribuisce a palazzo Chigi e al Ministero dell’Economia un influenza decisiva che sceglie il capo azienda, un amministratore delegato che avrà le mani libere sulle nomine (con l’eccezione dei direttori giornalistici  sui contratti di ogni genere fino a 10 milioni di euro.
I nuovi superpoteri andranno all’attuale direttore generale Antonio Campo dell’Orto che si trasformerà con il nuovo statuto dell’azienda che si sta riscrivendo in amministratore delegato entro i prossimi due mesi, Unico limite ai suoi poteri è in quelli del Consiglio di Amministrazione che è già e sarà ancora di più in futuro una proiezione della maggioranza parlamentare che appoggia il governo. Revocare l’amministratore delegato sarà difficile come sfiduciare un ministro del governo attraverso il dibattito parlamentare.

L’amministratore delegato nominerà i “direttori delle reti televisive, dei canali e delle testate giornalistiche, oltre ai dirigenti della prima fascia. Sui candidati alle reti e ai canali televisivi, l’amministratore delegato dovrà ascoltare il Consiglio di amministrazione che però non potrà bocciare le sue scelte.
Sui candidati alla direzione delle testate giornalistiche, il Consiglio di Amministrazione potrà bocciare le sue scelte ma dovrà disporre di una maggioranza dei due terzi dei membri del Consiglio che saranno in tutto sette (2 nominati dal governo, quattro dal Parlamento, 2 dal Senato e 2 dalla Camera uno dai dipendenti) rispetto ai nove che lo compongono adesso. Gli stipendi dei consiglieri di Amministrazione,  dei dirigenti di ogni livello e di chiunque riceverà dalla Rai più di duecentomila euro all’anno.

I consiglieri della Rai potranno arrivare fino a 240mila euro lordi. L’amministratore delegato sarà nominato dal Ministero dell’Economia e dalla SIAE.
La Rai avrà una corsia preferenziale per l’acquisto, la produzione e la coproduzione dei programmi  e di opere tv. Ogni sei mesi e prima dell’approvazione del bilancio il CDA riferisce sulla sua attività alla Commissione di Vigilanza che conserva “funzioni di indirizzo generale”. Alla Commissione di vigilanza composta da sessanta tra deputati e senatori andrà consegnato l’elenco degli ospiti delle trasmissioni televisive nei sei mesi a verifica della par condicio.


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