Di uomini come Pio La Torre si avrebbe disperato bisogno nell’attuale crisi morale e civile del Paese

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Trentaquattro anni fa, il 30 aprile del 1982,  l’onorevole Pio La Torre, deputato del PCI alla Camera ed ex segretario regionale del partito in Sicilia, venne ucciso, con il suo autista carabiniere Rosario Di Salvo, a Palermo da Cosa nostra. Nella relazione di minoranza redatta dal deputato siciliano con il giudice Cesare Terranova( anche lui ucciso dai mafiosi), dallo storico della Sicilia Francesco Renda e dal giurista Malagugini, aveva riaffermato un punto fondamentale che è alla base ancora oggi dei migliori studi sulle mafie: “la mafia è un fenomeno che riguarda le classi dirigenti.”

La Torre era nato nella frazione di Altarella e Baida del comune di Palermo in una famiglia di contadini molto povera da padre palermitano e da madre lucana, figlia di un pastore di Muro Lucano in provincia di Potenza. Da giovane si impegnò nelle lotte a favore dei contadini braccianti, finendo in carcere, prima nella Confederterra, poi nella CGIL. Lì nel 1949 conobbe Giuseppina Zacco, dopo un anno la sposò e da questa unione nacque un figlio chiamato Filippo.
Nel 1952 si candida al Consiglio comunale di Palermo e viene eletto. Otto anni dopo, entrato nel Comitato centrale del PCI, diventa segretario regionale  succedendo a Emanuele Macaluso. Nel 1963 viene eletto deputato all’assemblea regionale siciliana e viene rieletto nel 1967 fino al 1971. Nel 1969 si trasferisce a Roma per dirigere prima la commissione nazionale agraria e poi quella meridionale. In luce per le sue qualià politiche e umane, Enrico Berlinguer lo fece entrare nella segreteria nazionale del PCI. Eletto nel 1972 alla Camera nel collegio della Sicilia occidentale  si occupa alla Camera dei problemi dell’agricoltura. Propone una legge che introduce il reato di associazione mafiosa (articolo 416 bis del Codice penale) e prevede  la confisca dei beni per le attività mafiose che, condivisa dal democristiano on.Rognoni (cd. legge Rognoni-La Torre),diventa la legge cardine della legislazione italiana contro le associazioni mafiose, a cominciare da Cosa Nostra. Rieletto alla Camera nel 1976 e nel 1979, partecipa alla Commissione parlamentare per la lotta alla mafia ed è tra i redattori della relazione di minoranza che accusa duramente l’onorevole democristiano siciliano Giovanni Gioia, il sindaco di Palermo Vito Ciancimino, l’onorevole Salvo Lima e altri uomini di avere rapporti con Cosa Nostra.

Alle 9 e 20 del 30 aprile 1982 con una Fiat 131 guidata da Rosario Di Salvo, Pio La Torre stava raggiungendo la sede palermitana del partito. Quando l’auto si trovò in una strettoia, una moto di grossa cilindrata obbligò Di Salvo a uno stop, seguito immediatamente da raffiche di proiettili. Da un’auto subito accostatasi alla Fiat 131,scesero altri killer a terminare il duplice omicidio. Pio La Torre morì all’istante mentre Di Salvo ebbe il tempo per estrarre la pistola e sparare alcuni colpi prima di soccombere.
Al funerale a Palermo presero parte centomila persone tra i quali Enrico Berlinguer che pronunziò un discorso.
Due anni dopo venne intitolato a Pio La Torre l’aeroporto di Comiso. Alla sua memoria sarà consegnata ai familiari una medaglia d’oro al valore civile. Alcune biografie pubblicate negli ultimi anni ne hanno ricordato l’esempio che oggi ha una particolare importanza perché di uomini come lui si avrebbe nella crisi morale e civile del Paese un particolare bisogno.


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